
La cosiddetta guerra degli emù fu un’operazione militare condotta da un manipolo dell’esercito australiano dal 2 novembre al 10 dicembre 1932 nella parte sud-occidentale del Paese con lo scopo di sterminare la popolazione degli emù, un uccello grande quasi quanto lo struzzo, che danneggiava le coltivazioni. La “guerra” ebbe luogo tra il novembre e il dicembre del 1932, ma il suo esito fu fallimentare: nonostante i militari avessero dichiarato di aver ucciso circa mille esemplari, la grande maggioranza degli emù scampò ai proiettili. Per difendere i campi, gli agricoltori dovettero introdurre recinzioni più resistenti.
Gli emù (Dromaius novaehollandiae) sono grandi uccelli, incapaci di volare. Possono raggiungere un’altezza di 150-190 centimetri e circa 150 cm di lunghezza dalla coda al becco. Il peso medio oscilla tra i 32 e i 37 kg, con limiti minimi e massimi di 18 e 60 kg. L’emù è il secondo uccello più grande al mondo dopo lo struzzo, con il quale è imparentato. Gli emù vivono esclusivamente in Australia e si nutrono sia di vegetali sia di insetti e altri piccoli animali.

L'inizio della guerra contro gli emù
La guerra contro gli emù ebbe luogo nel 1932. In Australia i coltivatori, in difficoltà in seguito alla crisi del ’29 e al calo del prezzo del grano, avevano messo a coltura nuove aree. Nell’ottobre del 1932, quando la situazione economica si era fatta particolarmente difficile, i coltivatori del distretto di Campion, nell’Australia Occidentale, dovettero fronteggiare la minaccia degli emù che, a causa della stagione riproduttiva, migrarono dalle aree interne verso le zone costiere. Molti coltivatori erano ex soldati che avevano combattuto nella prima guerra mondiale ed erano convinti che, per allontanare gli animali, fosse necessario l’impiego delle mitragliatrici. Si rivolsero perciò al ministro della Difesa, George Pearce, che accettò di fornire aiuto.

Il governo inviò nel distretto di Campion il maggiore Meredith, insieme a due uomini armati di mitragliatrici. La caccia iniziò il 2 novembre 1932, ma si rivelò molto poco “fruttuosa”: gli emù erano difficili da individuare e spesso riuscivano a resistere alle pallottole. I soldati eliminarono solo pochi esemplari (le stime oscillano tra 50 e 500) e l’8 novembre il parlamento sospese l’operazione.
La seconda fase della guerra e il fallimento
Nonostante il fallimento, il 12 novembre il Senato australiano approvò la ripresa delle operazioni, che furono affidate nuovamente al maggiore Meredith. La “guerra” proseguì fino a dicembre e in media i soldati uccisero circa 100 emù a settimana, per un totale di 986 esemplari. Altri 2500, secondo Meredith, furono feriti e messi in condizioni di non nuocere. Le cifre non sono accertate e, se anche fossero esatte, rappresenterebbero comunque una percentuale minima della popolazione di emù: la guerra, in altre parole, si rivelò una clamorosa sconfitta.

Inoltre, la notizia delle operazioni contro gli emù si diffuse anche all’estero e provocò le proteste delle associazioni animaliste. Gli agricoltori australiani, dal canto loro, continuarono a chiedere sostegno al governo, ma nel corso degli anni ’30 introdussero un sistema più efficace e meno cruento per proteggere i loro campi: costruirono recinzioni più resistenti, delle quali, del resto, gli australiani erano particolarmente esperti, al punto che negli anni '40 e '50 costruiranno la recinzione più lunga del mondo (già in parte esistente in precedenza), per difendere i campi dagli attacchi dei dingo.
Occasionalmente, le mitragliatrici sono state usate contro gli emù anche dopo il 1932, ma non hanno creato danni irreversibili alla specie, che oggi non rientra tra quelle a rischio di estinzione.