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Negli Stati Uniti, l'ingresso in una confraternita universitaria è questione di appartenenza sociale o opportunità accademiche ma prevede un percorso iniziatico, spesso oscuro, che può trasformarsi in una vera e propria prova di resistenza fisica e psicologica. I cosiddetti "hazing rituals", o riti di iniziazione, rappresentano una tradizione radicata nel sistema delle fraternities e sororities americane, ma spesso sconfinano in veri e propri atti di umiliazione, violenza e abuso.
I riti delle confraternite: un sistema di potere e appartenenza
Le confraternite universitarie – nate tra la fine del ‘700 e l'inizio dell'800 – affondano le loro radici in un modello elitario e maschile, ispirato alle logiche delle società segrete europee. Fondate inizialmente come club di dibattito e associazioni studentesche votate alla leadership e al merito, si sono nel tempo trasformate in potenti reti sociali, capaci di offrire supporto accademico, opportunità lavorative e accesso a cerchie influenti del potere economico, politico e culturale statunitense.
Oggi, esistono centinaia di fraternities (maschili) e sororities (femminili) attive in tutti i principali campus americani, soprattutto nelle università private e nei grandi atenei pubblici del Sud e del Midwest. L'appartenenza a una di queste confraternite, per molti studenti, rappresenta non solo un simbolo di status, ma anche una forma di investimento per il futuro. Tuttavia, questa appartenenza non è automatica. Prima di essere accettati come membri effettivi, gli studenti devono affrontare un periodo di "pledging", ovvero una fase di prova in cui vengono messi alla prova su più livelli: obbedienza, lealtà, capacità di sopportare la pressione del gruppo.

Il passaggio da pledge a fratello o sorella effettivi è sancito da uno o più riti di iniziazione. Si tratta di pratiche ritualizzate che variano da un'organizzazione all'altra, ma che sono sempre avvolte da un'aura di segretezza. Solo chi vi partecipa direttamente ne conosce i dettagli, e rompere il silenzio piò significare essere espulsi o minacciati. Sono spesso giustificati come "tradizione" o "test di fratellanza" e, in teoria, dovrebbero servire a creare un forte senso di coesione, appartenenza e identità collettiva. In pratica, molti di questi riti degenerano in forme di umiliazione, sopraffazione fisica e psicologica, in cui l'autorità dei membri anziani si trasforma in abuso di potere. Il sistema è per sua natura gerarchico: i nuovi arrivati devono sottomettersi ai voleri dei veterani, spesso senza alcuna possibilità di replica. Il problema è che questo sistema, per quanto violento, viene percepito da molti come un "male necessario" per essere ammessi a una rete di privilegi.
Perché contrastare gli hazing rituals è difficile
Contrastare l'hazing (ovvero la pratica del rituale d'iniziazione) si rivela estremamente difficile, nonostante gli sforzi di alcune amministrazioni universitarie. In molte situazioni, la paura di danneggiare la reputazione dell'ateneo, o di perdere il sostegno degli alumni (ex studenti, spesso donatori generosi), porta a una gestione ambigua o reticente dei casi di abuso. Anche quando le violazioni vengono denunciate, le punizioni sono spesso blande o ritardate: sospensioni temporanee, sanzioni simboliche, riforme interne prive di reale efficacia.

Negli ultimi anni, la pressione pubblica è cresciuta: familiari delle vittime, studenti e organizzazioni contro l'hazing hanno lanciato campagne di sensibilizzazione e promosso l'adozione di leggi più severe. Alcuni stati americani, come la Florida, la Pennsylvania, e la Louisiana, hanno introdotto normative che qualificano l'hazing come reato penale, aggravato in caso di gravi danni o decesso. Queste leggi prevedono pene detentive, sanzioni economiche pesanti e responsabilità dirette per le organizzazioni che tollerano o che promuovono tali pratiche.
Riti di iniziazione delle confraternite: una questione culturale
In definitiva, i riti di iniziazione delle confraternite americane mettono in luce una dinamica di potere che si alimenta di segretezza, mascolinità tossica e ritualità distorta. Se per molti giovani rappresentano un passaggio obbligato verso l'inclusione sociale, per altri si trasformano in un trauma profondo o, nei casi peggiori, in un'esperienza fatale. Il fenomeno delle confraternite e dei loro riti di iniziazione è stato spesso raccontato anche dal cinema e dalla televisione, talvolta in chiave satirica, talvolta drammatica. Film come Animal House (1978) hanno dipinto una versione goliardica della vita nelle confraternite, mentre opere più recenti come Goat (2016), tratto dal memoir di Brad Land, raccontano in modo crudo la violenza psicologica e fisica subita dai "pledge".

Accanto alla fiction, non mancano i casi reali che hanno scosso l'opinione pubblica americana: la morte di Timothy Piazza nel 2017 alla Penn State University, dopo una notte di violento hazing e ritardo nei soccorsi, e qualla di Max Gruver alla Louisiana University, deceduto per avvelenamento da alcol forzato. Cambiare le regole non basta: serve una trasformazione culturale che metta al centro la dignità delle persone e la sicurezza degli ambienti universitari, fino ad allora, i riti delle confraternite continueranno a oscillare tra tradizione e crudeltà.