Vi è mai capitato al supermercato di notare che la scatola dei vostri cereali preferiti ha diminuito la quantità, anche se il prezzo sembra essere rimasto lo stesso? Se sì, vi siete trovati davanti a un caso di shrinkflation (in italiano "sgrammatura"). Si tratta di una pratica commerciale e di marketing molto utilizzata da diverse aziende negli ultimi anni, considerata da molti scorretta perché “nasconde” l'aumento del prezzo al chilo (o al litro) mantenendo il prezzo invariato ma – per esempio – riducendo la dimensione delle confezioni. Quando, però, questa pratica è lecita? Vediamo in questo articolo i vari meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno, quali casi possiamo segnalare all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e cosa fare per difendersi.
Cosa vuol dire shrinkflation e in cosa consiste questo fenomeno
Il fenomeno della shrinkflation può essere tradotto in italiano con "sgrammatura" e deriva dalle parole inglesi "to shrink" – cioè restringere – e "inflation" – cioè inflazione. Si tratta infatti di una pratica commerciale in cui un prodotto "viene ristretto", cioè diminuisce di quantità, ma non di prezzo che – addirittura – potrebbe lievemente aumentare.
A conti fatti, si tratta di un aumento di prezzo "ben congegnato" al fine di non essere notato dal consumatore. Infatti, diverse ricerche di mercato hanno mostrato che i consumatori sono più sensibili agli aumenti di prezzo, mentre difficilmente si soffermano sulla quantità di prodotto contenuta nelle confezioni.
Secondo i dati di mercato, i prodotti maggiormente soggetti a questo tipo di fenomeno sono prodotti per la casa, tra cui patatine, tovaglioli di carta, cereali, prodotti per la pulizia e caramelle.
Perché avviene e quando è una pratica lecita
Questo fenomeno – come chiaro nel nome – è legato all'inflazione, cioè l'aumento generalizzato dei prezzi dei beni di consumo che riduce il potere d'acquisto dei consumatori. È un effetto che può avere cause differenti e opposte:
- l'inflazione da offerta avviene quando la domanda dei consumatori non cambia, ma per qualche motivo più o meno inatteso – come per esempio lo scoppio di una guerra o una pandemia – aumentano i costi di produzione o delle materie prime;
- l'inflazione da domanda avviene invece quando i costi intrinsechi del prodotto non sono variati, ma ad aumentare è la richiesta dei consumatori; in questo caso, i prodotti sul mercato diventano minori rispetto a quelli a disposizione del venditore che, dunque, può permettersi di aumentarne il prezzo, essendo il bene difficilmente reperibile in quello specifico momento.
Soprattutto nel primo dei due casi citati – quello cioè in cui a crescere è il costo delle materie prime – la shrinkflation è utilizzata dalle aziende per far fronte ai costi di produzione e mantenere integro il proprio bilancio.
Quali sono i rischi della shrinkflation per i consumatori
Nonostante la pratica non sia di per sé illegale, sono comunque molti gli economisti a definirla una pratica scorretta, appellandosi alla shrinkflation come una inflazione occulta, che non permette al consumatore di avere percezione della diminuzione del proprio potere d'acquisto.
Il rischio è anche che alcune aziende utilizzino questa metodologia per aumentare i propri profitti, senza che sia l'inflazione stessa ad imporla. Per questo motivo, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha adottato una serie di provvedimenti per difendere i consumatori, tra cui l'obbligo per le aziende di riportare in modo chiaro e inequivocabile la quantità di prodotto contenuta in ogni confezione ed essere trasparenti sul prezzo per unità di misura. È comunque possibile, e consigliato, segnalare i casi ritenuti ingannevoli o poco trasparenti all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Come difendersi dalla shrinkflation
L'unica vera arma che può essere utilizzata per non rimanere vittima della shrinkflation è l'attenzione. Quando ci troviamo in mezzo agli scaffali, è buona pratica confrontare i prodotti basandosi sul prezzo per unità di misura, e non lasciarci attrarre da prezzi bassi. Per fare un esempio, un vasetto di yogurt a 0,99 € non è necessariamente più conveniente di un suo simile che costa 1,30 €: se il primo vasetto contiene 110 g mentre il secondo ne contiene 150 g, a parità di quantità è il secondo vasetto a essere più conveniente.
Le altre pratiche che possono "ingannare" i consumatori
La shrinkflation non è l'unica metodologia utilizzata per aumentare i prezzi dei prodotti senza che questo impatti sulla volontà di acquisto dei consumatori. Esistono infatti altri escamotage che possono essere notati sugli scaffali dei supermercati.
I formati speciali
Molte marche approfittano dell'uscita di un prodotto speciale nuovo per diminuirne la grammatura a parità di prezzo. In questo caso, il brand in questione punta sul fatto che un prodotto nuovo venga reputato speciale e sia più attrattivo per un consumatore che, a parità di prezzo, lo prediligerà rispetto al prodotto classico, senza però accorgersi della diminuzione di contenuto.
Il cambio di design
Un altro escamotage molto efficace e quello dei re-branding: viene cambiata la grafica e la forma della confezione, così che a fronte di due diversi cambiamenti – quello di estetica e quello di prezzi – il consumatore tenda a non notare il secondo. Un altro aspetto considerato dai brand in questo caso è che un cambio di design fa spesso pensare ad una miglioria anche da un punto di vista della qualità del prodotto, per cui tende a spingere il consumatore ad acquistare con più sicurezza.
Gli altri metodi
Esistono poi diversi altri metodi adottati dalle diverse aziende, come per esempio quello di proporre confezioni di dimensioni diverse a seconda della tipologia di supermercato in cui vengono venduti. Un esempio pratico per rendere il concetto più essere quello della vendita di una singola bottiglia di birra allo stesso prezzo ma in quantità differenti differenti: mentre negli ipermercati vengono venduti formati da 66 cl, nei supermercati normali si trovano i formati più classici da 50 cl e nei negozi express addirittura da 40 cl.