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15 Marzo 2024
8:00

Cos’è la sindrome dell’abbandono: ecco quali sono le cause e come riconoscerla

La sindrome dell'abbandono è la paura eccessiva di perdere qualcuno. Chi ne soffre può arrivare a mettere in atto comportamenti "tossici" che danneggiano le proprie relazioni. Secondo la teoria più accreditata, questo disagio trova le sue radici in traumi infantili irrisolti.

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Cos’è la sindrome dell’abbandono: ecco quali sono le cause e come riconoscerla
Sindrome dell'abbandono

La sindrome dell’abbandono è il timore eccessivo di perdere qualcuno e di sentirsi “persi”, svuotati e privi di riferimenti. Il senso di solitudine che ne deriva è percepito come una minaccia per la propria persona. La sindrome dell'abbandono fa sì che la persona tenda a sentirsi persa e vulnerabile quando una persona a cui vuole bene si allontana, o addirittura ancor prima che l’allontanamento avvenga.

Chi tende a questo tipo di paura fa fatica a instaurare relazioni (sia amicali che d’amore) durature, perché avendo paura di essere abbandonato mette in atto dei meccanismi manipolatori e atteggiamenti ansiosi e ossessivi che mettono in fuga gli altri. Le cause di questo disturbo sono molteplici, ma principalmente hanno inizio nel periodo dell'infanzia, quando si instaura il legame tra bambino e madre (o con la persona che passa più tempo con il bambino). Il bambino i cui bisogni non sono stati adeguatamente soddisfatti dalla figura materna, infatti, tenderà ad aver paura dell'abbandono e a sviluppare relazioni ansiose nel corso della vita.

Che cos’è la sindrome dell’abbandono e come si manifesta

I sentimenti di angoscia e insicurezza pervadono costantemente le persone che soffrono di questa sindrome, che incontrano anche molte difficoltà nei rapporti con gli altri, facendo confusione tra i propri bisogni e i loro. Inoltre, chi è soggetto a questa sindrome tende ad avere una scarsa autostima (che si esprime con la difficoltà ad accettare le critiche) e ad accettare qualsiasi compromesso pur di mantenere in piedi le relazioni, assecondando l'altro nella speranza che non se ne vada. Può capitare anche che si sperimenti ansia all'idea di staccarsi da certe persone o addirittura rifiutarsi di uscire di casa senza di loro.

Avendo un quadro distorto delle relazioni con gli altri (di cui ha scarsa fiducia), quando sente di esser stata abbandonata mette in atto comportamenti controllanti e manipolatori non solo con il partner, ma in generale in tutte le relazioni che costruisce. In particolare, la persona potrebbe dimostrare sentimenti di gelosia nei confronti delle relazioni del partner, di cui non riesce a fidarsi.

sindrome dell'abbandono

In particolare, il partner geloso vive con l’ansia e il timore di non essere amato, di perdere l’altro o di essere lasciato. A causa di pensieri e atteggiamenti ossessivi potrebbe anche reagire in maniera spropositata quando gli eventi prendono una piega inaspettata (aspettative infrante).

Chi ne soffre potrebbe anche percepire la sensazione di essere “perseguitato”, e manifestare attacchi di panico o d’ansia. Se non curato, questo disturbo può portare a disturbi dell’alimentazione e del sonno, abbassamento delle difese immunitarie e persino alla depressione.

Perché si ha paura di essere abbandonati? La teoria dell’attaccamento di Bowlby

Le cause della sindrome dell’abbandono affondano principalmente le loro radici nell’infanzia: la persona che ne soffre, infatti, non si è sentita adeguatamente protetta, amata o desiderata durante gli anni cruciali dello sviluppo.

A questo proposito, è molto importante la teoria dell’attaccamento elaborata a seguito di varie ricerche svolte dallo psicanalista John Bowlby tra gli anni ’50 e ’70, che si interessò approfonditamente agli aspetti che caratterizzano il rapporto tra la figura principale di attaccamento e il bambino. Quest’ultimo, infatti, ha una predisposizione biologica a sviluppare un legame di attaccamento con una sola persona, ossia quella che si prende cura di lui (monotropismo), e a interiorizzare le prime modalità relazionali messe in atto dal caregiver, cioè la persona che si prende maggiormente cura del bambino (Bowlby nei suoi studi utilizza il termine “madre”, visto che è la persona che in genere si occupa per più tempo della prole), essenziali durante una fase di vulnerabilità in cui il piccolo dev’essere protetto per poter sopravvivere. Le attenzioni ai bisogni che la figura materna offrirà o non offrirà influenzeranno inevitabilmente i legami affettivi che quest’ultimo instaura nel corso della sua vita.

sindrome dell'abbandono

Il bambino che riceve cure e risposte adeguate dalla madre (affetto, soddisfacimento dei bisogni primari, aiuto nell’affrontare situazioni angoscianti, rassicurazione) si sente protetto, si dimostra curioso ed esplora, diventando progressivamente autonomo e indipendente in vari aspetti della vita (attaccamento sicuro). Una volta adulto, saprà valutare adeguatamente i propri bisogni e quelli degli altri.

Se i bisogni del bambino non hanno ricevuto riscontro da parte della madre, può instaurare con lei tre tipi di attaccamento insicuro che Bowlby determinò durante un esperimento in cui ha osservato le reazioni dei bambini all'allontanamento e alla presenza delle madri nella stanza in cui i piccoli stavano giocando.

  • Attaccamento evitante: il bambino nasconde alla madre il disagio che prova quando lei è nella stanza, e si concentra sugli oggetti inanimati (giocattoli) più che su di lei, evitando la vicinanza per tenere sotto controllo il sentimento di necessità, perché comprende che non verrà soddisfatto come desidera.
  • Attaccamento resistente: il bambino “estremizza” i suoi comportamenti, manifestando a fasi alterne rabbia e passività, o urlando e piangendo disperatamente (sia quando la mamma si allontana, sia quando ritorna nella stanza). Questo tipo di attaccamento si sviluppa quando il caregiver principale risponde in maniera imprevedibile alle richieste del piccolo, che quindi vive nell’incertezza.
  • Attaccamento disorganizzato: è un tipo di attaccamento a metà tra quello evitante e resistente, in cui il bambino cerca di avvicinarsi alla madre, ma poi prende le distanze in maniera sia conflittuale che silenziosa. Si riscontra soprattutto in bambini trascurati, maltrattati e abusati (abusi fisici e sessuali), con uno o entrambi i caregivers resistenti al contatto fisico (quindi percepiti come distanti e distaccati dal bambino) o con patologie psichiche.

La sindrome dell’abbandono può presentarsi anche negli adolescenti e negli adulti che:

  • hanno subito un grave lutto (soprattutto se improvviso) che ha lasciato un vuoto profondo nella vita del bambino; in quel caso, i distacchi e le separazioni possono rievocare il dolore di quell’esperienza traumatica non ancora affrontata e con cui non si è fatto pace;
  • hanno subito ghosting (interruzione brusca di una relazione senza dare spiegazioni).

Il disturbo borderline di personalità e la paura dell'abbandono

Tra le persone che soffrono maggiormente della sindrome dell'abbandono ci sono coloro che sono affette dal disturbo borderline di personalità. Questi individui, fortemente emotivi, vivono in maniera molto intensa l'abbandono (sia reale che immaginato) e non sopportano di essere trascurati. Possono diventare gelosi, ossessivi e controllanti nei confronti di amici e partner, manifestando episodi di rabbia anche davanti a situazioni apparentemente “innocue”: se l’altra persona dovesse deludere le loro aspettative (per esempio arrivare anche solo leggermente in ritardo a un appuntamento), potrebbero diventare aggressive, per poi vergognarsi privatamente in un secondo momento. I legami di chi soffre di questo disturbo difficilmente saranno duraturi, proprio per gli scoppi d'ira (anche verbali) che a causa della sua sensibilità e impulsività non riesce a controllare.

Che cosa fare se si soffre di paura dell’abbandono?

Per uscire dal tunnel di malessere e di traumi infantili irrisolti causati da questo disturbo, è essenziale affrontare un percorso terapeutico improntato sulla riaffermazione della propria autostima.

seduta psicologica
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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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