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Immagini curiose e divertenti, catturate nel 2013 dalle telecamere della BBC: un gruppo di giovani delfini tursiopi (Tursiops truncatus) che a turno colpisce col naso e addenta un pesce palla rigonfio, per poi rimanere inebetiti, occhi socchiusi, lasciandosi trasportare dalle onde. Come se fossero "drogati". Il pesce palla, infatti, contiene al suo interno un potente veleno, la tetrodotossina, capace di uccidere un delfino ma che se viene rilasciato in piccola quantità nell'acqua, mentre viene addentato, darebbe invece un effetto inebriante. Per i documentaristi che hanno ripreso il bizzarro comportamento tramite telecamere spia dissimulate in altri oggetti questa sarebbe la prova che i delfini usano i pesci palla a scopo ricreativo, infastidendoli e rosicchiandoli per rilasciare una blanda dose di veleno nell'acqua e "passandoselo in giro" quasi come se fosse uno spinello. Da allora, si è diffusa l'idea che i delfini, come molti animali, facciano volutamente uso di un qualche tipo di sostanza stupefacente. Ma la spiegazione non convince tutti: innanzitutto non esistono studi scientifici che lo confermino, il comportamento è stato osservato solo un'altra volta, sarebbe molto difficile per i delfini "dosare" la giusta quantità di tossina senza rischiare di avvelenarsi, e c'è la possibilità che stessero solo giocando, inconsapevoli degli effetti collaterali.
I delfini si “drogano”? I dubbi degli esperti
Ma ci sono molti elementi che fanno dubitare sul vero intento del comportamento dei delfini. Un'esperta tossicologa, Christie Wilcox, ha espresso perplessità sulla effettiva capacità dei delfini di "regolare" con la dovuta precisione la quantità di tossina rilasciata in modo che causi effetto inebriante senza diventare mortale. La tetrodotossina è una delle sostanze più letali in natura, e pochi milligrammi, seppur dispersi nell'acqua, possono uccidere anche un animale di grossa taglia come un delfino.

Secondo Wilcox, i delfini filmati stavano sperimentando le fasi iniziali della paralisi da tetrodotossina, quando l'effetto inebriante può presto cedere il passo alla totale perdita di controllo delle funzioni corporali. Lo "sballo" non sarebbe stato altro che un effetto collaterale di eccessiva curiosità, e l'esperta dubita che quel gruppo di delfini (o la specie in generale) fosse un "utilizzatore seriale" della sostanza. Anche perché la tetrodotossina non altera la percezione come fanno molte sostanze stupefacenti usate da altri animali, ma piuttosto causa un intorpidimento progressivo. Osservato dall'esterno, un delfino in torpore a causa di lievi quantità di tetrodotossina potrebbe in effetti sembrare come se fosse sotto effetto di stupefacenti, ma non è detto che l'esperienza sia per lui piacevole.
Quello praticato dai delfini potrebbe essere un gioco
Gli aneddoti su delfini che si sballano coi pesci palla, inoltre, sono pochissimi. Nella letteratura scientifica disponibile, infatti, un evento simile a quello osservato dai documentaristi BBC è citato solo una volta, in un articolo del 1995 sul comportamento dello Steno bredanensis, una specie diversa da quella del documentario. Giovani delfini sarebbero stati visti giocare nella stessa maniera con quattro pesci palla rigonfi, per poi rimanere immobili in superficie, con il dorso e la pinna bene in vista, lasciandosi trasportare dalle onde.

La rarità di questo comportamento, soprattutto se confrontata con la frequenza dell'uso di sostanze stupefacenti negli altri animali, ci suggerisce quindi una spiegazione alternativa. I delfini non volevano "sballarsi" col pesce palla, ma stavano più semplicemente giocando. Il gioco è infatti molto frequente in tutti i cetacei, e i delfini più giovani sono particolarmente giocherelloni e curiosi: interagiscono spesso con oggetti che gli capitano a tiro, con le bolle che emettono dallo sfiatatoio, e con il loro cibo prima di consumarlo.
E' quindi possibile che i giovani delfini in questione, in preda alla loro naturale curiosità, abbiano giocato troppo duramente con un'animale a loro insaputa velenosissimo, per poi subire gli effetti collaterali del rilascio della tossina nell'acqua, paragonabili a quelli di uno sballo. Una sventatezza che poteva concludersi molto peggio di così.
Gli effetti della tetrodotossina: il veleno del pesce palla
Pur non trovandosi solo nei pesci palla, la tetrodotossina prende il nome proprio dalla loro famiglia, quella dei tetraodontidi. E' una neurotossina molto potente dall'effetto paralitico che si trova anche in alcuni molluschi e anfibi. Non sono i pesci a produrla, bensì alcune specie di batteri che si trovano nel loro corpo in maniera simbiotica. La tetrodotossina agisce ostruendo i canali cellulari del sodio, fondamentali per la trasmissione dei segnali attraverso il sistema nervoso, ma gli organismi ospiti hanno evoluto, in maniera indipendente, un adattamento che altera una delle proteine di questi canali e impedisce che vengano bloccati dalla tossina, rimanendo così immuni ai loro effetti.
Oltre che essere velenosissimo, il pesce palla è una (rischiosa) prelibatezza: il fugu, piatto a base di fegato di pesce palla, una delle parti più pericolose di questo animale. Vietato in quasi tutti gli altri Paesi, è tra le pietanze più celebri della cucina giapponese, ma viene preparato solo da cuochi certificati in Giappone, con apposite tecniche in grado di renderlo un piatto non letale. Nonostante gli accorgimenti, gli avvelenamenti da fugu, anche se oggi molto ridotti rispetto al passato, rimangono una possibilità.

La sensazione di intorpidimento causata da dosi minime di veleno di pesce palla ha fatto quindi pensare che il comportamento dei delfini fosse dovuto proprio alla voglia di sperimentare una sensazione di ebrezza. Non sarebbe la prima volta che gli animali si "sballano" di proposito: alcune scimmie mangiano frutta matura per il suo contenuto alcolico e molte specie consumano altre sostanze psicoattive come oppiacei, funghi allucinogeni e molto altro, fino ad arrivare in alcuni casi a vera e propria dipendenza.