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Quand'è che abbiamo percepito il nostro primo sapore? E il primo gusto che ci ha disgustati? Secondo la scienza, molto prima di quanto immaginiamo, addirittura durante la vita prenatale. Il grembo materno, infatti, non è una camera blindata che isola l'utero dal mondo esterno, ma un filtro che lascia passare alcuni stimoli ambientali, che i feti possono percepire con intensità diversa in base allo stadio di sviluppo. Così, durante i nove mesi di gravidanza, con la progressiva maturazione dei sistemi sensoriali del gusto e dell'olfatto, i feti diventano sempre più capaci di "assaporare" ciò che la madre mangia, manifestando reazioni differenti in base alle caratteristiche del cibo ingerito. L’assunzione frequente di determinati alimenti nelle ultime settimane di gravidanza può persino lasciare una vera e propria traccia di memoria, capace di influenzare preferenze e risposte dei bambini al cibo anche dopo la nascita, un retaggio evolutivo che aiuterebbe i piccoli a orientarsi nei primi momenti di vita extra-uterina.
Che sapore ha il grembo materno?
La prima domanda che sorge spontanea è: quali sapori può sentire un feto all’interno del pancione? Semplificando potremmo dire: gli stessi che percepisce la madre quando mangia! Il grembo materno ha infatti un suo "sapore" conferito dal liquido amniotico, il fluido in cui il feto è immerso durante i nove mesi di sviluppo. Alcuni studi hanno dimostrato che, dopo un pasto, le molecole aromatiche del cibo ingerito dalla madre attraversano il sangue e, superando la placenta, raggiungono questo liquido. Siamo chiari: non dobbiamo immaginare che i sapori arrivino nel grembo in tutta la loro complessità, ma il cambiamento della composizione chimica del liquido amniotico è in grado comunque di alterare il suo sapore in modo percettibile. E poiché i feti inalano e deglutiscono questo liquido di continuo, arrivando a consumarne fino a 500-1000 ml al giorno negli ultimi mesi di gravidanza, è come se “assaggiassero” (in modo semplice e primitivo) il pasto della madre.
Ma quando è che i feti acquisiscono questa capacità? Ci vuole tempo. Tempo affinché gli organi di senso del gusto e dell’olfatto maturino completamente. Questo processo comincia intorno al secondo/terzo mese di sviluppo, quando sulla lingua compaiono le prime papille gustative e nel naso i primi neuroni olfattivi, ma servono almeno altri tre mesi di sviluppo continuo affinché gli organi di senso del gusto e dell’olfatto (e i loro collegamenti con il cervello) diventino pienamente operativi. A partire dal terzo trimestre, questi sistemi sensoriali sono abbastanza maturi per consentire al feto di percepire – e reagire- ai primi stimoli gustativi.
In uno studio pubblicato nel 2022 sulla rivista Psychological Science da un team dell’Università di Durham, utilizzando ecografie 4D, i ricercatori sono riusciti a osservare le espressioni facciali dei feti tra la 32ª e la 36ª settimana dopo che le madri avevano ingerito capsule aromatizzate alla carota o al cavolo riccio. Dopo circa 30 minuti dall’ingestione della capsula alla carota — un gusto dolce, solitamente associato a reazioni positive già nei neonati— i feti mostravano espressioni simili a un sorriso. Al contrario, dopo la capsula al cavolo riccio — un gusto più amaro e solitamente poco apprezzato anche dai bambini — esibivano smorfie corrucciate, come a segnalare un gusto sgradito.

I sapori percepiti con maggiore frequenza possono imprimere una "memoria gustativa".
Gli stessi ricercatori dell’Università di Durham, dopo aver analizzato le reazioni dei feti ai cibi ingeriti dalle madri, si sono posti una nuova domanda: cosa accade se un determinato alimento viene consumato con regolarità durante la gravidanza? Per rispondere, hanno chiesto a un gruppo di madri di assumere per tre settimane consecutive le stesse capsule aromatizzate al gusto di carota o cavolo riccio. Il risultato? Dopo poche settimane dalla nascita, i neonati mostravano meno espressioni corrucciate e un aumento delle facce sorridenti in risposta al sapore sperimentato nel grembo materno, persino nel caso del cavolo riccio!
Insomma, i sapori assunti regolarmente nelle ultime settimane di gravidanza sembrano capaci di fissarsi nella memoria sensoriale del feto, lasciando una sorta di “impronta gustativa” che li rende più familiari. Già nei primi anni '00, alcuni studi avevano osservato che neonati di specifiche regioni del mondo, in cui le diete tradizionali prevedono sapori intensi o poco comuni, mostravano una maggiore tolleranza verso quegli stessi alimenti.
In Alsazia, per esempio, una regione dove è diffuso il consumo di anice (una spezia dal gusto molto forte e solitamente poco gradito ai neonati), i bambini nati da madri esposte regolarmente a questo aroma in gravidanza reagivano con espressioni più positive rispetto ai coetanei non esposti.
Tutti questi studi avvalorano l’ipotesi che un’esposizione frequente ai sapori durante la vita prenatale possa renderli più familiari, contribuendo a ridurre la neofobia alimentare — ovvero la naturale diffidenza verso cibi nuovi o sconosciuti — e facilitando l’accettazione di alcuni cibi essenziali per una dieta equilibrata (come le verdure a foglia verde), generalmente poco graditi ai bambini a causa del sapore forte o amaro.
Perché percepire i sapori del grembo materno è importante
Arrivati a questo punto, è lecito porsi una domanda: perché per un bambino è importante avere un primo assaggio del mondo già dal pancione? E soprattutto, perché da un punto di vista evolutivo è importante conservare una memoria dei sapori percepiti? Una possibile spiegazione è che i neonati, nelle prime fasi della loro vita, sono completamente dipendenti dai loro genitori. Riconoscere fin da subito la propria mamma è fondamentale e può fare la differenza tra sopravvivere o morire. Per fare ciò, i neonati dei mammiferi si affidano proprio ai loro sensi. Per esempio, odore e sapore del latte materno sono molto simili a quelli caratteristici del liquido amniotico, che il feto riconosce come familiari per la continua esposizione durante la gravidanza. Questa familiarità con gli odori materni, proprio come accade in altre specie di mammiferi, potrebbe consentire ai neonati di individuare istintivamente la propria mamma al momento della nascita e spiegare la naturale attrazione dei neonati per l'odore del suo seno, favorendo così la formazione del legame di attaccamento dei piccoli nei confronti della madre.
Un’altra spiegazione, che non esclude la prima, è altrettanto possibile. Immaginate la scena: per nove mesi il bambino vive in un ambiente ovattato, tranquillo e protetto come l’utero, per poi essere esposto improvvisamente al mondo esterno, con i suoi sapori sconosciuti e odori forti. Un cambiamento così drastico sarebbe uno shock per chiunque, figuriamoci per un neonato!
Creare già durante la gravidanza un ponte sensoriale tra l'interno e quello esterno permette invece di preparare gradualmente il feto al mondo che lo attende, rendendo meno traumatico il passaggio dall’utero alla vita extrauterina. In questo modo, alla nascita, il neonato si ritrova in un mondo sì nuovo, ma non del tutto sconosciuto. Riconoscere come familiari aromi, sapori e odori aiuta infatti il neonato a orientarsi e ad adattarsi nei primi istanti di vita, consentendogli di affrontare con successo e maggiore sicurezza le inevitabili sfide che lo attendono nel mondo lì fuori.