;Resize,width=638;)
È possibile che un dipinto esposto alla National Gallery di Londra sia in realtà un falso? Sembrerebbe di sì: è il caso di Sansone e Dalila, quadro attribuito al pittore fiammingo Peter Paul Rubens. L'opera, datata 1609 e conservata alla National Gallery di Londra. pare essere un falso, o almeno questo è ciò che emerge da un’analisi condotta nel 2021 dall'azienda Art Recognition grazie a una tecnica che utilizza l’intelligenza artificiale basandosi sulle reti neurali. Si tratta di un sistema tecnologico all’avanguardia, che negli anni sta facendo progressi e potrebbe permettere avanzamenti nel mondo delle indagini delle paternità artistiche. Nel caso del capolavoro in questione, questo sistema ha rilevato una probabilità superiore al 91% che il quadro sia un falso.
Come è stato scoperto che Sansone e Dalila di Rubens al 91% è un falso
Art Recognition, l'azienda incaricata di indagare la paternità dell'opera, ha utilizzato tecniche di machine learning e computer vision, impiegando due tipi di reti neurali artificiali: una Convolutional Neural Network (CNN) e un Vision Transformer with Shifted Windows (SWIN). Queste reti analizzano le caratteristiche della pennellata e delle abitudini manuali dell'artista. L'opera viene poi sottoposta a scansione, suddividendola in "patch" e restituendo per ciascuno una percentuale di probabilità di falsità, determinando così la sua attendibilità.
Nel caso di Sansone e Dalila, questa probabilità è stata superiore al 91%, come raccontato da Caterina Popovici, cofondatrice di Art Recognition. Al momento però non si sa se esiste ancora un originale di quest'opera e, se sì, dove potrebbe trovarsi.
Un altro esempio sull'analisi delle opere di Rubens riguarda Veduta di Het Steen la mattina presto, esposto anch'esso alla National Gallery di Londra, che ha restituito una percentuale di falsità dell'1,24%. Con ogni probabilità, quindi, questo dipinto è autentico.

Il “Sansone e Dalila” di Rubens e i dubbi sull’autenticità del capolavoro
Sansone e Dalila è una tela della dimensione di quasi due metri per due che raffigura l’eroe Sansone, addormentato con la testa sulle ginocchia dell’amata Dalila. L'opera, infatti, è ispirata a un episodio biblico e immortala il momento cruciale in cui Sansone, abbandonato al sonno, sta per essere tradito. Dalila, è complice del nemico e ha appreso che la sua straordinaria forza risiede nella lunga chioma. Corrotta dai filistei – suo stesso popolo –, la donna si presta al loro inganno, facendo in modo che i suoi capelli vengano recisi, privandolo così del suo potere e rendendolo vulnerabile alla cattura.
Da decenni i critici esperti di Rubens sostengono che la grande tela acquisita dal museo di Londra sia in realtà un falso, una copia dell’originale – commissionato al pittore dal mecenate belga Nicolaas Rockox – che il fiammingo ha dipinto dopo un lungo viaggio in Italia durante il quale ha studiato la tecnica di Caravaggio. Da alcune fonti sembra che il quadro originale sia scomparso dopo la morte di Rockox nel 1640, motivo per cui, quando il quadro poi acquisito dalla National Gallery è comparso a Parigi nel 1929, è stato prima analizzato e poi attribuito a Rubens dallo studioso Ludwig Burchard.

Già allora c’erano alcuni sospetti: i colori sono insoliti per le abitudini del pittore, e la versione della National Gallery differisce da altre due copie “ufficiali” – un'incisione di Jacob Matham e un dipinto di Frans Francken il Giovane – per alcuni dettagli, come le dita del piede di Sansone, che in quella esposta a Londra escono dalla tela e non sono raffigurate, mentre nelle altre due sì. Tant’è che, inizialmente, qualcuno suggerì che si trattasse di un quadro di Gerrit van Honthorst – noto anche come Gherardo dalle Notti – pittore olandese circa contemporaneo di Rubens.
Il caso è proseguito quando, nel 1960, sono stati ritrovati documenti dai quali è emerso che Ludwig Burchard era ben consapevole del fatto che diverse opere da lui autenticate non fossero affatto autentiche. Tuttavia, nessuna certezza è emersa riguardo a Sansone e Dalila, che è finito tra le opere gestite da Christie’s, la più grande casa d'aste al mondo, per poi arrivare alla National Gallery. I sospetti hanno continuato ad aleggiare intorno al quadro, portando nel 2021 alla decisione di analizzarlo con un sistema basato sull'intelligenza artificiale, progettato per valutare l'autenticità delle opere d'arte. Il risultato emerso, come spiegato, si è rivelato sorprendente.