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12 Aprile 2024
6:00

È vero che l’intelligenza artificiale “ruba” le opere degli artisti per creare le immagini?

Siamo sicuri che i generatori di immagini che usano l'Intelligenza Artificiale non "rubino" le opere d'arte degli artisti? E come fanno gli autori a difendere le proprie opere d'arte?

A cura di Giulia Giaume
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È vero che l’intelligenza artificiale “ruba” le opere degli artisti per creare le immagini?
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Se avete provato a usare generatori di immagini basati sull'intelligenza artificiale, come DALL·E 2, Stable Diffusion o Midjourney, vi sarete accorti di quanto velocemente stiano migliorando e dei risultati stupefacenti che producono. Se non li conoscete, beh, si tratta di piattaforme che permettono di creare immagini (gratuitamente o a pagamento) a partire da un "prompt", cioè da un testo inventato e scritto dall'utente. Non tutti sanno, però, che è in corso un serio dibattito sulla legittimità di questo utilizzo dell'IA, perché usare e promuovere questi strumenti potrebbe significare collaborare a… un furto. Il problema dell'uso di contenuti protetti da proprietà intellettuale per addestrare le IA è al momento uno dei più discussi nell'ambito del dibattito pubblico sui grandi modelli di Intelligenza Artificiale.

Le accuse all'AI per presunto furto di immagini

Molti artisti sostengono che l'Intelligenza Artificiale "rubi" le loro opere, in modo più o meno esplicito. Nel 2023 si è aperta (e poi parzialmente chiusa) un causa di alcune artiste contro alcune aziende del settore che starebbero allenando l’AI con le loro opere (illustrazioni, fumetti e immagini varie) senza previo consenso e quindi, ovviamente, senza alcun pagamento. Nonostante molte aziende dicano che i loro motori generativi (cioè i loro generatori di immagini) usino come modello le immagini senza copyright che trovano su internet, secondo queste artiste in realtà le AI leggono e analizzano moltissime immagini coperte da diritto d'autore così da sviluppare la capacità di realizzare delle nuove immagini.

In risposta alle accuse, c'è chi ha affermato che l'arte è sempre stata "una copia" di qualcosa, e che quindi gli artisti in un certo senso copiano da sempre. Tuttavia qui non si tratta di sbirciare l'opera di qualcun altro e poi farne una simile: gli artisti umani, insomma, non sono in grado di "smembrare" le immagini leggendo i loro dati, così da sfruttare quei dati per creare nuove opere attraverso programmi e servizi (anche a pagamento). Invece l'IA generativa è capace proprio di fare una cosa del genere: questo processo, detto raschiamento (o scraping in inglese), permette ai software di cogliere molte più informazioni di una "banale" occhiata di un artista all'opera di qualcun altro.

intelligenza artificiale copia opere arte

Per dare un'idea della dimensione del fenomeno, il software Stable Diffusion di Stability AI potrebbe essere stato allenato studiando senza permesso 5 miliardi di immagini protette da diritto d'autore (la causa è attualmente in corso). Se fosse vero, la cosa andrebbe a creare due danni: il primo è che si tratterebbe a tutti gli effetti di un furto di opere d'arte; il secondo è che, stando ai creativi, questi software sarebbero usati per creare lavori "falsi", togliendo possibilità di lavoro e di diffusione agli autori e autrici originali. Persino grandi aziende come Getty Images hanno portato in tribunale diverse compagnie che usano l'IA generativa per furto di opere d'arte, in questo caso per utilizzo illecito di fotografie storiche protette dal diritto d'autore.

Un'ulteriore accusa, più recente, deriva dalla scoperta di un foglio elettronico di calcolo (divulgato dalla testata americana The Register) che sembra elencare migliaia di artisti le cui immagini potrebbero essere "imitate con successo" dall'IA generativa. L'elenco, che si presuppone essere curato da Midjourney, cataloga quasi cinquemila nomi di artisti, alcuni deceduti e famosissimi come Andy Warhol e altri ancora vivi come la fumettista Sarah Anderson, pronti da "usare". Ma in che modo? Il software può fornire agli utenti che lo richiedono un'immagine in uno stile molto preciso, magari proprio quello di un autore particolare: basta dire al programma nome e cognome dell'artista che si vuole imitare.

intelligenza artificiale generatori immagine

Come fanno gli artisti a difendersi? Nightshade, il "veleno" digitale

In questa situazione come fanno gli artisti a difendersi? Un po' con le cause in tribunale, che però non sempre vanno a buon fine oppure si intoppano, e un po' con alcuni strumenti fai-da-te più o meno efficaci. Uno di questi ha ricevuto molta attenzione: non parliamo di loghi, watermark o altri modi per fissare la propria firma sulle immagini, ma di uno strumento più potente e subdolo. Una sorta di veleno digitale.

Questo "veleno digitale", chiamato Nightshade e sviluppato dagli informatici del Glaze Project dell’Università di Chicago sotto la guida del professor Ben Zhao, funziona essenzialmente mettendo l'IA… contro l'IA. In pratica, consente agli artisti di aggiungere delle "modifiche invisibili" ai pixel delle loro opere d'arte prima di caricarle online in modo che, se "raschiate" dai vari generatori di immagini, vengano "lette" in modo sbagliato andando a rovinare il programma che le copia, anche permanentemente.

Usare questo tipo di strumento per avvelenare i dati di addestramento dell'IA potrebbe danneggiarne i modelli di apprendimento e porterebbe questi ultimi a confondere, ad esempio, i cani con i gatti o il sole con la pioggia. Dopo alcuni test, Nightshade è ora disponibile online per chiunque voglia scaricarlo.

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