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Il ponte romano sullo stretto di Messina nel III a.C. è stato davvero realizzato? Al 99% no

È possibile che il ponte sullo stretto di Messina, del quale si discute da anni, fosse già stato costruito dai romani nell’anno 251 a.C.? Molto probabilmente no. Proviamo a mettere insieme gli elementi certi.

A cura di Erminio Fonzo
22 Settembre 2023
19:00
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Il ponte romano sullo stretto di Messina nel III a.C. è stato davvero realizzato? Al 99% no
Con il contributo di Alessandro Beloli
Geografo e divulgatore
ponte romano sullo stretto di messina

Secondo numerose pagine web, il ponte sullo stretto di Messina sarebbe stato costruito già in epoca romana. Più precisamente, il ponte sarebbe stato realizzato durante la prima guerra punica, nel III secolo a.C., per consentire il passaggio degli elefanti catturati dai romani all’esercito cartaginese. Si sarebbe trattato di una passerella galleggiante temporanea, fatta di botti e assi, usata solo per trasportare i pachidermi e poi abbandonata. Ma tutto questo è davvero accaduto? Dal punto di vista tecnico l’impresa sarebbe stata possibile, ma abbiamo verificato e la fonte principale che riguarderebbe l'evento (un passo della Geografia di Strabone), citata dai vari siti web, semplicemente non esiste.

La prima guerra punica e gli elefanti da guerra

Per prima cosa ricostruiamo il quadro storico che avrebbe portato alla presunta realizzazione del ponte romano sullo Stretto di Messina.

La Sicilia fu il principale scenario della prima guerra punica, combattuta tra Roma e Cartagine dal 264 al 241 a. C.  Una delle "prede" più ambite dai due eserciti era Panormus (Palermo), che i romani riuscirono a conquistare nel 254 a. C. Tre anni più tardi, però, i cartaginesi attaccarono la città, servendosi anche di elefanti da guerra.
Considerati i carri armati dell’antichità, gli elefanti erano utili per lanciare cariche contro il nemico e per trasportare carichi pesanti. I romani ne erano particolarmente intimoriti e nel 255 a.C., quando avevano portato la guerra nel territorio del nemico, erano stati sconfitti nei pressi di Cartagine anche grazie al loro impiego.

Elefanti cartaginesi nella battaglia di Zama (202 a.C.)
Elefanti cartaginesi nella battaglia di Zama (202 a.C.)

Tuttavia nel 251, quando i cartaginesi attaccarono Palermo, i legionari avevano fatto progressi nella conoscenza dei pachidermi e, bersagliandoli con frecce e lance, riuscirono a metterli in fuga e a respingere il nemico. Nel corso della battaglia, inoltre, catturarono più di cento elefanti (il numero esatto varia in base alle fonti).

Il ponte galleggiante sullo Stretto di Messina

Gli elefanti erano un bottino prezioso e il console che comandava le legioni romane, Lucio Cecilio Metello, pensò di trasferirli nella Penisola italiana. Il console, però, non disponeva di navi per attraversare lo stretto di Messina e quindi, stando al racconto che si legge in rete, avrebbe fatto costruire un ponte galleggiante tra le città di Massana (Messina) e Règium (Reggio Calabria). Come? Facendo collocare in mare delle botti vuote e disponendo su di esse delle travi di legno, in maniera da formare una passerella, alla quale sarebbero stati aggiunti anche dei parapetti per evitare che gli elefanti cadessero in mare.

I pachidermi sarebbero giunti sani e salvi sul territorio peninsulare, ma il ponte galleggiante sarebbe stato abbandonato subito dopo la traversata e distrutto dalle acque. Non sarebbe stato possibile, del resto, conservarlo, perché avrebbe impedito la navigazione nello Stretto.

lo stretto visto dal satellite
Lo stretto di Messina oggi, visto dal satellite


L'equivoco del passo di Strabone

La fonte principale, citata da numerose pagine web e persino da uno studio universitario, sarebbe la Geografia di Strabone, un autore greco vissuto a cavallo tra il primo secolo a.C. e il I secolo d.C. Il brano relativo al ponte sarebbe grossomodo il seguente:

[Metello], radunate a Messina un gran numero di botti vuote, le ha posizionate sul mare legate a due a due in modo che non potessero toccarsi o urtarsi. Sulle botti ha costruito un passaggio di tavole coperte da terra e da altri materiali e ha piazzato dei parapetti di legno ai lati per evitare che gli elefanti cadessero in mare.

Il brano in questione, però, non esiste: leggendo l'intera opera di Strabone, non se ne trova alcuna traccia. Com'è quindi possibile che le parole del geografo siano riportate in tanti articoli? Si tratta, con ogni probabilità, di un errore, forse voluto, forse no, di qualche autore, a partire dal quale il brano è stato poi riprodotto molte volte, in un passaparola senza controllo.

Le uniche vere fonti

Esistono, tuttavia, due fonti antiche che effettivamente menzionano il passaggio degli elefanti attraverso lo Stretto, sia pure in maniera sommaria e non molto chiara. Plinio il vecchio, vissuto nel I secolo d.C. e morto nel corso dell’eruzione del Vesuvio dell'anno 79, accenna velocemente alla vicenda nella Naturalis Historia (Storia naturale), in un capitolo dedicato agli elefanti, anche se propone una spiegazione differente da quella falsa di Strabone:

"Nell'anno 502 [dalla fondazione di Roma] furono catturati ai Cartaginesi con la vittoria del pontefice L. Metello in Sicilia. Erano 142, o 120 secondo altri, e furono trasportati su zattere che aveva fissato su file unite di botti (più propriamente dolii)".

Sesto Giulio Frontino, contemporaneo di Plinio, menziona l’episodio in modo sommario nel libro Stratagemata, dedicato agli stratagemmi militari:

"Cecilio Metello, poiché non aveva navi con cui trasportare gli elefanti, legò delle botti e sopra di esse posizionò delle tavole e così fece attraversare loro lo Stretto di Sicilia".

Le fonti, come si vede, sono molto poco precise e non parlano di passerella (il passo di Frontino potrebbe più facilmente associarsi alle zattere menzionate da Plinio). Inoltre, i due testi sono successivi agli eventi di circa tre secoli, il che rende problematica la loro attendibilità. Del resto le principali fonti sulla prima guerra punica, come le Storie dell’autore greco Polibio, cronologicamente più vicine agli eventi, non menzionano l’episodio. Non è possibile, pertanto, conoscere i dettagli della vicenda e confermarne l’autenticità.

Possiamo però porci un'altra domanda: sul piano tecnico, sarebbe stato possibile costruire un ponte galleggiante sullo stretto di Messina?

Scontro navale tra le navi di Roma e di Cartagine
Scontro navale tra le navi di Roma e di Cartagine

I ponti galleggianti nel mondo antico

Già diversi secoli prima delle guerre puniche, numerose civiltà erano in grado di costruire ponti galleggianti, in genere fatti con barche coperte da una passerella. Per esempio, lo storico greco Erodoto racconta che il re persiano Dario fece costruire un ponte di barche sullo stretto del Bosforo (presso l’attuale Istanbul) per trasportare il suo esercito in Tracia nel VI secolo a.C.. Poco più tardi suo figlio Serse, diventato re e impegnato in un attacco alle città-stato greche, ordinò la costruzione di un'analoga passerella sull’Ellesponto (oggi noto come stretto dei Dardanelli). L’imperatore romano Caligola, dal canto suo, nell’anno 37 d.C. fece costruire un ponte galleggiante tra le località di Baia e Pozzuoli, in Campania.

Pertanto, costruire un ponte di barche sullo stretto di Messina sarebbe stato tecnicamente possibile. Lo stretto è oggi largo circa 3,2km, all’incirca le stesse dimensioni del tratto di mare tra Baia e Pozzuoli, e anticamente la distanza era ancora più ridotta (livello del mare più basso e vicinanza maggiore tra la penisola e la Sicilia).

Soldati romani su un ponte di barche in un rilievo del II secolo d.C.
Soldati romani su un ponte di barche in un rilievo del II secolo d.C.
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