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Avrete sicuramente sentito parlare di test del DNA nei telegiornali, nelle serie TV crime o nei film polizieschi. Spesso, quando un caso di omicidio sembra irrisolvibile, la prova che rimuove ogni dubbio è proprio il DNA. Questo test viene utilizzato dalla metà degli anni '80 in medicina legale e nei tribunali come prova scientifica per identificare un individuo con precisione. Le tracce biologiche raccolte sulla scena del crimine, come sangue, saliva, sperma o capelli, diventano elementi chiave per le indagini. La genetica forense, una disciplina nata nel 1986 con un caso di omicidio in Inghilterra, viene utilizzata anche per stabilire legami di parentela, identificare vittime di disastri o risolvere casi di persone scomparse. L'analisi del DNA è uno strumento che ha rivoluzionato la giustizia e la medicina legale. Ma come funzionano i test del DNA?
Le procedure preliminari per fare il test del DNA
Prima di addentrarsi nelle complesse analisi di laboratorio, viene effettuata una sorta di "indagine preliminare" sulla scena del crimine o sul reperto in esame da parte della polizia scientifica. Questo passaggio cruciale consiste in un'attenta osservazione per valutare la tipologia e la qualità del materiale biologico presente. Si tratta di capire se la traccia possa effettivamente fornire un profilo utilizzabile, ricorrendo a test specifici e strumenti come lampade forensi o il luminol. Solo dopo questa valutazione iniziale, si procede con l'analisi del DNA, che si articola in fasi cruciali:
- Estrazione: il DNA viene isolato dal campione biologico tramite tecniche come resine magnetiche o membrane di silice, eliminando le impurità.
- Quantificazione: si misura la quantità di DNA estratto per ottimizzare la successiva amplificazione.
- Amplificazione: il DNA di interesse viene moltiplicato tramite la PCR (Reazione a catena della polimerasi) per creare copie sufficienti per le analisi successive. La PCR "fotocopia" in modo mirato un tratto specifico di DNA, moltiplicandolo rapidamente per ottenere miliardi di copie.
Come funziona un test del DNA e come fa a scoprire l'impronta genetica di un individuo
Ogni individuo possiede un profilo genetico unico, noto come "impronta genetica", con l'eccezione dei gemelli monozigoti, che condividono lo stesso DNA poiché derivano da un singolo zigote (l'ovulo fecondato). Il nostro DNA è costituito da sequenze di basi azotate, i "mattoncini" della vita, disposte in un ordine specifico e identificate dalle lettere A, T, C e G. Sebbene il 99,9% del DNA umano sia identico tra le persone, le minime variazioni presenti in alcune zone del genoma, l'insieme del patrimonio genetico, sono sufficienti a distinguere un individuo dall'altro, rendendo ognuno di noi unico.
Ma come facciamo a sapere dov'è quello 0,1% del genoma che varia da individuo a individuo e quindi permette l'identificazione? Qui ci viene incontro il genetista Alec John Jeffreys, che a metà degli anni '80 scoprì proprio queste regioni, chiamate polimorfismi. Senza il suo lavoro identificare una persona dal suo DNA sarebbe come trovare un ago in un pagliaio. ma grazie alla sua scoperta e agli sviluppi tecnologici successivi gli scienziati sanno perfettamente dove andare a cercare queste regioni di DNA altamente variabili da persona a persona.
In particolare, all'interno dei polimorfismi esistono sequenze molto brevi di basi azotate (A, T, C, G) che che si ripetono un certo numero di volte e per questo si chiamano Short Tandem Repeats (STR) o microsatelliti. Per esempio, un STR in un determinato cromosoma può avere la sequenza TCAT ripetuta 15 volte. Ora, le sequenze in sé non variano da individuo a individuo, ma il numero di ripetizioni sì. Quindi una persona può avere la sequenza TCAT ripetuta 15 volte, ma un'altra può averla ripetuta 12 o 18 volte. Possiamo immaginare un STR come una "collana di perle" in cui ogni "perla" rappresenta una sequenza di basi azotate. Ogni persona ha le stesse “collane” ma di lunghezza diversa, e la combinazione di lunghezze è unica e specifica per quella singola persona.
Come si fa un test del DNA: l'elettroforesi capillare
La tecnica più comunemente utilizzata è l'elettroforesi capillare, dove gli STR amplificati tramite PCR vengono separati in un capillare riempito di gel, in base alla loro dimensione (lunghezza), e visualizzati tramite fluorescenza. Sistemi di sequenziamento automatizzati permettono di "leggere" queste sequenze e determinare il numero di ripetizioni all'interno di ciascun STR, generando un elettroferogramma che rappresenta le lunghezze degli STR. Parallelamente, tecnologie avanzate come il Next Generation Sequencing stanno emergendo, offrendo maggiore sensibilità e la capacità di analizzare un numero maggiore di marcatori contemporaneamente, aprendo nuove frontiere per le indagini forensi.

La cosa importante a questo punto è avere le "letture" di quanti più STR possibili. Infatti se uno specifico STR nel DNA che stiamo testando ha lo stesso numero di ripetizioni che ha quello stesso STR nel campione biologico con cui stiamo confrontando il DNA in esame, questo non è sufficiente per affermare che i due campioni di DNA appartengono alla stessa persona. Però più sono gli STR che possiamo confrontare più questo margine di dubbio si riduce. Per esempio, l'FBI adotta uno standard che analizza 13 specifiche regioni del DNA, chiamate loci STR, in cui le sequenze ripetute di lettere variano da 5 a oltre 30 unità. L'analisi di questi 13 marcatori fornisce una probabilità estremamente bassa, compresa tra 1 su 10 miliardi e 1 su un miliardo di miliardi, che due individui abbiano lo stesso profilo genetico. In pratica parliamo della certezza completa.
Grazie ai progressi nelle analisi statistiche e nella raccolta dati, i profili genetici sono oggi considerati prove altamente affidabili, pur rimanendo la possibilità di errori dovuti a dati incompleti o errori umani.
Il Progetto Innocenza e il ribaltamento delle indagini
Un esempio concreto preso da un'indagine reale riguarda Earl Washington un afroamericano ingiustamente condannato a morte nel 1984 in Virginia, USA, per stupro e omicidio. All'epoca, i test del DNA non erano ancora utilizzati come prova giudiziaria, e Washington trascorse oltre 17 anni in prigione. Grazie all'intervento dell'organizzazione no-profit Innocence Project, fondata nel 1992 che si dedica a scagionare persone condannate ingiustamente, negli anni '90 furono condotte analisi STR sui campioni di sperma ritrovati sulla vittima confrontandoli con il profilo genetico di Washington e con quello di Kenneth Tinsley, già condannato per altri crimini.
La comparazione dei profili STR rivelò che il DNA trovato sulla vittima corrispondeva perfettamente a quello di Tinsley, dimostrando la sua colpevolezza e l'innocenza di Washington. Nello specifico, i risultati mostrarono che Earl Washington aveva i seguenti valori STR: STR 1 (16, 18), STR 2 (14, 15), STR 3 (11, 12). Invece, i campioni sul corpo della vittima e quelli di Kenneth Tinsley avevano lo stesso numero di ripetizioni e combaciavano alla perfezione con questi valori: STR 1 (17, 19), STR 2 (13, 16), STR 3 (12, 12). Questo caso, e molti altri risolti dal Progetto Innocenza, dimostra come l'analisi STR possa ribaltare sentenze errate, ristabilendo la verità e la giustizia.