La polizia scientifica è un corpo della Polizia di Stato specializzato in tutte quelle investigazioni che fanno uso di fisica, chimica e biologia a supporto delle investigazioni “classiche” su crimini e reati. Per esempio, nel 2010, diciassette anni dopo la scomparsa della giovane ragazza Elisa Claps, venne identificato l'omicida grazie alle analisi della polizia scientifica sulle tracce di sangue e saliva rivenute sulla maglietta della vittima.
In questo articolo, vediamo cosa fanno sul luogo del crimine i RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche), che hanno il compito di individuare reperti e analizzarli in laboratorio.
La messa in sicurezza del luogo del crimine
Isolare e preservare il luogo del reato è la prima cosa da fare.
Il personale autorizzato ad accedere alla scena del crimine, deve vestirsi con appositi guanti, calzari, mascherine e con le iconiche tute bianche. Questo non solo per evitare di inquinare la scena, ma anche per proteggere se stessi da eventuali infezioni o contagi.
Possibilmente ci si deve muovere seguendo sempre lo stesso percorso e dopo aver delimitato la scena del crimine.
Può sembrare semplice e scontato, ma basta un oggetto o un capello che casca inavvertitamente durante l’analisi, per rallentare o per compromettere le indagini.
L'analisi della scena del crimine
A questo punto, si procede con il lavoro di osservazione della scena e documentazione.
In realtà, in questa fase, non ci sono vere e proprie linee guida, ma ci si affida all’esperienza dei professionisti.
In linea generale, si analizza dapprima la scena nella sua interezza, per poi scendere nel particolare, con l’ispezione ad esempio di cestini, cassonetti, cassetti. Tutto dev’essere documentato da foto e video, e per farlo si procede fotografando dall’alto verso il basso, da destra a sinistra e dal generale al particolare.
Quali reperti vanno raccolti?
Un’analisi attenta della scena del crimine è fondamentale per procedere con la raccolta dei reperti e per scovare tutte le tracce.
Ma cos’è che viene considerato un reperto? Non si può certo prendere qualsiasi oggetto presente sulla scena, senza nessuna logica.
Ebbene, una traccia fisica è considerata qualsiasi oggetto che permette di ricostruire la scena del crimine oppure che dimostra o smentisce una testimonianza. Anche in questo caso, sembra facile, ma non lo è e la scelta è a discrezione del personale investigativo.
Nel caso del delitto di Meredith Kercher ad esempio, fu emblematica la vicenda del reggiseno della vittima, che venne inizialmente lasciato sulla scena e poi repertato solo 47 giorni dopo l’omicidio. Ma a quel punto il campione risultava parzialmente contaminato.
Rendere visibile l'invisibile: il luminol
Impronte digitali, sangue, capelli sono tracce che possono dare informazioni cruciali ai fini investigativi, se confrontate con un campione di un presunto indiziato.
Ma come fanno ad essere individuate? Per quanto riguarda le tracce di sangue, da cui si può risalire al DNA, ci sono diversi metodi per la rilevazione.
Il più utilizzato è il luminol, che ha un’importante caratteristica: è chemiluminescente, ovvero dopo una determinata reazione chimica emette luce bluastra.
Quindi la reazione chimica che si scatena mettendo il luminol a contatto con dell'acqua ossigenata è la seguente: l'acqua ossigenata, in presenza di ferro contenuto nel sangue, si trasforma in acqua e ossigeno. L'ossigeno quindi reagisce con il luminol, rendendolo luminescente.
Il ritrovamento di un capello può essere importante per effettuare una comparazione con un campione prelevato dal sospettato. L’osservazione del capello al microscopio è un’operazione certosina: si osserva il fusto, la forma, il colore.
Mentre l’analisi del capello può dare informazioni su un presunto avvelenamento o sull’assunzione di droghe del proprietario del capello.
I laboratori forensi
L’ultimo passaggio è il trasferimento delle tracce raccolte in un laboratorio forense, per svolgere le analisi.
Tendenzialmente, si cerca di portare in laboratorio solo lo stretto necessario ed è molto importante la cosiddetta “catena di custodia”, ovvero bisogna registrare tutti i passaggi che il reperto affronta fino all’arrivo del laboratorio, annotando chi è entrato in contatto con le prove.
Questo è, in breve, quello che fa la polizia scientifica, che si avvale di diverse tipologie di scienziati, come i grafologi, che analizzano la calligrafia, i geologi forensi, che studiano l’ambiente esterno in cui è avvenuto un crimine, oppure i consulenti informatici, per le analisi su strumenti tecnologici.