
Nell’ultima stagione di Stranger Things succede una cosa interessante: la serie smette, almeno in parte, di giocare solo con il fantasy e prova a mettere ordine nella propria mitologia. Il Sottosopra non è più soltanto una dimensione parallela oscura come avevamo immaginato nelle prime stagioni, ma qualcosa di più preciso, di più strutturato. Ed è qui che entra in gioco un concetto tanto affascinante quanto complicato: il wormhole. A un certo punto uno dei personaggi – il grande Dustin Henderson, quello che nella serie rappresenta la curiosità scientifica – arriva a una conclusione chiave: il Sottosopra non è un universo parallelo nel senso classico. Non è un mondo “accanto” al nostro che esiste da solo. È piuttosto un ponte, una sorta di scorciatoia che collega due realtà diverse. Ed è esattamente così che, in fisica teorica, vengono immaginati i wormhole. Nella realtà scientifica, questi oggetti nascono da una delle teorie più importanti del Novecento: la relatività generale. Nel 1935 venne fuori una soluzione matematica molto particolare: un “ponte” nello spazio-tempo capace di collegare due regioni lontanissime dell’Universo. Non un tunnel scavato nello spazio, ma una vera e propria piegatura dello spazio-tempo, spesso rappresentata come una clessidra, con due imbocchi – un buco nero in ingresso e un “buco bianco” in uscita – e una gola centrale.

L’idea è questa: se lo spazio-tempo può curvarsi, allora in linea di principio potrebbe anche “ripiegarsi” su se stesso. E invece di percorrere una distanza enorme, potresti attraversare una distanza molto più corta passando attraverso il ponte.
Non stai andando più veloce della luce. Stai semplicemente prendendo una scorciatoia.

Ed è qui che Stranger Things fa una scelta narrativa interessante: il Sottosopra non è la destinazione finale, ma il tunnel stesso. Il passaggio. La struttura di collegamento. Dall’altra parte, infatti, c’è un’altra dimensione vera e propria – chiamata Abisso – da cui provengono le creature come i demogorgoni e lo stesso Vecna. Il Sottosopra, quindi, non è “un altro mondo”: è il mezzo che li collega al nostro.
C’è però un enorme problema, sia nella serie sia nella fisica reale: i wormhole non stanno in piedi da soli. Secondo le equazioni, un wormhole sarebbe estremamente instabile. La curvatura dello spazio-tempo nella sua “gola” è così estrema che la gravità tenderebbe a farlo collassare su se stesso in una frazione di secondo, schiacciando qualunque cosa provi ad attraversarlo. Per tenerlo aperto servirebbe qualcosa di molto particolare, qualcosa che faccia l’opposto della gravità. Ed è qui che entra in scena la materia esotica, citata esplicitamente anche nella serie.
Non si tratta di magia, ma di un’ipotesi teorica: una forma di materia con energia negativa, capace di esercitare una pressione verso l’esterno, una sorta di “gravità repulsiva” che impedirebbe al tunnel di chiudersi. Il problema è che, almeno per ora, non sappiamo se una cosa del genere esista davvero. Non l’abbiamo mai osservata, non sappiamo come produrla e non è detto che l’Universo permetta davvero condizioni simili su larga scala. Esistono anche modelli teorici che provano a immaginare wormhole stabili senza materia esotica, ma siamo ancora nel campo delle congetture matematiche.

Quindi, cosa c’è di "vero" nei wormhole di Stranger Things? L’idea di fondo – un ponte spazio-temporale, una scorciatoia cosmica, una struttura che non è un mondo ma un collegamento – è scientificamente plausibile a livello teorico. Tutto il resto, dalla stabilità alla possibilità di attraversarli, resta per ora fantascienza. Ed è qui che Stranger Things colpisce nel segno: non racconta “la scienza vera”, ma prende idee che la scienza considera abbastanza serie da studiare e le trasforma in mitologia pop.
E quando una serie riesce a far parlare milioni di persone di relatività, spazio-tempo ed energia negativa senza usare una sola formula, sta facendo qualcosa di straordinario!
Il muro del Sottosopra di Stranger Things spiegato
Quel muro gigantesco, gelatinoso, viscido, sgradevole che i personaggi incontrano nel Sottosopra non è un ostacolo messo lì a caso; e dietro non c'é Vecna. Quel muro rappresenta le pareti, della "clessidra", del ponte che unisce i due mondi, visti dal suo interno. Nel momento in cui i personaggi si trovano nel Sottosopra, infatti, si trovano dentro il ponte del wormhole. E come ogni tunnel, anche questo ha dei confini. Tutto ciò che circonda il Sottosopra è delimitato da quel muro e tenuto insieme dalla sfera di energia.

Il Sottosopra non è uno spazio infinito, ma un luogo chiuso, contenuto, tenuto aperto, come detto poco fa, da quella che la serie chiama materia esotica: l’elemento che impedisce al tunnel di collassare su se stesso e che rende possibile l’esistenza stessa del ponte.
Chi ha concepito i wormhole nella Scienza "vera"?
Dal punto di vista scientifico, i wormhole nascono come un’idea puramente teorica. Nel 1935, Albert Einstein e Nathan Rosen mostrarono che le equazioni della Relatività Generale ammettono soluzioni particolari in cui due regioni distanti dello spazio-tempo possono essere collegate da un “ponte”: quelli che oggi chiamiamo ponti di Einstein–Rosen.

All’epoca non si parlava ancora di viaggi nel tempo o di attraversamenti: era un risultato matematico, non un’ipotesi "fanta-ingegneristica". Il termine wormhole, però, arrivò più tardi. Fu il fisico John Archibald Wheeler a coniarlo nel 1957, per descrivere in modo intuitivo questi tunnel spazio-temporali: come se lo spazio fosse una mela e un verme scavasse una scorciatoia da una parte all’altra (facendo meno strada). E, volendo essere ancora più precisi, un’idea embrionale di strutture simili compare già nel 1916, quando il fisico Ludwig Flamm individuò una prima soluzione delle equazioni di Einstein che anticipava concettualmente la geometria dei wormhole, anche se senza attribuirle il significato che avrebbe assunto negli anni successivi.
Come nella maggior parte dei film e delle opere di fantascienza, anche per Stranger Things la scienza è la musa ispiratrice.