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25 Novembre 2024
12:09

Dal Big Bang ai buchi neri: cosa abbiamo scoperto sul nostro universo grazie alla Relatività Generale

La teoria della Relatività Generale di Albert Einstein ha aperto le porte alla comprensione dell'universo: senza di essa non avremmo scoperto Big Bang, buchi neri, lenti gravitazionali e onde gravitazionali. Ha avuto anche un impatto nella nostra vita di tutti i giorni: è essenziale infatti per la tecnologia GPS.

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Dal Big Bang ai buchi neri: cosa abbiamo scoperto sul nostro universo grazie alla Relatività Generale
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Credits: Abell 370 from NASA/ESA, Einstein from Wikimedia Commons.

Il 25 novembre 1915 Albert Einstein presentò all'Accademia Prussiana delle Scienze la teoria della Relatività Generale, uno dei pinnacoli della storia della scienza che rivoluzionò per sempre il nostro modo di concepire l'Universo. La Relatività Generale è una teoria della gravità, e si basa sull'idea che questa non sia una forza che si manifesta in maniera instantanea tra corpi, ma piuttosto un effetto della curvatura del tessuto dello spazio-tempo generata da tutti i corpi dotati di massa. Più un corpo è massiccio, più lo spazio-tempo viene “curvato”, mentre in assenza di masse risulta “piatto”.

La Relatività Generale fu confermata sperimentalmente nel 1919 grazie all'esperimento di Eddington, e col tempo ha resistito a sempre nuovi e più stringenti test di validità. Grazie alla Relatività Generale abbiamo compreso che l'Universo è in espansione e che ha avuto un inizio con il Big Bang. Ma non solo: grazie a questa teoria oggi sappiamo i corpi dotati di massa possono emettere onde di gravità, che la curvatura dello spazio-tempo devia la luce e che una massa può essere così grande e densa da piegare lo spazio-tempo fino a non far sfuggire nemmeno la luce, creando i cosiddetti buchi neri. Ma la Relatività Generale ha anche applicazioni quotidiane, la più nota della quali sono i sistemi di navigazione GPS.

Il Big Bang e l'espansione dell'Universo

La Relatività Generale è il fondamento delle moderne teorie cosmologiche. Nel 1929 l'astronomo Edwin Hubble scoprì che le galassie lontane si stanno allontanando da noi a una velocità proporzionale alla loro distanza. Essendo la gravità una forza attrattiva, nel contesto di un universo statico questa osservazione era inspiegabile. La Relatività Generale fornisce invece una spiegazione: non sono le galassie a muoversi, ma il tessuto dello spazio-tempo dell'Universo che è in espansione e le galassie ne vengono trascinate con esso.

Grazie alla Relatività Generale e altre prove sperimentali – come la radiazione cosmica di fondo – abbiamo quindi anche compreso che l'Universo primordiale doveva essere estremamente piccolo, caldo e denso. Da qui nacque l'idea che l'Universo abbia avuto un inizio: il Big Bang (letteralmente “Grande Scoppio”), avvenuto circa 13,8 miliardi di anni fa e che diede il via all'espansione cosmica.

I buchi neri

La predizione dell'esistenza dei buchi neri segue di un solo anno la pubblicazione della teoria della Relatività Generale. Nel 1916, il matematico Karl Schwarzschild, durante il servizio militare sul fronte orientale russo nella prima guerra mondiale, trovò una particolare soluzione delle equazioni della Relatività Generale che in determinate condizioni prevedeva la presenza di buchi neri statici.

I buchi neri sono oggetti celesti la cui massa, concentrata in un raggio di poche decine di km per i buchi neri stellari, è tale da deformare lo spazio-tempo a tal punto da non lasciar sfuggire nulla al suo campo gravitazionale, nemmeno la luce, da cui il nome. Questa regione "a senso unico", che chiamiamo buco nero, è delimitata da una “superficie di non ritorno” chiamata orizzonte degli eventi.

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Immagine dell’ombra dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio M87* ottenuta utilizzando i radiotelescopi dell’Event Horizon Telescope. Credits: EHT Consortium.

Tecnicamente, ogni corpo dotato di massa, se compresso a sufficienza, può trasformarsi in buco nero. La massa del nostro Sole, per esempio, dovrebbe essere compressa in una sfera di raggio 2,95 km per trasformarsi in un buco nero. L'enorme compattazione genera un campo gravitazionale tale da impedire a ogni tipo di informazione di attraversare l'orizzonte degli eventi dall'interno verso l'esterno.

La teoria Newtoniana della gravità non prevede l'esistenza dei buchi neri ed è solo grazie alla formulazione della Relatività Generale e al suo concetto di deformazione dello spazio-tempo a opera di una massa che siamo a conoscenza dell'esistenza di questi misteriosi oggetti cosmici.

Le lenti gravitazionali

Uno degli effetti più peculiari predetti dalla Relatività Generale è quello del lensing o lente gravitazionale. Dal momento che corpi dotati di massa deformano lo spazio-tempo e la luce è obbligata a seguire la curvatura dello spazio-tempo, allora anche il cammino della luce può essere deviato dai corpi massicci. La luce quindi non si muoverà più in linea retta, ma la traiettoria curverà seguendo la deformazione spazio-temporale.

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L’effetto di una lente gravitazionale è concettualmente simile a quello di un vetro curvo che devia la luce che lo attraversa. Credits: Luca Tortorelli.

Affinché l'effetto sia eclatante però c'è bisogno di qualcosa di veramente massiccio, come una galassia o un ammasso di galassie che agiscono come una lente, "piegando" i raggi di luce e deformandone la traiettoria. L'effetto risultante è che gli oggetti che si trovano dietro la lente vengono distorti nella forma ed amplificati nella luminosità.

Il lensing gravitazionale fu proprio l'effetto sfruttato da Sir Arthur Eddington per provare sperimentalmente la Relatività Generale nel 1919, quando durante una eclissi di Sole l'astronomo notò come la posizione delle stelle veniva modificata dal campo gravitazionale solare. Oggi, attraverso il lensing gravitazionale, gli astronomi sono in grado di ricostruire la distribuzione di materia negli ammassi di galassie, strutture consistenti di centinaia o migliaia di galassie orbitanti sotto le mutue attrazioni gravitazionali, e la distribuzione di materia oscura nel cosmo.

Lensing gravitazionale
Una galassia ellittica (al centro) agisce come lente gravitazionale che deforma l’immagine di una galassia più lontana andando a creare una sorta di anello attorno alla “lente”. Credit: ESA/Hubble & NASA

Le onde gravitazionali

Nel 2015 gli scienziati hanno rilevato per la prima volta nella storia le onde gravitazionali, increspature dello spazio-tempo la cui esistenza fu una delle prime predizioni della teoria della Relatività Generale. Albert Einstein si rese subito conto che la sua teoria implicava l'esistenza di onde di gravità che si muovono alla velocità della luce generate dai corpi dotati di massa (non a simmetria sferica) in accelerazione, proprio come nell'elettromagnetismo una carica elettrica accelerata emette radiazioni elettromagnetiche.

In principio ogni corpo dotato di massa, anche noi stessi, accelerando siamo in grado di emettere onde gravitazionale. Purtroppo però le accelerazioni e le masse in gioco sono così piccole da renderne la rilevazione impossibile. La tecnologia astronomica attuale ci permette solamente di rilevare le onde gravitazionali generate dagli eventi più estremi, ma anche più affascinanti, che il cosmo ha da offrirci, ovvero la fusione di due stelle di neutroni, due buchi neri o una stella di neutroni e un buco nero.

Le onde gravitazionali possono essere immaginate come increspature dello spazio-tempo che modificano le distanze spazio-temporali tra i costituenti della materia e ne causano compressioni e dilatazioni. Esse interagiscono debolmente con la materia viaggiando indisturbate anche per miliardi di anni-luce, permettendoci di sondare le aree più remote del cosmo.

Le onde gravitazionali sono una delle più importanti predizioni della Relatività Generale perchè ci permettono finalmente di studiare fenomeni inaccessibili ad uno studio basato puramente sulla radiazione elettromagnetica, ad esempio come la Relatività Generale si comporta nelle condizioni di campo forte, cioè in presenza di oggetti che distorcono in maniera incredibile lo spazio-tempo, come i buchi neri.

I sistemi GPS

Il GPS è l'acronimo inglese di Global Positioning System ed è il più famoso sistema satellitare globale di navigazione, costituito da circa 31 satelliti in orbita attorno alla Terra. Grazie al GPS è possibile localizzare e scoprire la posizione esatta di un luogo, di una persona o di un oggetto attraverso la triangolazione dei dati, ovvero il calcolo della distanza del ricevitore (ad esempio il nostro cellulare) da quattro o più satelliti.

Sebbene di per se il GPS sfrutta della semplice geometria per calcolare la posizione del ricevitore, in realtà esso sarebbe del tutto inutile se non conoscessimo la Relatività Generale. I satelliti e il ricevente infatti sperimentano due campi gravitazionali di intensità diversa, per cui il tempo segnato da un orologio a Terra e uno sul satellite scorrono in maniera diversa per dilatazione temporale. In particolare, più forte è il campo gravitazionale più il tempo scorre lentamente se misurato da un osservatore esterno, come i satelliti GPS.

Gli orologi sui satelliti GPS scorrono quindi più velocemente di quelli a Terra, di un ammontare pari a circa 38 microsecondi al giorno. Queste correzioni relativistiche vengono impiegate quando si effettuano le triangolazioni. Senza di esse, i GPS calcolerebbero posizioni che accumulerebbero errori di circa 10 km al giorno, rendendoli quindi inutilizzabili a tutti gli effetti.

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