;)
Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno nella base militare USA di Anchorage, in Alaska, venerdì 15 agosto con l'obiettivo principale di avviare un ipotetico piano per arrivare a una tregua per la guerra in Ucraina, in cui si combatte dal 2014, quando le truppe russe occuparono illegalmente la penisola di Crimea e favorirono la proclamazione delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk (nella regione del Donbass). Al meeting, di cui si parlerà anche di dazi e sanzioni, non sarà presente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Attualmente la Russia controlla il 19% del territorio ucraino, contando la Crimea annessa illegalmente e gli oblast di Donetsk, Luhansk (occupato quasi interamente), Zaporizhzhya e Kherson. Secondo i calcoli degli analisti, a eccezione di Luhansk, il 30% degli altri tre oblast sono ancora contesi tra le forze in campo. Da questa situazione sul campo si muove l'incontro tra Trump e Putin: al momento non si conoscono quali sono i piani né della delegazione statunitense né di quella russa, anche se Trump ha già accennato alla possibilità che tra Russia e Ucraina si potrebbe arrivare a un accordo per il cessate il fuoco anche grazie allo scambio di alcuni territori (anche se Trump non ha chiarito di quali si tratterebbe).
Basse aspettative sul vertice Trump-Putin in Alaska: i motivi dello scetticismo
L'intera iniziativa diplomatica di Trump è accolta con grande scetticismo da molti osservatori, con il sospetto che Putin abbia accettato l'incontro solo per prendere tempo ed evitare lo scadere dell'ultimatum statunitense e l'arrivo delle sanzioni economiche minacciate da Trump. In effetti, il conto alla rovescia sembra essersi congelato in attesa del vertice in Alaska.
Questo timore è ormai filtrato anche nell'amministrazione statunitense. Secondo la testata Politico, per esempio, la Casa Bianca starebbe «moderando le aspettative in vista del vertice di venerdì tra i presidenti Donald Trump e Vladimir Putin, presentandolo come un passo verso una soluzione pacifica alla guerra in Ucraina ed evitando promesse di cessate il fuoco o qualsiasi altro tipo di accordo importante. L'obiettivo, ha detto un funzionario della Casa Bianca, è che Trump valuti semplicemente Putin, scopra se il leader russo è serio e lavori per un incontro trilaterale con il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky».
Le conseguenze politiche e militari per l'Ucraina di un'ipotetica cessione del Donbass alla Russia
Tra le cause dello scetticismo diffuso, nonostante i canonici toni trionfali di Trump, c'è il fatto che la leadership ucraina non vuole e non può accettare la cessione dei suoi territori per numerosi motivi. Prima di tutto, la stessa costituzione del Paese impedisce al suo governo di violarne l'unità territoriale cedendone delle parti. Restando sul piano politico, secondo recenti sondaggi più del 70% degli ucraini non sosterrebbe un accordo che preveda la cessione di parti del territorio nazionale, percentuale che è ancora più altra all'interno delle Forze armate, in particolare tra gli ufficiali. Anche per questo, pur in crisi di consensi, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha comunicato con decisione il suo rifiuto a priori di qualsiasi scambio di territori con la Russia.
La cessione dei territori è anche fuori discussione sul piano prettamente militare, in particolare per quanto riguarda l'oblast di Donetsk. Qui si trova quella che è stata soprannominata la cintura fortezza, un linea di difesa che corre lungo quattro centri abitati principali e intensamente industrializzati (Slovyansk, Kramatorsk, Druzhkivka e Kostyantynivka) connessi dall'autostrada H-20 Kostyantynivka-Slovyansk. Rinforzata con una spesa di decine di milioni di dollari, questa serie di fortificazioni impedisce la conquista totale dell'oblast di Donetsk sin dal 2014. Cedere questo territorio priverebbe l'Ucraina di un elemento fondamentale per la sua difesa futura, anche se una tregua venisse effettivamente dichiarata. È evidente che l'impegno russo a mantenere gli accordi diplomatici non basti a convincere Kiev che non verranno violati nel breve periodo, non appena la macchina militare ed economica russa si sarà ripresa dai combattimenti più intensi degli ultimi anni.

È in gioco anche la sopravvivenza economica dell'Ucraina
Oltre alle ragioni politiche, simboliche e militari, cedere le regioni contese o già occupate dai russi sarebbe per l'Ucraina un grave compromesso anche dal punto di vista economico. Per esempio, il Donbass (ossia la regione formata principalmente dagli oblast di Donetsk e Luhansk) è uno dei bacini minerari più ricchi di tutta l'Europa, con grandi riserve di carbone e soprattutto di minerali come manganese, titanio, uranio, grafite e caolino – una roccia sedimentaria composta principalmente da caolinite e con usi in molteplici settori industriali. Proprio questa ricchezza di materie prime ha anche permesso al Donbass di diventare una delle regioni più densamente industrializzate dell'ex Unione Sovietica e la più importante per l'Ucraina indipendente, almeno fino al 2014. Cederla in maniera definitiva significherebbe ridurre di molto le capacità produttive del Paese sul medio e lungo periodo, sorvolando sulle necessarie spese per la ricostruzione dopo oltre dieci anni di conflitto.
Diversa è la situazione per la regione di Kherson, l'oblast che confina a sud con la Crimea e che da secoli contribuisce in maniera sostanziale a rendere l'Ucraina uno dei maggiori produttori cerealicoli del mondo. Perdere questo oblast significherebbe anche rinunciare a uno dei bacini idrici più importanti del Paese. Secondo i dati raccolti da Rai News, infatti, «Kherson con la foce del Dnipro è il bacino idroelettrico più importante del Paese. Basti pensare che il collasso della centrale idroelettrica di Kakhovka nel 2024 ha di fatto lasciato senza acqua il 94% dei sistemi di irrigazione a Kherson, il 74% a Zaporizhzhya e il 30% nella regione di Dnipropetrovsk».
