In seguito a un report della CNN, si sta parlando molto dell'Islanda e della possibilità di produrre energia geotermica "illimitata" sfruttando il magma presente a circa 2 km di profondità. L'argomento è più che mai attuale dopo la creazione di un nuovo vulcano nella penisola di Reykjanes dopo circa 800 anni di inattività con svariate eruzioni vulcaniche a cavallo tra il 2023 e il 2024. A oggi infatti la geotermia in Islanda copre il 25% circa del fabbisogno energetico del Paese: questo è possibile grazie alla presenza di magma a una profondità relativamente ridotta, capace di generare intensi campi geotermici sfruttabili per la produzione di energia elettrica. Nella maggior parte dei casi queste centrali però non sfruttano il calore diretto del magma: si tratterebbe di un'operazione estremamente complicata, sia tecnicamente che dal punto di vista della sicurezza. Qui entra in gioco il progetto Krafla Magma Testbed: si tratta di un progetto ambizioso che però, per evitare fraintendimenti, andrebbe ridimensionato e contestualizzato meglio per comprendere la sua effettiva utilità.
Il progetto islandese per ricavare l’energia geotermica dal magma: come avverranno le perforazioni
L'obiettivo primario di questo ambizioso gruppo di ricercatori è quello di studiare il magma in modo diretto, mentre si trova ancora all'interno della camera magmatica: questo ci permetterebbe di ottenere un'enorme quantità di dati che, in futuro, potrebbero aiutarci a comprendere e prevedere meglio le eruzioni vulcaniche. Per farlo è necessario realizzare uno scavo profondo circa 2 km, così da arrivare nella porzione di suolo appena superiore alla camera magmatica. A quel punto si inserisce un tubo in acciaio, lo si cementa, e al suo interno viene fatta scorrere una sonda con vari sensori che sarà calata fino alla camera magmatica vera e propria.
Se questi esperimenti dovessero avere esito positivo, le stesse tecnologie potrebbero essere utilizzate anche in campo geotermico per la produzione di energia: un impianto profondo di questo tipo permetterebbe di ottenere una quantità stimata di energia 10 volte superiore rispetto a uno convenzionale, permettendo di realizzare meno pozzi. Inoltre, un eventuale successo di questo progetto potrebbe aprire la strada a impianti analoghi in altre aree vulcaniche del mondo, come Hawaii, Kenya e Italia.
Le sfide nella produzione di energia geotermica dai vulcani
Il fatto che un'impianto industriale di questo tipo non sia ancora entrato in funzione su larga scala è legato principalmente a difficoltà di carattere tecnico: parliamo ad esempio dei materiali di perforazione che devono essere in grado di operare in contesti di elevate temperature e pressioni, oltre al fatto che fluidi e gas potrebbero facilmente alterarli e corroderli. Ricordiamo poi che le aree vulcaniche sono spesso sismiche e che in contesti del genere è possibile che un'eruzione non solo distrugga l'impianto ma possa anche mettere in pericolo di vita chi ci lavora.
Insomma, si tratta di sfide ben altro che banali. Ma anche ipotizzando di riuscire a trovare una soluzione tecnica per superarle, va comunque tenuto a mente che questi impianti servirebbero principalmente per produrre energia a livello locale: non dobbiamo pensare a un gigantesco impianto capace di alimentare un'intera nazione. Questo fraintendimento potrebbe nascere dall'uso improprio del termine "energia illimitata": se è vero che una camera magmatica potrebbe fornire più energia di quella che effettivamente potremmo mai sfruttare (anche se non illimitata), allo stesso tempo dobbiamo considerare che ogni impianto ha dei limiti tecnici oltre i quali non si può andare.
In definitiva, questi impianti non vanno pensati come la soluzione definitiva ai problemi energetici globali, bensì come un utile alleato capace di produrre energia a zero emissioni, contribuendo in modo significativo alla transizione energetica.