Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 1944 in Basilicata si verificò il disastro ferroviario di Balvano, il più grave nella storia italiana e uno tra i peggiori al mondo per numero di vittime. Quella notte il treno trasportava molti più passeggeri del previsto e, purtroppo, dopo essersi bloccato all'interno di un tunnel, rilasciò così tanti fumi da avvelenare con il monossido di carbonio ben 501 persone – anche se fonti non ufficiali parlano di valori superiori a 600. Ma cosa accadde esattamente?
Il treno con 600 passeggeri
Il mezzo coinvolto nell'incidente è il treno merci 8017, partito da Napoli e diretto a Potenza. Trattandosi di un treno per il trasporto di carichi non avrebbe dovuto trasportare passeggeri ma nel dopoguerra questa era una pratica piuttosto frequente, visto che molte persone ridotte alla stregua della fame andavano in Basilicata per acquistare beni di prima necessità al mercato nero.
Le forze dell'ordine ovviamente cercavano di limitare questa pratica, ma ciononostante quella sera a bordo erano presenti clandestinamente circa 600 persone.
Dopo aver lasciato Napoli il mezzo raggiunse Battipaglia, dove venne aggiunta una seconda locomotiva e altri 24 carri: questo fu un problema perché, così facendo, si superò il massimo trainabile sulla linea. Questo limite non era legato solo alla potenza delle locomotive ma anche a un discorso di sicurezza legato alla scarsa circolazione d'aria all'interno delle gallerie presenti lungo il percorso: la tragedia si svolgerà proprio all'interno di una di queste.
Le cause dell'incidente
Il tunnel incriminato è la Galleria delle Armi posta tra la stazione di Balvano e Bella-Muro. In quella notte senza vento il treno iniziò ad attraversare il tunnel ma la presenza di foschia inumidì i binari: questo, unito all'eccessivo carico e alla pendenza elevata della tratta, causò il blocco del convoglio, con soli due vagoni già fuori dalla galleria.
Si cercò invano di far sforzare le locomotive per riprendere la marcia, producendo però grandi quantità di fumo che iniziarono ad invadere tutta la galleria: il personale iniziò a perdere conoscenza e così anche la maggior parte dei passeggeri presenti a bordo. Vista l'assenza quasi totale di circolazione d'aria, quasi tutti i presenti morirono asfissiati dal monossido di carbonio.
Si salvarono solamente due persone: il fuochista Luigi Ronga e il frenatore Giuseppe De Venuto.
Le responsabilità della tragedia
A dispetto di quello che potremmo pensare, all'epoca la commissione parlamentare non rilevò alcuna responsabilità per l’accaduto e decretò che l'incidente fu causato da:
una combinazione di cause materiali, quali densa nebbia, foschia atmosferica, mancanza completa di vento, che non ha mantenuto la naturale ventilazione della galleria, rotaie umide, ecc., cause che malauguratamente si sono presentate tutte insieme e in rapida successione. Il treno si è fermato a causa del fatto che scivolava sulle rotaie e il personale delle macchine era stato sopraffatto dall’avvelenamento prodotto dal gas, prima che avesse potuto agire per condurre il treno fuori del tunnel. A causa della presenza dell’acido carbonico, straordinariamente velenoso, si è prodotta l’asfissia dei passeggeri clandestini. L’azione di questo gas è così rapida, che la tragedia è avvenuta prima che alcun soccorso dall’esterno potesse essere portato.
Dal momento che nessuno venne ritenuto colpevole, le famiglie delle vittime minacciarono di denunciare le Ferrovie dello Stato: per evitare di avere ulteriori problemi legali il Ministero del Tesoro nei 15 anni successivi emise un risarcimento alle famiglie come se si trattasse di vittime di guerra.