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Pierre Picaud era un calzolaio di Nîmes la cui storia sembra riecheggiare quella di Edmond Dantés, protagonista di Il Conte di Montecristo, celebre romanzo di Alexandre Dumàs, ambientato tra il 1815 e il 1838 tra Italia e Francia. Ed è proprio l’autore a raccontarci della sua vita e di come lo abbia ispirato nella stesura della sua opera, successivamente adattata in una serie TV trasmessa su Rai 1. Dumas infatti non ci risparmia i retroscena dietro le sue opere e racconta nelle "Causeries" che, nel 1842, era stato incaricato da Girolamo Bonaparte di accompagnare il figlio all'isola d'Elba dalla quale, durante una battuta di caccia, il romanziere vide l'isola di Montecristo, situata a circa 45 km a sud, ripromettendosi di inserire la località all'interno di un futuro romanzo. Pare inoltre, che dopo le insistenze degli editori Béthume e Plon, avendo letto le Mémoires tirés des archives de la police de Paris, l'autore si lasciò ispirare dal capitolo intitolato Il diamante della vendetta nella stesura di un romanzo ambientato nella città di Parigi, Il Conte di Montecristo. Protagonista dello scritto che aveva mosso la fantasia di Dumas era proprio Pierre Picaud.
La vita di Pierre Picaud
Pierre Picaud, chiamato anche François Picaud, è stato un calzolaio francese, noto per la sua carriera criminale. Nel 1807, il nativo di Nîmes viveva accanto alla sua fidanzata, la ricca Marguerite Vigoroux, ormai vicino ad una vita migliore ottenuta grazie al matrimonio. Tuttavia, la sua fortuna attirò l’invidia di tre uomini – Solari, Chaubart e Mathieu Loupian – che, mossi da gelosia, lo accusarono ingiustamente di essere una spia assoldata dall’Inghilterra, principale nemica della Francia napoleonica: a causa di queste false accuse, Picaud fu arrestato e condotto nella prigione del forte di Fenestrelle, nei pressi di Torino.

Durante gli anni di prigionia Picaud riuscì a ricavare un tunnel che lo portò fino alla cella di un sacerdote italiano, padre Torri, che gli rivelò un segreto incredibile: l’esistenza di un tesoro nascosto a Milano. Liberato dopo la disfatta di Napoleone, Picaud si recò in città, trovò il tesoro e assunse l’identità di Joseph Lucher. Tornato in Francia poi, diede inizio ad una terribile vendetta contro i suoi nemici, infliggendo loro morte e rovina: pugnalò Chaubart, rovinò la famiglia di Loupian dando sua figlia in sposa ad un galeotto e facendo arrestare il figlio con l'accusa di rapina, avvelenò Solari e, infine, uccise Loupian stesso. Lucher architettò il suo piano in modo da far si che le vittime quasi aspettassero il suo arrivo, ogni morte infatti era accompagnata da un biglietto sul quale c'era scritto progressivamente "Numero uno/due/tre". La fine di Picaud arriva inaspettatamente per mano di Allut, che riconosce la vendetta celata dietro quelle morti, lo rapisce e lo uccide. Allut parte poi per l'Inghilterra e, nel 1828, in punto di morte racconta tutto al confessore, autorizzandolo a parlarne con la polizia francese dopo la sua morte: è così che la vicenda entra a far parte delle "Mémoires" lette da Dumas.
Picaud o Pastorel, i retroscena sulle fonti della storia
Alexandre Dumas dichiara di aver ricavato la storia del calzolaio da diverse fonti: innanzitutto dalla testimonianza di un amico di Picaud, Antoine Allut, che era a conoscenza dell'ingiustizia che Picaud aveva subito ma non aveva fatto nulla per salvarlo, e che aveva confidato la storia in punto di morte a un prete francese, padre Madeleine che, colpito dalla vicenda, l'aveva messa poi per iscritto e il testo era stato archiviato dalla polizia di Parigi; e dai "Mémoires tirés des archives de la police de Paris", un'opera pubblicata postuma nel 1838, da Jacques Peuchet, che conterrebbe la storia raccontata da Allut. Tuttavia, alcuni storici hanno messo in discussione l’affidabilità di questa fonte, suggerendo che i "Mémoires" siano opera di Étienne-Léon de Lamothe-Langon, romanziere e falsario francese, e che Picaud sia una versione romanzata di un altro criminale, Gaspard-Étienne Pastorel.
La vendetta che divenne leggenda
Sia Edmond Dantès che Pierre Picaud sono protagonisti di storie di vendetta, ma mentre Dantès, pur portando a termine il suo piano, arriva a perdonare alcuni dei suoi nemici, Picaud non perdona nessuno. La sua vendetta è più crudele e intransigente, senza spazio per la misericordia, a differenza di Dantès che, alla fine, riconosce l'importanza del perdono come via di redenzione. La figura di Pierre Picaud è un intricato intreccio di realtà storica e leggenda. La sua vita, simile a quella di Edmond Dantès, racconta come l’umiliazione e la sofferenza possano trasformarsi in una forza implacabile. Seppure la sua storia possa essere intrecciata a molte altre, una cosa è certa: Pierre Picaud ha segnato la storia della letteratura con la sua vendetta che non conosce pietà.