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24 Novembre 2025
7:00

L’estinzione dei Neanderthal potrebbe dipendere da uno “scambio di geni” con l’Homo sapiens

Un nuovo studio, in via di pubblicazione, mette in discussione le principali teorie sull’estinzione dei Neanderthal, evidenziando come lo scambio del gene Piezo1 con l’Homo sapiens potrebbe aver decimato le popolazioni dei Neanderthal in poche migliaia di anni.

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L’estinzione dei Neanderthal potrebbe dipendere da uno “scambio di geni” con l’Homo sapiens
neanderthal variante genetica

Che cosa abbia determinato l’estinzione dell’uomo di Neanderthal resta uno degli enigmi più affascinanti della storia dell’evoluzione umana. Un recente studio, pubblicato in forma di preprint dall’Università di Zurigo e non ancora sottoposto a peer review, cioè ancora in fase di revisione da parte della comunità scientifica, ha individuato il possibile responsabile in uno “scambio genico” poco favorevole con l’Homo sapiens, l'uomo moderno, avvenuto quando le due specie di homo entrarono in contatto circa 45.000-50.000 anni fa. Secondo i ricercatori, l’introduzione nei Neanderthal di una variante del gene Piezo1 (che regola il metabolismo dei globuli rossi) tipica dei sapiens, potrebbe aver provocato problemi di infertilità e di sopravvivenza prenatale nei Neanderthal, accelerando il declino di gruppi già indeboliti da carestie e guerre con l’emergente Homo sapiens e conducendo alla loro scomparsa nell’arco di poche migliaia di anni.

Durante l’evoluzione Piezo1 si è differenziato in due varianti

I ricercatori svizzeri hanno posto sul banco degli imputati il gene Piezo1, un gene cruciale per il corretto funzionamento dei globuli rossi, che regola la loro affinità per l’ossigeno.

Nel corso dell’evoluzione, questo gene si sarebbe differenziato in due varianti: una “neanderthaliana” (chiamata V1) e una tipica dell’Homo sapiens (chiamata V2), diverse tra loro per un unico amminoacido all’interno di una proteina di circa 2.500 residui. Una differenza piccolissima, ma sufficiente a modificare in maniera sostanziale le proprietà di Piezo1. Nella sua forma “neanderthaliana” (V1), infatti, la proteina mostra una maggiore affinità per l’ossigeno, un vantaggio evolutivo che potrebbe aver aiutato i Neanderthal a sopravvivere ai lunghi periodi di freddo e carestia dell’Eurasia pleistocenica, regolando il metabolismo e la termoregolazione in modo simile ai mammiferi che vanno in letargo. Questo adattamento non si rivelò più necessario per l’uomo moderno, abituato a climi più miti, che evolse così una variante di Piezo1 (V2) responsabile della formazione di globuli rossi diversi, con minore affinità per l’ossigeno.

Una “barriera riproduttiva” dietro l’estinzione: l’effetto della variante di Piezo1

Sappiamo che quando gli uomini moderni e i Neanderthal si incontrarono, le due popolazioni si incrociarono, “mescolando” i propri geni. Per i Neanderthal, però, quell’incontro potrebbe essere stato una vera e propria bomba a orologeria, i cui effetti negativi si manifestarono lentamente, un po’ come una piccola perdita d’acqua che, goccia a goccia, col tempo arriva a provocare seri danni strutturali. Ma come è possibile?

Quando i primi Neanderthal (con il gene V1) e gli uomini moderni (con il gene V2) si incrociarono, entrambi trasferirono alla prole una copia della loro variante di Piezo1, generando una prima generazione con entrambe le copie gene, detta eterozigote (V1V2). Una volta tornati nelle popolazioni d’origine, questi individui ibridi portarono con sé la variante moderna, che iniziò a diffondersi lentamente tra i piccoli gruppi di Neanderthal.

È possibile che proprio questo evento abbia segnato l’inizio del declino dei Neanderthal, come la caduta del primo tassello di un lungo domino che, una generazione dopo l’altra, portò lentamente al loro definitivo tramonto. Durante la gravidanza, infatti, una madre portatrice di una copia del gene V1, ad alta affinità per l’ossigeno, che portava in grembo un feto con due copie dell’ormai diffuso gene “moderno” V2, a bassa affinità, non riusciva a trasmettere in modo efficiente l’ossigeno ai propri piccoli, trattenuto come una calamita nel circolo sanguigno materno, aumentando i casi di mortalità prenatale e di infertilità.

Nelle popolazioni di umani moderni, molto più numerose e caratterizzate da un maggiore mescolamento genetico, questo meccanismo non sortì grossi effetti, diluendosi lentamente nel tempo fino a scomparire per effetto della selezione naturale. Per i Neanderthal, invece, ridotti ormai in gruppi piccoli e isolati, la diffusione divenne rapida e capillare generazione dopo generazione, compromettendo nel tempo la loro capacità riproduttiva e contribuendo, in poche migliaia di anni, alla loro estinzione.

Perché è una scoperta importante

Sebbene possa sembrare difficile da immaginare, per lungo tempo non siamo stati l’unica specie umana a popolare la Terra. Così come oggi coesistono diverse specie di felini, come il leone e la tigre, in passato il nostro pianeta ospitava più specie umane, tra cui l’uomo di Neanderthal e l'Homo sapiens, che condivisero per millenni i vasti territori dell’Eurasia.

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Estensione dell’area occupata dai Neanderthal e dai Sapiens nel corso del tempo. L’areale dell’Homo sapiens è colorato in grigio scuro, mentre quello dell’uomo di Neanderthal in grigio chiaro. I numeri indicano la distanza temporale stimata in numero di generazioni trascorse. Credit: Mathias Currat, Laurent Excoffier, CC BY 2.5, via Wikimedia Commons

Le ragioni per cui Homo sapiens sia diventato l’unica specie di uomo in vita sulla Terra restano oggetto di dibattito e sono difficili da ricostruire basandosi soltanto sui reperti fossili. Per molto tempo, le teorie più accreditate hanno attribuito la scomparsa dei Neanderthal a cambiamenti climatici, carestie e, soprattutto, a conflitti violenti con i sapiens.

Sebbene non abbia ancora superato il processo di revisione, questo studio propone un'interessante prospettiva diversa, mettendo in primo piano non solo scontri e guerre intestine, ma soprattutto lo scambio di materiale genetico avvenuto in seguito all’incrocio con gli umani moderni. Un incontro fatale che non ebbe effetti immediati, ma che contribuì a erodere lentamente la popolazione neanderthaliana fino alla sua completa estinzione, dopo circa 200.000 anni sul nostro pianeta. La scoperta di questi meccanismi potrebbe non solo contribuire a riscrivere una pagina fondamentale dell’evoluzione umana, gettando nuova luce su meccanismi di speciazione ancora poco studiati, ma avere anche importanti implicazioni per la medicina moderna, poiché alcune forme di infertilità ancora inspiegate potrebbero derivare da processi simili a quelli individuati nel gene Piezo1

Questa teoria potrebbe inoltre chiarire perché oggi nel nostro genoma sia presente pochissimo DNA di origine neanderthaliana, a eccezione di una piccola percentuale, circa l’1-2%, che rappresenta l'unico ricordo dell’ultimo incontro avvenuto con una specie umana diversa dalla nostra.

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