0 risultati
video suggerito
video suggerito
24 Febbraio 2025
19:40

L’incidente della Thyssenkrupp di Torino e le lunghe battaglie legali

Un violento incendio causò la morte di 7 lavoratori dell'acciaieria Thyssenkrupp di Torino la notte del 6 dicembre 2007: tra le principali cause, i mancati investimenti nella sicurezza di un impianto destinato alla dismissione.

341 condivisioni
L’incidente della Thyssenkrupp di Torino e le lunghe battaglie legali
Thyssenkrpp incendio Torino

L'incendio all'acciaieria Thyssenkrupp di Torino, avvenuto nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007,  fu un grave disastro sul lavoro che causò la morte di 7 operai. Il lungo iter processuale ha individuato come causa principale dell'incidente l'incuranza e lo scarso investimento in sicurezza, dovute al progressivo smantellamento del sito produttivo destinato alla chiusura, ma che in quel momento era ancora in piena attività. Il tremendo incendio costò la vita a 7 degli 8 operai presenti nell'area quella notte. Se i fatti furono accertati rapidamente dalle autorità, non si può dire altrettanto delle responsabilità all'interno dell'azienda. Solo nove anni dopo, con una sentenza di Cassazione, scattarono i primi arresti per gli imputati residenti in Italia, e solamente nel 2023 anche l'amministratore delegato Harald Espenhahn, cittadino tedesco, ha cominciato a scontare la sua pena in regime di semi-libertà.

L'ex stabilimento Thyssenkrupp di Torino è ora di proprietà di Arvedi Ast, che ha avviato un progetto di bonifica. Nonostante gli interventi per migliorare la sicurezza e ridurre l'inquinamento, l'area è ancora contaminata, in particolare dal cromo esavalente, una sostanza cancerogena. Per migliorare la situazione, il Consiglio Comunale ha approvato un progetto per trasformare l'area in un parco pubblico, mirando alla riqualificazione dell'area e al miglioramento dell'ambiente circostante.

Lo stato dell’acciaieria Thyssenkrupp di Torino nel 2007

Lo stabilimento Thyssenkrupp di Torino, un complesso industriale alla periferia della città e nelle vicinanze del grande Parco della Pellerina, negli anni 2000 attraversò una crisi dovuta alla volontà dell'azienda di dismettere progressivamente la produzione di laminati in acciaio.

Immagine
Immagine satellitare da Google Maps dello stabilimento dell’ex acciaieria Thyssenkrupp di Torino. Credit: Google Maps.

L'intenzione di chiudere l'impianto e trasferire altrove i macchinari portò l'azienda a ridurre gli investimenti sul sito di Torino, compresi quelli per l'installazione di impianti di sicurezza come la presenza di estintori automatici lungo tutta la linea produttiva. Eppure, questo intervento era anche stato consigliato dai consulenti della compagnia assicuratrice, in seguito a episodi di minore entità avvenuti in altri stabilimenti della multinazionale tedesca, ma il consiglio rimase inascoltato.

Anche la manutenzione degli impianti esistenti, come evidenziato dalle indagini successive, era precaria: le tubazioni dell'olio in pressione, necessario al funzionamento dei macchinari, non erano sottoposti a regolare ispezione. Al momento dell'incidente,  gli indicatori di corretto posizionamento dei nastri di acciaio lungo la linea non funzionavano, e la formazione degli operatori risultava scarsa rispetto ai rischi delle lavorazioni.

Cosa è successo alla Thyssenkrupp di Torino e le cause dell’incidente

Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, un terribile incendio colpì lo stabilimento torinese dell'acciaieria Thyssenkrupp, provocando la morte di sette operai. È una delle più gravi catastrofi sul posto di lavoro della storia recente. Le aree dove avvenne l'incidente furono l'area  di ricottura e decapaggio (ossia di pulizia) dei nastri in acciaio: posta a 3 metri di altezza da terra, riceveva l'acciaio avvolto in bobine e intriso di olio. Il metallo era protetto da uno strato di carta per separare le spire del nastro: questo strato veniva poi rimosso per le successive lavorazioni, e l'olio veniva raccolto per gocciolamento, prima della stesura del nastro di acciaio. Il tempo di gocciolamento era però insufficiente, fattore che favoriva la caduta di olio sul pavimento. Nell'area di lavoro, veniva trascurata anche la rimozione della carta dalla zona, a causa della scarsa formazione del personale e dell'insufficienza dei controlli.

Nella notte del 5 dicembre, la linea era stata temporaneamente fermata per manutenzione e veniva comandata in maniera manuale dagli operatori: in particolare, era stato disattivato il controllo automatico del centraggio del nastro di acciaio, necessario per evitare lo sfregamento del metallo lungo la linea e il conseguente innesco di scintille.

scintille acciaieria

Al momento della ripresa delle attività, il controllo del centraggio rimase in modalità manuale: la spia indicatrice di errato posizionamento del nastro era fulminata e gli operatori non si accorsero quindi della dimenticanza. Le scintille dovute allo sfregamento del nastro appiccarono un primo incendio di modesta entità ai materiali di scarto (carta e olio) presenti al di sotto della linea. Gli 8 operai dell'area cercarono di spegnerlo accorrendo sul posto con estintori, vista l'assenza di un impianto automatico in grado di fermare le fiamme sul nascere.

L'incendio però coinvolse una delle tubazioni di olio in pressione dei macchinari: un flessibile in gomma, esposto a lungo al calore del piccolo incendio, si ruppe con conseguente nebulizzazione (formazione di piccole gocce in aria) dell'olio. Fu proprio questa "nebbia" di olio, finemente mescolata all'ossigeno dell'aria, a causare il cosiddetto "flash fire", una nube di fuoco che si espanse immediatamente per 12 metri investendo gli operai impegnati con gli estintori.

Le fiamme si diffusero e furono domate solo dopo un lungo intervento dei Vigili del Fuoco, accorsi immediatamente dal Comando cittadino di Corso Regina Margherita 330, praticamente confinante con lo stabilimento. Purtroppo però, per gli operai il destino era già segnato: le gravi ustioni causarono la morte sul posto di uno di loro e successivamente di altri sei colleghi, dopo giorni e settimane di lotta negli ospedali della città. Solo uno di loro, Antonio Boccuzzi, riuscì a salvarsi riportando ustioni al viso e la testimonianza diretta degli orrori vissuti.

Thyssenkrupp Torino tragedia

L’incidente della ThyssenKrupp di Torino: processo e condanne

La tragedia scosse l'opinione pubblica, nonostante le morti sul lavoro siano purtroppo una realtà quasi quotidiana nel nostro Paese. I rilievi degli inquirenti accertarono le cause dell'incidente e lo stato dell'impianto, ma la definizione delle responsabilità fu un percorso più complesso.

Nei diversi gradi di giudizio sono stati valutate le decisioni di responsabili, amministratori locali e della dirigenza, fino ad arrivare alla figura dell'amministratore delegato dell'epoca Harald Espenhahn.

Immagine
La manifestazione del 10 dicembre 2007: in prima fila parenti delle vittime e l’unico superstite, Antonio Boccuzzi, con il volto segnato dalle ustioni. Credit: Gianfranco Goria, Flickr, CC BY NC ND 2.0.

L'accusa iniziale di omicidio volontario fu ridotta ad omicidio colposo, nonostante le proteste delle parti civili.  Questa interpretazione è stata confermata dalla sentenza della Corte di Cassazione, arrivata 9 anni dopo, con pene tra i 6 e gli 8 anni scattate per quattro imputati italiani il 29 maggio 2015.

Per i due imputati tedeschi le richieste di condanna hanno dovuto subire un ulteriore passaggio, per essere recepite dalla giustizia estera: per l'AD Espenhahn le manette sono infine scattate il 10 agosto 2023, a più di 16 anni dall'incidente, ma in regime di semi-libertà (carcere solo nelle ore notturne, con permessi lavorativi) e con una pena ridotta dai 9 anni richiesti dai PM italiani ai 5 anni, limite massimo previsto dalla legge tedesca per questo tipo di reato.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views