Un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato e solo in Italia questa perdita vale ben 9 miliardi di euro all’anno. Ma perché gettiamo via così tanto cibo? Cerchiamo di fare chiarezza sul problema dello spreco alimentare in Italia e vediamo in che modo possiamo contribuire a risolvere questa situazione.
Cosa si intende per "spreco alimentare"?
Non esiste una definizione univoca di spreco alimentare ma solitamente con questo termine ci si riferisce a tutto quel cibo ancora commestibile che viene gettato nella spazzatura o, in alternativa, al cibo che sarebbe ancora commestibile se non ce lo fossimo dimenticati nel frigorifero, facendolo scadere. La maggior parte del cibo che viene sprecato in Italia proviene dalle nostre case: se andiamo a guardare i dati, vediamo che il 42% degli sprechi totali è di origine domestica, mentre quelli della ristorazione sono il 14% e quelli della distribuzione – quindi della vendita – appena il 5%. La grande fetta che resta è un 39% legato alla produzione.
Spreco domestico
Le nostre case sono la principale fonte di spreco alimentare e si stima che ogni cittadino sprechi circa 524,1 g di cibo alla settimana. Se preferite vedere questo numero in un altro modo, parliamo di 1000 container di cibo sprecato ogni settimana solo in Italia. Attenzione: si parla di una stima basata su un campione rappresentativo di popolazione, ed essendo una media ovviamente ci sarà chi non butta via quasi nulla e chi magari supera il kg di spreco, purtroppo. Quindi non prendiamolo come dato esatto al 100% ma come buona approssimazione per capire l’ordine di grandezza.
Per la maggior parte il cibo sprecato è frutta, insalata, pane fresco e verdure, e il motivo per cui li sprechiamo – spesso – è che ce li dimentichiamo in frigo, facendoli andare a male. Oppure calcoliamo male quanto cibo comprare, o gettiamo gli avanzi per non doverli mangiare il giorno dopo. Insomma, ci sono tante motivazioni, ma ruotano più o meno tutte intorno a questi concetti.
Spreco nella produzione
La seconda grande fonte di spreco è quella legata alla produzione del cibo. In questa fetta rientra la raccolta di prodotti agricoli, l’allevamento e la macellazione di bestiame, la lavorazione dei prodotti e tutti i problemi tecnici che possono avvenire in queste fasi. Questo forse è uno tra i settori più difficili da abbattere ed è un modo estremamente ampio, proprio perché ciascun prodotto ha una propria filiera e quindi, i propri scarti.
Spreco nei ristoranti
Per quanto riguarda i ristoranti, il 51% circa degli sprechi è legato al consumo, cioè al cibo che avanziamo nel piatto e che viene gettato via. A seguire poi ci sono un 25% circa di sprechi durante la preparazione e un altro 25% di prodotti che vanno a male in magazzino. Per abbattere questa fetta una tra le soluzioni più semplici e facili da adottare è quella di usare più doggy bag, cioè quelle scatole che ci permettono di portarci il cibo avanzato a casa. Sembra banale ma al momento sono usate solamente dal 15% circa da chi va nei ristoranti. Tutto il resto viene gettato nella spazzatura.
Spreco nei supermercati
Chiudiamo le fonti di spreco parlando dei supermercati che, come abbiamo visto, sono paradossalmente una tra le fonti meno impattanti in assoluto. In media si parla di circa 43 mila tonnellate di cibo sprecato all’anno da ogni supermercato per un totale annuale di circa 200 mila tonnellate annue. Anche qui, se vogliamo fare un paragone con i container, sono circa 6 mila e 600 container all’anno. Quindi di certo non sono poche, ma sono una fetta molto più piccola rispetto ai 52 mila container dello spreco domestico.
Le conseguenze dello spreco alimentare
Quella che abbiamo visto è la panoramica dello spreco di cibo in Italia. Vista così sembra una situazione disastrosa – e in parte lo è – ma in molti altri Paesi la situazione è ancora peggiore. Infatti se andiamo a vedere lo spreco medio settimanale, la Germania consuma il 32% in più rispetto a noi e gli Stati Uniti addirittura il 98% in più, cioè quasi il doppio di noi. Al contrario ci sono Paesi che fanno meglio di noi, come ad esempio la Francia – con il 6% in meno – o il Giappone con il 46% in meno.
Quindi diciamo che a livello internazionale non siamo messi malissimo, ma comunque abbiamo ancora tanto da fare per migliorare. Anche perché lo spreco è una perdita economica enorme che solo in Italia vale 9 miliardi di euro e nel mondo è attorno ai 700 miliardi. Poi oltre a un danno economico se ne aggiunge anche uno ambientale, visto che di tutte le emissioni di gas climalteranti, l’8-10% circa è legato proprio alla filiera del cibo sprecato. In altre parole, se lo spreco alimentare fosse uno stato, sarebbe il terzo Paese dalle emissioni più alte dopo Stati Uniti e Cina.
Il problema quindi è globale tanto che è entrato nell’Agenda Onu 2030 e l’obiettivo è dimezzarlo entro i prossimi sette anni. Si tratta di una sfida estremamente ambiziosa ma non impossibile. Iniziando a prestare più attenzione alle nostre abitudini infatti possiamo davvero fare la differenza, sia per gli altri che per il nostro portafoglio.