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25 Settembre 2025
8:00

È possibile rivedere i nostri sogni come un film? A che punto è la tecnologia della “macchina dei sogni”

Grazie a risonanza magnetica funzionale e algoritmi di machine learning potrebbe essere possibile ”leggere” gli schemi neuronali registrati nei nostri sogni e associarli a specifiche immagini per ricostruire i nostri sogni.

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È possibile rivedere i nostri sogni come un film? A che punto è la tecnologia della “macchina dei sogni”
macchina dei sogni

Può sembrare fantascienza, ma le neuroscienze stanno sviluppando progetti per ricostruire i sogni usando l'intelligenza artificiale. Queste "macchine dei sogni" – tecnologie per ricostruire le immagini della nostra attività onirica – fanno uso di sofisticati strumenti in grado di misurare con precisione l’attività del cerebrale, uniti a potenti algoritmi di machine learning addestrati per convertire questi dati complessi in immagini che raffigurano il contenuto dei sogni stessi. La prima "macchina dei sogni" risale al 2013: realizzata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Kyoto, il sistema era in grado di produrre dei fotogrammi statici di ciò che i pazienti sognavano. Oggi, nel 2025 uno studio ancora sotto revisione dichiara di aver ricostruito, grazie all’intelligenza artificiale, dei veri e propri filmati in grado di riprodurre la sequenza narrativa dei sogni. Tuttavia, per avere una “macchina dei sogni” domestica è ancora presto: i partecipanti agli studi sono ancora pochissimi e le tecnologie a disposizione ancora limitate.

Come funziona la “macchina dei sogni”: registrarli è (teoricamente) possibile

Registrare e decodificare il contenuto dei nostri sogni, in teoria, non è un’impresa impossibile, ma è certamente molto complesso. I sogni, d’altronde, appartengono a una dimensione così intima e nascosta della mente che spesso sfuggono anche a noi stessi, che li dimentichiamo poco dopo il risveglio. I neuroscienziati, tuttavia, hanno oggi a disposizione macchinari potentissimi, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), in grado di misurare con rigore l’attività cerebrale sia da svegli che durante il sonno, permettendo di scavare a fondo nella mente umana.

Per ricostruire il contenuto di un sogno a partire da una serie complessa di dati e mappe di attivazione cerebrale possiamo sfruttare una proprietà affascinante del mondo onirico: la sua somiglianza con quello reale. Infatti, quando osserviamo qualcosa in sogno (una casa, un amico, o magari un cielo stellato), il nostro cervello si comporta in modo simile a quando osserva gli stessi elementi durante la veglia, attivando aree in parte sovrapposte.

Questo significa che, se registriamo l’attività cerebrale di una persona mentre osserva determinati oggetti o persone quando è sveglia, possiamo ottenere schemi di attivazione neurale altamente specifici. Insomma, sappiamo quali aree  del cervello sono attive quando guardiamo un amico o un bicchiere.

attivazione aree cerebrali sogni
Le scansioni di fMRI consentono di osservare le aree del cervello che si attivano quando osserviamo persone od oggetti specifici. Per esempio, a sinistra le aree che si attivano quando guardiamo un volto, a sinistra, quando guardiamo una casa. Credit: National Institute of Mental Health, Public domain, via Wikimedia Commons

Queste “etichette di attività cerebrale” possono essere poi utilizzate per addestrare algoritmi di machine learning (delle vere e proprie “macchine dei sogni”) a riconoscere gli stessi elementi quando ci appaiono in sogno, convertendoli direttamente nelle immagini corrispondenti. In pratica, insegniamo alla macchina che un determinato schema corrisponde, per esempio, all'immagine del nostro cane: se questo stesso schema si ripropone quando stiamo dormendo, la macchina lo collega direttamente al nostro amico a quattro zampe.

I primi “fotogrammi” dei sogni: un traguardo ottenuto nel 2013

Lo stratagemma appena descritto è stato applicato con successo da un gruppo di ricerca dell’Università di Kyoto, guidato dal neuroscienziato Yukiyasu Kamitani, che per la prima volta nel 2013 è riuscito a scattare dei veri e propri “screenshot” dell’immaginario visivo dei sogni.

I ricercatori si sono concentrati su una fase del sonno chiamata stato ipnagogico, un momento di transizione dalla veglia al sonno in cui i sogni appaiono come immagini vivide, quasi allucinazioni, che possono essere ricordate facilmente al risveglio.

Nello studio, pubblicato sulla nota rivista Science, tre partecipanti sono stati svegliati circa trecento volte ciascuno e invitati a descrivere le scene visive che avevano appena “osservato” in sogno. Per decifrarle, i ricercatori hanno addestrato algoritmi di machine learning a collegare i dati registrati durante il sonno dalle fMRI con i pattern di attività cerebrale raccolti quando gli stessi soggetti osservavano immagini simili da svegli. Grazie a questa sofisticata tecnica, gli scienziati sono a riusciti creare le prime pionieristiche macchine dei sogni: sistemi in grado di registrare fotogrammi statici del contenuto onirico, che corrispondevano con buona probabilità ai racconti dei partecipanti.

Se siete curiosi di vedere come si studia un sogno, il gruppo di Kamitani ha pubblicato su YouTube un video che mostra tutti i delicati e innovativi passaggi del protocollo sperimentale utilizzato nello studio.

Uno studio del 2025 ha provato a trasformare i sogni in filmati

Riuscire a catturare delle “istantanee” dei nostri sogni è già di per sé una rivoluzione tecnologica straordinaria. Tuttavia, è un po’ come dire di aver visto un film basandosi solo sul trailer. D’altronde, spesso i sogni non sono immagini statiche, ma storie vissute in prima persona con una trama e una sequenza narrativa ben precise.

Un team di ricerca giapponese ha provato a fare un passo in più e ha dichiarato di essere riuscito a convertire i sogni in veri e propri filmati. I ricercatori hanno misurato tramite fMRI l’attività cerebrale di tre partecipanti durante circa tre ore e mezza di sonno, confrontandola con un database chiamato Natural Scenes Dataset: un grande archivio di dati che raccoglie oltre 65mila immagini di oggetti e persone, ciascuna associata alla sua “etichetta di attività cerebrale” ottenuta osservando le immagini da svegli.

risonanza magnetica funzionale
Confrontando i dati di fMRI durante il sonno con quelli registrati durante la veglia, già etichettati e collegati a specifiche immagini, sembra possibile ricreare screenshots o filmati dei nostri sogni

Incrociando i dati, un algoritmo di machine learning è riuscito a ricostruire delle sequenze progressive di “fotogrammi” dei sogni dei partecipanti, un po’ come quando si utilizza la modalità “scatto a raffica” di una macchina fotografica.

A quel punto, le immagini sono state affidate a ChatGPT, che ha elaborato una sceneggiatura in prima persona, con una trama coerente, una successione di immagini e un sottofondo sonoro adeguato alla scena. Questa sceneggiatura è stata poi utilizzata per realizzare brevi filmati che riproducevano, con una certa approssimazione, il contenuto dei sogni dei tre partecipanti: dei gattini per il soggetto 1, una discesa in snowboard per il soggetto 2 e delle persone che corrono per il soggetto 3.

I limiti dello studio

Siamo quindi davvero vicini a rivedere i nostri sogni come se fossero film al cinema? Per il momento, bisognerà ancora attendere. L’articolo in questione non ha ancora superato il processo di revisione, lo strumento attraverso cui la comunità scientifica valida la solidità di uno studio e i risultati ottenuti. Inoltre, il campione esaminato è ancora troppo piccolo per trarre delle conclusioni generalizzabili e gli algoritmi utilizzati non ancora abbastanza potenti. Su un totale di cinque sogni analizzati, infatti, due (il 40% del totale) non sono stati decodificabili a causa della loro complessità.

In altre parole, la “macchina dei sogni” non è ancora pronta per arrivare nelle nostre case, ma considerando la velocità con cui corre il progresso, quel momento non è forse poi così lontano.

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