
Tra il 2009 e il 2021 l’Italia ha importato circa 98 000 tonnellate di prodotti derivati da squalo per un valore stimato di 377 milioni di dollari, risultando il terzo Paese al mondo (e il primo nell’Unione europea) per volumi e valore di questo commercio. Nel banco pesce dei supermercati italiani compaiono abitualmente per esempio tranci di verdesca (blue shark), palombo (smooth-hound), smeriglio (shortfin mako), spinarolo (spiny dogfish) e gattuccio (small-spotted catshark).
Queste specie rappresentano solo una piccola frazione delle oltre 500 specie di squali note, ognuna con caratteristiche biologiche e livelli di vulnerabilità differenti. Sebbene la loro vendita sia legale e radicata nella tradizione gastronomica italiana, la pressione di pesca esercitata a livello globale uccide ogni anno circa 100 milioni di squali e razze, spingendo più di un terzo delle specie verso lo stato di minaccia o estinzione.
Da questo contesto è nato Shark Preyed, un documentario realizzato da Marco Spinelli (documentarista e divulgatore ambientale) e suo fratello Andrea Spinelli (biologo marino) proprio su questo tema, con l'obiettivo di riqualificare la figura dello squalo dopo decenni di demonizzazione.

Parlare del commercio di carne di squalo è importante anche perché questi animali sono in cima alla catena alimentare marina: se diminuiscono, tutto l’equilibrio dell’oceano si rompe. Questo può ridurre le popolazioni di altri pesci che mangiamo e perfino influenzare il ruolo del mare nel catturare anidride carbonica.
Per questo serve mostrare chiaramente ai consumatori da dove viene la carne di squalo e in che stato di salute è la specie, usando etichette comprensibili e regole di pesca più rigide. Solo così la vendita può restare legale senza danneggiare l’ambiente, proteggendo questi predatori fondamentali e, di riflesso, anche il nostro futuro.