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5 Ottobre 2025
8:00

Cos’era il monoscopio della RAI, a cosa serviva e come si “legge”

Il monoscopio era un'immagine di test usata per testare la qualità delle trasmissioni TV, usato per decenni nelle fasce della giornata in cui non c'era programmazione. Venne definitvamente abbandonato dalla RAI nel 2012.

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Cos’era il monoscopio della RAI, a cosa serviva e come si “legge”
monoscopio

Il monoscopio è stato per decenni un'immagine fissa trasmessa dalla televisione italiana (e non solo) nei momenti in cui i programmi non erano in onda. Se oggi siamo abituati a un flusso continuo e ininterrotto di trasmissioni, un tempo le cose stavano diversamente. Molti lo associano inevitabilmente agli anni '60 e '70, ma fino a buona parte degli anni '90 accadeva spesso di accendere la TV e trovarsi davanti un reticolo di figure geometriche, cerchi e barre accompagnati da un suono continuo. Quell'immagine non era un semplice “riempitivo”: serviva ai tecnici per controllare la qualità della trasmissione e ai telespettatori per regolare il proprio apparecchio, calibrando luminosità, contrasto e, con l’arrivo del colore, anche la saturazione cromatica. Per essere più precisi, il termine “monoscopio” indica sia l'immagine stessa sia il dispositivo elettronico che la generava.

I primi monoscopi erano molto semplici. Negli anni '30, l'emittente inglese BBC ne sperimentò versioni decisamente rudimentali, che consistevano in uno sfondo chiaro su cui comparivano una circonferenza e una linea retta, entrambe di colore nero. Nel 1939 la RCA rese celebre negli Stati Uniti la cosiddetta “testa d'indiano”: un monoscopio dove capeggiava nella parte superiore dell'immagine un nativo americano.

monoscopio RCA
Monoscopio della RCA. Credit: RCA, via Wikimedia Commons

In Italia la RAI adottò un proprio monoscopio in bianco e nero, personalizzato con numeri e indicazioni del centro di trasmissione. Per generare l'immagine si poteva usare inizialmente una lastra d'alluminio con grafite, inquadrata da una telecamera, oppure cartelli disegnati a mano. Col tempo queste soluzioni artigianali furono sostituite da generatori video elettronici, spesso accompagnati da un tono fisso a 400 o 1000 Hz, utile anche per verificare l'audio. Negli ultimi minuti prima dell'inizio dei programmi, la RAI preferiva invece diffondere brani musicali, in un rituale diventato familiare a milioni di spettatori.

monoscopio RAI
Monoscopio della RAI in bianco e nero.

In un monoscopio nessun dettaglio è lasciato al caso: ogni sezione dell'immagine corrisponde a un test tecnico. Il cerchio centrale veniva usato per verificare la geometria dell'immagine e il corretto funzionamento dei circuiti di deflessione, mentre il reticolo bianco permetteva il controllo della linearità e della convergenza dei pixel. Le barre di colore – introdotte con il sistema PAL negli anni '60 – servivano a testare la fedeltà cromatica. Nella parte inferiore si trovano scale di grigi per regolare luminosità e contrasto, mentre le sequenze a frequenza crescente (multiburst) mostravano la risposta del televisore alle diverse bande: 0,8 MHz; 1,8 MHz; 2,8 MHz; 3,8 MHz e 4,8 MHz. Alcune barre, come quelle laterali, servivano a isolare le componenti del segnale cromatico, mentre la cosiddetta “spillo”, una linea sottile nel campo bianco, rivela eventuali riflessioni o disturbi nella ricezione.

monoscopio colori
Monoscopio della RAI a colori. Credit: Fernando Menichini, via Wikimedia Commons

Con l'avvento delle trasmissioni a colori, della TV privata e infine della programmazione continua, il monoscopio ha perso la sua funzione quotidiana. Negli anni '80 e '90 molte reti locali lo sostituirono con i cosiddetti “rulli notturni”, ossia il palinsesto ripetuto in loop. La RAI lo abbandonò nel 1992, limitandosi a riproporlo mensilmente per prove tecniche, cessate poi nel 2012.

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