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16 Dicembre 2025
7:00

Occhi dipinti sul sedere delle mucche per proteggerle dai predatori: salvano il bestiame?

Possono bastare un pennello e un po’ di pittura per aumentare la sopravvivenza del bestiame? Disegnare due occhi sul posteriore del bestiame per proteggere mucche, pecore e asini dall'attacco dei predatori. Lo studio in Botswana potrebbe essere la soluzione.

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Occhi dipinti sul sedere delle mucche per proteggerle dai predatori: salvano il bestiame?
occhi sul sedere del bestiame
Credit: Ben Yexley/USNW

Dall'Africa meridionale arriva una tecnica piuttosto promettente: dipingere degli occhi finti sui sederi delle mucche per poter ingannare i predatori. Lo studio, pubblicato su Nature e condotto dall'Università del New South Wales in collaborazione con il Taronga Conservation Society Australia e il Botswana Predator Conservation, riporta come questa sorta di “tatuaggio” temporaneo sia riuscito a donare un vantaggio in più ai 2.061 capi di bestiame selezionati, limitando gli attacchi dei predatori e aumentandone la sopravvivenza. La convivenza tra allevatori e grandi predatori rappresenta una delle sfide più complesse nella conservazione della fauna selvatica: proteggere il bestiame e, al tempo stesso, salvaguardare le popolazioni di carnivori spesso vulnerabili. L’uso di strategie non letali e a basso costo diventa quindi prezioso in contesti in cui il benessere delle popolazioni locali dipende dalla sopravvivenza del bestiame.

Come funziona la tecnica dei finti occhi sulle mucche

Mucche, pecore e asini possono fare poco per evitare di essere addentati, gli allevatori non hanno il controllo di tutto, i carnivori devono pur mangiare… ma i ricercatori possono cercare un metodo per venire in aiuto. Nel 2020 è stato pubblicato su Communications biology, che fa parte del portfolio della prestigiosa rivista Nature, uno studio intitolato “Artificial eyespots on cattle reduce predation by large carnivores” che rappresenta la prima evidenza sperimentale di segni visivi artificiali sui mammiferi domestici usati come deterrente efficace contro i grandi carnivori. L’analisi è stata condotta in aree rurali nella regione del delta dell’Okavango (Botswana), in contesti dove il bestiame spesso pascola non sorvegliato ed è quindi soggetto ad attacchi da parte di predatori come leoni (Panthera leo) e leopardi (Panthera pardus).

Di un campione complessivo di 2.061 capi di bestiame adulti distribuiti in 14 mandrie, i ricercatori hanno applicato tre trattamenti: a un terzo dei bovini sono stati disegnati occhi artificiali sul posteriore (gruppo eyespots = ocelli), un altro terzo è stato marcato con delle croci nella stessa zona (gruppo cross-marks) e l’ultimo terzo non è stato marcato (gruppo di controllo). I simboli sono stati dipinti utilizzando stampi, pennelli e pittura direttamente sul pelo degli animali mantenendo un certo standard visivo. Su individui dal pelo chiaro, medio e scuro sono stati applicati colori di contrasto (principalmente bianco e nero) evidenziando il più possibile la forma dell'occhio e le X, rendendo i segni visibili anche a distanza.

occhi dipinti sul bestiame
Nell’immagine i tre gruppi di bestiame analizzati nello studio. a) occhi dipinti; b) segni a croce; c) non marchiati. Credit: Radford, C., McNutt, J.W., Rogers, T. et al. Commun Biol (2020).

L'efficacia e i risultati quattro anni dopo lo studio

Dopo 4 anni di analisi il risultato ottenuto è che nessuno dei 683 bovini con gli occhi dipinti è stato ucciso da predatori durante il periodo di studio. Di contro, sono stati predati 15 individui non marcati su 835 e 4 su 543 marcati con la croce.

Nessuna mucca "con gli occhi" assalita in quattro anni vuol dire trovarsi di fronte a una strategia potenzialmente promettente. Tuttavia, il fatto che anche le mucche con la croce sul fondoschiena avessero una mortalità inferiore rispetto a quelle non marcate suggerisce che non sia solo la forma l’unica cosa importante: appare intuitivo che qualsiasi segno visibile e inusuale potrebbe disturbare o spaventare il predatore, almeno inizialmente, con un effetto generale di “novità”.

Perché gli occhi sono potenziali deterrenti per i predatori

Se foste dei leoni attacchereste la vostra preda sapendo di essere visti? In alcuni casi la discrezione è la migliore strategia di assalto mentre per altri ingannare vuol dire sopravvivere. Convincere i predatori di essere osservati potrebbe metterli nella condizione di desistere. In natura ne abbiamo molti esempi: farfalle, pesci, uccelli e molluschi sono decorati da forme e colori che richiamano musi, corpi ed espressioni che mettono in guardia. In alcuni casi gli organismi possono anche assumere forme ad hoc al momento giusto per apparire ciò che non sono, ovvero delle minacce.

farfalle occhi
Alcune farfalle come la Caligo Idomeneus hanno dei grandi occhi sulle ali, che assomigliano a quelli di un gufo.

Le macchie oculari si sono evolute indipendentemente in molti taxa come segnali anti-predatori, ma non sono presenti in natura nei mammiferi contemporanei. Per comprendere perché questi “tatuaggi” funzionino sulle mandrie, è utile rifarsi ai meccanismi proposti nella letteratura ecologica. In molte specie di insetti, pesci, uccelli e molluschi gli ocelli possono confondere il predatore, facendogli credere che la preda sia vigile, consapevole o minacciosa. Altre volte basta solo creare un diversivo, qualcosa di anomalo o ambiguo perciò che si rinunci all’attacco. Quale sia la risposta giusta rimane un mistero, eppure il fatto che mucche, asini e pecore non sfruttino questo metodo non sembra essere un problema. Mancano gli ocelli? Poco male: ricreare artificialmente questo tratto sembra dare i suoi frutti.

Limiti e considerazioni

Nonostante i buoni risultati bisogna comunque tenere conto che non è stato testato l’effetto sull’intera mandria dipinta (o gran parte di essa), se l’effetto deterrente abbia effetti a lungo termine e se i predatori possano abituarsi a questo nuovo pattern. Non è chiaro inoltre quanto la tecnica sia applicabile in altri contesti: specie predatorie diverse, condizioni ambientali differenti (clima, visibilità, densità del bestiame), o pascoli intensivi con sorveglianza limitata potrebbero dare risultati differenti. C’è poi la questione etica e del benessere animale da tenere in considerazione, specialmente nell’applicazione di questi metodi su larga scala.

Detto ciò, l’idea di “tatuare” temporaneamente le mucche – che all’inizio può suonare bizzarra, quasi “fantascientifica” – sembra avere delle solide basi empiriche. Questo approccio si inserisce nel più ampio repertorio di tecniche non letali per la mitigazione dei conflitti uomo-fauna: è un esempio concreto di “ingegneria comportamentale” applicata alla gestione del bestiame, che può aumentare la tolleranza degli allevatori verso i predatori (spesso fragili e in declino numerico), se opportunamente associata alle buone pratiche di allevamento e benessere degli animali. In un mondo in cui la mortalità dei grandi predatori è in gran parte dovuta a conflitti con l’uomo e le popolazioni hanno bisogno di sussistenza, ogni strumento semplice, efficace e basato sull’evidenza diventa prezioso.

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Nicole Pillepich
Divulgatrice
Credo non esista una parola giusta per definirmi: sono naturalista, ecologa, sognatrice e un po’ artista. Disegno da quando ho memoria e ammiro il mondo con occhio scientifico e una punta di meraviglia. Mi emoziono nel capire come funziona ciò che mi circonda e faccio di tutto per continuare a imparare. Disegno, scrivo e parlo di ciò che amo: natura, animali, botanica e curiosità.
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