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Le giornate si allungano e le temperature si alzano. Perché non approfittarne per una bella passeggiata nella natura? Il forest bathing, letteralmente bagno nelle foreste, ma più semplicemente “passare del tempo nella natura” è una pratica giapponese nata negli anni '80 con il nome di Shinrin-yoku (SY) che in breve si è diffusa anche in Occidente. Secondo alcuni studi, il forest bathing sarebbe un aiuto contro lo stress e un alleato della salute mentale e cardiovascolare. Sebbene alcuni Paesi lo ritengano una parte integrante delle terapie, non c’è ancora un consenso scientifico sul considerare questa pratica un vero e proprio strumento terapeutico. Passeggiare in un bel bosco o su una spiaggia, aiuta però a muoversi di più, cosa fondamentale per la nostra salute, per giunta in ambienti con aria meno inquinata di quella cittadina.
Cos’è il forest bathing
Il forest bathing, nato ufficialmente in Giappone negli anni '80 con il nome di Shinrin-yoku (SY), è una pratica terapeutica basata sulla completa immersione nella natura. La chiave sarebbe fare determinate attività (sport, meditazione, passeggiate), ma in un contesto naturale, lontano dal caos cittadino.

Fu il ministro giapponese per l’agricoltura, le foreste e la pesca a introdurre questo termine e a promuovere i primi grandi studi sull’effetto terapeutico del forest bathing, portando anche all’apertura di alcuni centri forestali terapeutici. Poco dopo, la pratica si diffuse anche in Occidente, con i Paesi scandinavi come apripista nell’implementazione di progetti simili, con la creazione di centri benessere ed esperienze immersive nella natura.
Gli ipotetici effetti benefici del forest bathing
Si dice che il forest bathing rinforzi il sistema immunitario, riduca la pressione nei soggetti ipertesi e i rischi di patologie cardiovascolari; che migliori i sintomi di ansia e depressione e aiuti la funzionalità respiratoria. E che abbia anche un effetto preventivo su queste patologie.
Spulciando un po’ la letteratura scientifica, si trovano moltissimi studi a favore dello Shinrin-yoku, che riportano in effetti una riduzione della pressione arteriosa, un aumento delle cellule Natural Killer (le prime armi del nostro sistema immunitario) e una riduzione del cortisolo (l’ormone dello stress). Si è anche visto che anche solo guardare foto di paesaggi o passare venti minuti al giorno in un contesto naturale, riduce la concentrazione di cortisolo.

I risultati migliori e più duraturi si otterrebbero con la costanza: più spesso andiamo a farci una passeggiata in montagna o al parco, più a lungo dureranno gli effetti positivi. Inoltre, sembra anche che il forest bathing migliori l’attenzione e la concentrazione, rendendoci più capaci di portare a termine compiti complessi dopo una passeggiata nel bosco.
Come può una passeggiata nel verde avere questi effetti e cosa dice la scienza
Una delle spiegazioni si rifà alla teoria del ripristino dell’attenzione (Attention Restoration Theory, ART). Secondo l’ART, il nostro cervello deve costantemente filtrare e ignorare molteplici stimoli provenienti dalla quotidianità della vita cittadina. Questo costante lavoro di inibizione degli stimoli esterni per poter restare concentrati su specifiche attività (come il lavoro), porta ad affaticamento mentale. Secondo l’ART, la natura offre stimoli variegati e diversi, ma relativamente deboli, lasciando la mente libera di ricaricarsi, senza concentrarsi su qualcosa di specifico.
Ma allora basta andare in vacanza! E invece no. Sembra che il beneficio degli ambienti naturali sia maggiore di quelli urbani, anche quando si va in vacanza. La motivazione, sempre secondo l’ART sarebbe legata a una maggiore attivazione del sistema nervoso parasimpatico, responsabile del fisiologico ripristino da situazioni di stress.
Gli effetti benefici del forest bathing sarebbero legati anche alla presenza di alcune molecole volatili ad effetto antinfiammatorio e antiossidante rilasciate dalle piante, come per esempio i terpeni. Nonostante i molti studi a favore, come sempre, dobbiamo aggiungere un “ma”: ci sono pochi partecipanti, raramente vengono presi in considerazione dei gruppi di controllo, non si tiene conto di tutte le altre variabili che potrebbero entrare in gioco… Ed è (per ovvie ragioni) impossibile condurre gli studi in cieco. Insomma, sarebbe difficile impedire ai partecipanti di notare dove si trovano, che sia sulle Alpi, nel proprio ufficio oppure a Times Square!
Il problema forse è sempre lo stesso: tentare di medicalizzare qualsiasi aspetto della nostra vita e cercare il Santo Graal terapeutico.

In realtà, a ben pensarci, passare del tempo nella natura, magari facendo una passeggiata, un giro in bici, meditazione, hiking, qualsiasi cosa vogliate è già un modo per aumentare l’attività fisica, principale alleata della nostra salute cardiovascolare. D’altronde, come ricorda l’OMS “every move counts”, ogni passo conta, tanto meglio se fatto lontano dallo smog cittadino.