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Nei laboratori dell'azienda americana Colossal Laboratories & Biosciences sono nati i topi lanosi caratterizzati da una folta pelliccia con peli lunghi e ondulati per cercare di riportare in vita i mammut. I Woolly Mouse sono stati ottenuti grazie a tecniche di ingegneria genetica nell’ambito della de-estinzione, un processo che mira a riportare in vita specie estinte modificando il DNA di organismi viventi. Colossal Biosciences, con sede a Dallas in Texas, è tra le aziende leader in questo settore e ha investito milioni di dollari in progetti ambiziosi per la de-estinzione del dodo, del mammut lanoso e della tigre della Tasmania. La de-estinzione, o resurrezione biologica, si basa sulla modifica genetica delle cellule di una specie vivente affinché acquisiscano caratteristiche proprie di una specie estinta. Nel caso del mammut lanoso, il progetto mira a ripristinare tratti chiave di questi animali, come il pelo e gli adattamenti al freddo. Lo studio, intitolato Multiplex-edited mice recapitulate woolly mammoth hair phenotypes e guidato dal genetista Rui Chen, è disponibile sulla piattaforma bioRxiv, ma non è ancora stato sottoposto a revisione tra pari per la pubblicazione su una rivista scientifica. I ricercatori hanno utilizzato topi come modelli sperimentali, introducendo mutazioni genetiche, grazie a tecniche avanzate come CRISPR/Cas9, in geni legati alla struttura del pelo, offrendo nuove informazioni per la de-estinzione.
I topi lanosi ricapitolano alcune caratteristiche dei mammut estinti
Il progetto di de-estinzione del mammut lanoso (Mammuthus primigenius) ha l'obiettivo di ripristinare le caratteristiche principali di questi animali, come il pelo lanoso e gli adattamenti agli ambienti freddi. Per farlo, i ricercatori mirano a esprimere specifiche varianti genetiche dei mammut nell'elefante asiatico (Elephas maximus), il loro parente più stretto. Tuttavia, lo studio diretto sugli elefanti è complesso a causa del lungo periodo di gestazione (22 mesi) e di questioni etiche. Per superare questi ostacoli, gli scienziati della Colossal Biosciences hanno utilizzato i topi come organismi modello, grazie al loro ciclo riproduttivo rapido (20 giorni) e alle avanzate tecniche di ingegneria genetica, come il sistema CRISPR/Cas9.
Questa tecnica utilizza una proteina che funziona come una forbice molecolare per tagliare il DNA in punti specifici, guidata da un filamento di RNA che indica dove intervenire. Il complesso proteina-RNA si lega al DNA del topo e lo taglia nel punto desiderato. A quel punto, il segmento di DNA originale può essere rimosso, sostituito o modificato. Ripetendo questo processo per tutte le modifiche necessarie, si ottengono topi con tratti genetici dei mammut, come il pelo lanoso, utili per studiare gli adattamenti genetici di questi animali estinti.
I ricercatori dello studio Multiplex-edited mice recapitulate woolly mammoth hair phenotypes, guidati dal genetista Rui Chen hanno dunque selezionato 7 geni noti per influenzare la struttura e la crescita del pelo del mammut, hanno individuato i geni corrispondenti nel topo e li hanno modificati per ottenere il fenotipo desiderato. I geni scelti sono legati a diversi aspetti del pelo tra cui l'orientamento dei follicoli (Fzd6), la lunghezza e il colore del pelo (Mc1r e Fgf5), il pelo ondulato (Tgm3) e il pelo ruvido e lanoso (Fam83g). Inoltre, è stato modificato il gene Fabp2, coinvolto nel metabolismo lipidico, la cui alterazione nei mammut potrebbe aver contribuito all’adattamento al freddo. Su quest'ultimo aspetto non sono ancora disponibili risultati significativi per comprendere la distribuzione del grasso corporeo e la capacità di vivere in habitat con temperature rigide.

I dubbi sull'impatto dello studio dei topi lanosi sulla de-estinzione dei mammut
Il "Colossal woolly mouse", per il CEO dell’azienda Ben Lamm, rappresenta un'importante pietra miliare nel progetto di de-estinzione del mammut. Lo sviluppo di topi con caratteristiche ispirate ai mammut ha dimostrato la capacità dell'azienda di riprodurre complesse combinazioni genetiche, un processo che in natura ha richiesto milioni di anni. Tuttavia, esperti come Stephan Riesenberg, ricercatore del Max Planck Institute di Lipsia in Germania, sottolineano che questi topi non sono una replica del mammut, ma solo una variante geneticamente modificata, poiché generare un topo con alcune mutazioni non sembra avvicinarsi alla creazione di un mammut vero e proprio. Inoltre, l'assenza di dati sulla tolleranza al freddo, un tratto distintivo dei mammut, lascia ulteriori dubbi sull'impatto significativo dello studio.
Nonostante le osservazioni critiche, il team di Colossal considera i topi un passo fondamentale per testare mutazioni genetiche che potrebbero essere trasferite agli elefanti asiatici fornendo così preziose informazioni sui tratti genetici legati ai mammut. Tuttavia, l'obiettivo di Colossal non è ricreare un mammut identico, ma piuttosto rievocare tratti chiave per riempire le nicchie ecologiche che un tempo occupavano, con l'intento di ripristinare la biodiversità perduta.
I mammut lanosi: caratteristiche e estinzione
Il mammut lanoso (Mammuthus primigenius) era una specie vissuta tra il Pleistocene e l'Olocene in Europa, Asia settentrionale e Nord America e erano strettamente imparentati con gli attuali elefanti asiatici. Era noto per le sue grandi dimensioni, la folta pelliccia e le imponenti zanne ricurve. Raggiungeva un'altezza di 3-3,7 metri e un peso di 5.500-7.300 kg. Il suo mantello era composto da un sottopelo spesso circa 2,5 cm e da lunghi peli marrone scuro che potevano superare i 70 cm. Per resistere al freddo, disponeva di uno strato di grasso isolante spesso fino a 8 cm, di una pelle spessa e di orecchie piccole per ridurre la dispersione di calore. Aveva una gobba sulla schiena che fungeva da riserva di grasso ed energia.
I mammut lanosi prosperarono durante le ere glaciali, ma la perdita del loro habitat a causa del riscaldamento climatico e dalla caccia da parte degli esseri umani contribuì alla loro estinzione, avvenuta circa 10.000 anni fa, sebbene alcune popolazioni siano sopravvissute più a lungo. Abitavano la tundra, un ecosistema ricco di bassi arbusti, carici ed erbe, e si nutrivano di vegetazione erbacea e arbustiva.
Questa specie di mammut è la più conosciuta grazie all’abbondanza di carcasse ben conservate nel permafrost siberiano. Gli avanzamenti nella genetica e nella clonazione hanno permesso agli scienziati di sequenziare il DNA del mammut lanoso, e alcuni ipotizzano che un giorno potrebbe essere possibile riportarlo in vita attraverso la de-estinzione.
