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26 Ottobre 2025
8:00

Perché i CD duravano proprio 74 minuti

Il CD non dura 74 minuti per contenere la Nona di Beethoven, ma per ragioni tecniche e industriali frutto della collaborazione tra Philips e Sony. Ecco la vera storia narrata da un ex ingegnere Philips.

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Perché i CD duravano proprio 74 minuti
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Immagine generata con AI.

Se siete appassionati di musica, e di supporti musicali in modo particolare, forse avrete sentito la storia secondo cui i CD duravano 74 minuti per contenere la Nona Sinfonia di Beethoven. Per decenni si è creduto che il Compact Disc, o CD, avrebbe avuto la durata di 74 minuti perché Norio Ohga, presidente di Sony e appassionato di musica classica, voleva che la Nona Sinfonia di Beethoven — nella sua versione più lunga, quella diretta da Wilhelm Furtwängler nel 1951 — potesse essere ascoltata senza interruzioni su un solo disco. Una storia affascinante, certo, ma non del tutto vera. Le aziende coinvolte, Philips e Sony, avevano esigenze ingegneristiche, logistiche e commerciali che andarono ben oltre la passione di Ohga per Beethoven. È plausibile che la sinfonia abbia avuto un ruolo simbolico nel processo decisionale, ma non fu il vero motivo della durata standard di 74 minuti e del diametro di 12 centimetri. Le ragioni, come vedremo, sono da cercare nella collaborazione tra due colossi dell'elettronica, nei limiti fisici della tecnologia ottica dell'epoca e persino nelle conseguenze pratiche di un incremento di pochi millimetri nel diametro del disco.

Qual è la durata massima di un CD: i minuti

All'inizio degli anni ’70, gli ingegneri di Philips lavoravano su un videodisco da 30 centimetri di diametro capace di contenere un'ora di filmato analogico. Il progetto fu un successo tecnico da una parte, ma un fallimento commerciale dall'altra. Da quell'esperienza nacque però l'idea di adattare la stessa tecnologia per un supporto dedicato solo all'audio digitale. Lou Ottens, direttore tecnico della divisione audio di Philips – per la cronaca, la stessa persona che negli anni ’60 aveva ideato la cassetta compatta – chiese di sviluppare un disco che potesse offrire una qualità sonora superiore rispetto ai vinili e alle cassette. I primi prototipi apparvero nel 1976 e funzionavano bene, ma la questione delle dimensioni restava aperta. Ottens immaginava un disco di 11,5 centimetri, la stessa diagonale di una cassetta audio, pensando che il parallelismo visivo potesse favorire il successo del nuovo formato.

Quando nel 1979 i colossi tecnologici dell'epoca Philips e Sony decisero di collaborare per definire uno standard unico per il “disco audio digitale”, si aprì una fase cruciale di negoziazioni tecniche. Il gruppo congiunto di esperti, riunito più volte tra Eindhoven e Tokyo, doveva stabilire parametri fondamentali: la qualità del suono, il codice di correzione degli errori (cioè il sistema matematico che avrebbe permesso al lettore di compensare eventuali difetti nella superficie del disco), il diametro e, di conseguenza, la durata di riproduzione. Sony proponeva inizialmente un disco da 10 centimetri, più compatto e adatto ai futuri lettori portatili. Philips, dal canto suo, insisteva sul formato da 11,5 centimetri già pronto per la produzione industriale. La scelta finale, stabilita nel dicembre 1979, fu una sorta di compromesso: 12 centimetri di diametro e ben 74 minuti di riproduzione musicale.

Il mito di Beethoven sui 74 minuti contenuti in un disco musicale

Ed è proprio a questo punto della storia che entra in gioco il mito di Beethoven. Secondo la “storia ufficiale” raccontata poi da Philips e ripresa da molti media nel corso dei decenni, Ohga avrebbe chiesto esplicitamente che un CD potesse contenere tutta la Nona Sinfonia. Per ottenere quei 74 minuti e 33 secondi, fu necessario aumentare il diametro del disco da 11,5 a 12 centimetri. Ma, come avrebbe raccontato diversi anni dopo Kees A. Schouhamer Immink — uno degli ingegneri di Philips che partecipò direttamente allo sviluppo della tecnologia — le cose non andarono esattamente così.

In un suo articolo pubblicato su Nature Electronics, Immink spiega che la leggenda nacque più come una sorta di aneddoto romantico con cui accompagnare la vera storia della nascita del CD. All'epoca, infatti, non era ancora stato deciso quale codice di modulazione digitale utilizzare per la lettura dei dati. Pochi mesi dopo, lo stesso Immink sviluppò un nuovo sistema, chiamato EFM (Eight-to-Fourteen Modulation), che permetteva di aumentare del 30% la quantità di dati registrabili. Con quella tecnologia, perfino un disco da 10 centimetri avrebbe potuto contenere una Nona Sinfonia completa.

La versione “romantico-sinfonica” della storia, dunque, fu probabilmente una strategia narrativa per dare un volto umano a una decisione puramente tecnica. Toshitada Doi, principale ingegnere di Sony, lo avrebbe confermato molti anni dopo. Nel suo articolo, infatti, Immink ha raccontato:

Nell'ottobre 2017 ho avuto una conversazione durante un pranzo al Takanawa Prince Hotel di Tokyo con il mio compagno d'avventura, il miglior ingegnere della Sony, Toshitada Doi, che, quando gli ho parlato dei miei dubbi su[lla storia di] Beethoven, ha detto: «Hai ragione, certo, ma era una bella storia, no?».

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