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Nel cuore della cultura giapponese, l'inchino (ojigi) è un simbolo che va ben oltre il gesto in sé: racconta una civiltà. È un atto che incarna rispetto, umiltà e una profonda consapevolezza delle dinamiche sociali, importanti in questa terra; è gesto simbolico che ha radici buddhiste e samuraiche. L'ojigi ha forme diverse a seconda del contesto e viene utilizzato per diverse situazioni della vita quotidiana, dai ringraziamenti alle scuse fino ai saluti.
L'origine dell'ojigi porta il segno di due influenze: quella religiosa del Buddhismo e quella invece della classe dei samurai. Introdotto in Giappone tra il V e l'VIII secolo, tramite la Corea e la Cina, il Buddhismo ha portato con sé rituali religiosi che prevedevano la prostrazione e l’inchino come forme di rispetto verso le divinità e i maestri spirituali, con influenze significative nelle pratiche religiose e sociali giapponesi. Il significato non è solo fisico, ma simbolico: riconoscere la propria piccolezza di fronte al principio di verità assoluta e accettare l'insegnamento spirituale di chi ci è di fronte.
Durante il periodo Kamakura (1185–1333), l'ascesa della classe dei samurai ha codificato l'inchino come parte integrante dell'etichetta marziale. La scuola Ogasawara, fondata circa 800 anni fa, ha sistematizzato le regole dell'etichetta samuraica, inclusa l'arte dell'inchino. Nel loro insieme, esse servivano a trasmettere rispetto verso i superiori, per l’ordine gerarchico, e autocontrollo. Per avere contezza di quanto fosse radicata questa pratica, basti pensare che anche prima del seppuku, il suicidio rituale, il guerriero si inchinava con solennità verso i commilitoni e l’avversario.
Ognuna delle forme in cui si manifesta l’ojigi porta un significato specifico e un diverso grado di formalità:
- Eshaku (会釈): inchino di circa 15°, utilizzato per saluti informali tra pari o conoscenti.
- Keirei (敬礼): inchino di circa 30°, impiegato in contesti formali, come incontri di lavoro o saluti a superiori.
- Seiza (正座): inchino da seduti che prevede prevede di adagiarsi al pavimento prima con il ginocchio sinistro, poi con quello destro, spostando il busto in avanti fino a sfiorare il pavimento con il capo e tenendo i palmi delle mani poggiati sulle gambe.
- Saikeirei (最敬礼): inchino profondo, tra 45° e 70°, riservato a situazioni di massimo rispetto o scuse profonde.
- Dogeza (土下座): prostrarsi completamente a terra, utilizzato raramente per esprimere pentimento estremo o supplica.
Nel Giappone contemporaneo, inchinarsi è ancora un pilastro delle relazioni sociali. Si impara fin dall'infanzia, si pratica a scuola, negli uffici, nei negozi, in ambito sportivo. I dipendenti delle ferrovie si inchinano al passaggio dei passeggeri, dopo aver seguito corsi appositi, così come i camerieri nei ristoranti e i venditori nei grandi magazzini. Anche nelle scuole, gli studenti si inchinano all'inizio e alla fine delle lezioni, come forma di rispetto verso gli insegnanti.
Una differenza sostanziale in questo gesto riguarda gli uomini e le donne: i primi quando lo fanno in un contesto formale rimangono con le braccia lungo il corpo; le donne invece tengono le mani incrociate sul grembo, con il palmo di una posato sul dorso dell’altra.