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5 Giugno 2023
10:28

Chi erano davvero i samurai, i mitici guerrieri giapponesi

I samurai suscitano fascino e interesse in tutto il mondo, ma la rappresentazione che si è affermata dal Novecento non corrisponde sempre alla realtà. I veri samurai, infatti, erano piuttosto diversi da come li immaginiamo.

A cura di Erminio Fonzo
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Chi erano davvero i samurai, i mitici guerrieri giapponesi
chi erano i samurai

I samurai erano la casta militare giapponese, famosi per maneggiare anche la katana. Emersi nel XII secolo, nel corso degli anni questi guerrieri sono stati impegnati non solo nel mestiere delle armi, ma anche nella burocrazia e nella pubblica amministrazione. I samurai seguivano un codice d’onore, il bushido, e in genere erano dotati di una cultura raffinata. Essi, però, costituivano anche una casta dominante in Giappone e in casi non rari commettevano soprusi sui ceti più umili.

I samurai hanno cessato di esistere formalmente dopo la Restaurazione Mejii del 1869 quando l’imperatore del Giappone riformò il sistema delle caste e avviò la modernizzazione del Paese. L'interesse per i samurai non è venuto meno, ma la loro figura spesso è descritta in termini stereotipati e diversi da quelli reali.

Il Giappone medievale

Il Giappone costituisce sin dall’antichità una monarchia, guidata da un imperatore, ma nel Medioevo il potere del sovrano era limitato dai signori feudali, i daimyo. Il daimyo più potente assumeva la carica di shogun, una sorta di primo ministro, che era di fatto il detentore del potere. Alla fine del XII secolo la carica divenne ereditaria e fino al 1333 fu detenuta dalla dinastia Minamoto. In questa epoca, nota come periodo Kamakura, dal nome della capitale di allora, si affermarono i samurai.

Ritratto di Minamoto no Yoritomo
Ritratto di Minamoto no Yoritomo, fondatore della dinastia

La casta dei samurai

La parola samurai deriva dal verbo sabarau o samarau, che letteralmente significa «essere al servizio». Fino al XII secolo i samurai erano soldati che montavano la guardia al palazzo imperiale o presso altre istituzioni pubbliche, ma durante il periodo Kamakura divennero una vera e propria casta privilegiata, perché si affermò il diritto all’ereditarietà dello status: chi nasceva da un samurai, lo diventava a sua volta. Alla casta apparteneva in media il 7-8% della popolazione, ma la percentuale variava a seconda dei periodi.

I samurai erano al servizio dei daimyo e prendevano parte sia alle guerre civili, sia a quelle contro i nemici esterni. Un samurai che perdeva il proprio signore, o perché moriva o perché non gli era rinnovata la fiducia, diventava un ronin, cioè un soldato privo di vincoli, e in genere prestava la sua opera a pagamento. I samurai, inoltre, erano divisi in più ranghi, secondo una precisa gerarchia.

Domini delle famiglie daimyo intorno al 1570 (credit Ro4444)
Domini delle famiglie daimyo intorno al 1570 (credit: Ro4444)

La situazione cambiò quando ebbe termine il periodo Kamakura e iniziò una fase politica turbolenta, nella quale il potere del governo centrale era fortemente limitato dai daimyo e le guerre civili divennero assai frequenti. I samurai persero lo spirito di casta e, poiché c’era sempre più bisogno di soldati, molte persone di rango inferiore entrarono di fatto a far parte della categoria.

Armi e arti marziali

Le armi tipiche dei samurai erano le due spade giapponesi: semplificando, quella lunga, detta katana, e quella corta, il wakizashi. Portarle entrambe era uno dei simboli e dei privilegi della casta. I samurai, però, usavano anche archi e lance e, dal XVI secolo, iniziarono a dotarsi sempre più spesso di armi da fuoco. Inoltre, indossavano un’armatura, pensante o leggera a seconda dei casi, ed erano esperti di arti marziali, che iniziavano ad apprendere sin da bambini.

Fucili dei samurai
Fucili dei samurai

La cultura dei samurai

Non essendo impegnati nel lavoro manuale, i samurai potevano dedicarsi allo studio e alle arti. In genere sapevano leggere e scrivere (mentre nel resto della popolazione l’analfabetismo era diffusissimo) e molti si dilettavano nell’ikebana (l’arte di intrecciare fiori), nella pittura o nella poesia. Numerosi samurai seguivano la filosofia zen, una forma di buddhismo che insegna a liberare la mente dai pensieri negativi e a raggiungere la pace interiore.

Il codice del bushido

I samurai erano tenuti a rispettare i principi del bushido (letteralmente, “la via del guerriero”), un codice d’onore basato sui principi del dovere, delle lealtà e del coraggio, per certi aspetti simile allo spirito cavalleresco europeo. I samurai che perdevano l’onore, per esempio perché subivano una sconfitta in battaglia, commettevano il suicidio rituale, il seppuku, che si eseguiva facendo harakiri, cioè tagliandosi il ventre con la spada corta o con un pugnale.

Un samurai pronto al suicidio rituale (dipinto del 1582)
Un samurai pronto al suicidio rituale (dipinto del 1582)

Non bisogna pensare, però, che i principi del bushido fossero sempre rispettati. Inoltre, l’ideologia dei samurai variava in base ai periodi e ai contesti. Per esempio, il loro più alto dovere poteva essere, a seconda dei casi, il perfezionamento personale o la fedeltà assoluta al signore. Inoltre, essendo una casta privilegiata, i samurai commettevano spesso soprusi sui cittadini di rango inferiore. 

L’evoluzione del ruolo dei samurai

Nel periodo Edo (nome della capitale, oggi Tokyo), durato dal 1603 al 1869, il Giappone fu dominato dalla famiglia Togukawa, che deteneva la carica di shogun. La società fu divisa in quattro caste separate: samurai, contadini, artigiani e mercanti.

I samurai, insieme ai daimyo, costituivano l’élite della società, ma il loro ruolo cambiò. Poiché il Giappone attraversò un periodo di pace e aveva meno bisogno di guerrieri, alla casta furono affidati soprattutto funzioni burocratiche e amministrative. Altri samurai erano ronin e si guadagnavano da vivere con attività come il banditismo e il gioco d’azzardo. Lo status sociale, infatti, non sempre corrispondeva a benessere economico.

Raffigurazione delle quattro caste della societa giapponese
Raffigurazione delle quattro caste della societa giapponese

La fine

Tra il 1866 e il 1869 in Giappone ebbe luogo la Restaurazione Mejii, così chiamata dal nome dell’imperatore che sottrasse il potere allo shogun e diede avvio alla modernizzazione del Paese.

Dopo la Restaurazione, l’imperatore si rese conto che la casta dei samurai era incompatibile con la modernizzazione e annullò quasi tutti i privilegi di cui essi godevano, lasciando loro solo lo status di shizoku, un titolo puramente onorifico. I samurai avevano di fatto cessato di esistere e il Giappone si dotò di un esercito moderno, modellato su quelli occidentali. Nel 1947 la costituzione abolirà anche il titolo di shizoku.

Samurai in posa fotografica nel XIX secolo
Samurai in posa fotografica nell’Ottocento

Il mito dei samurai

In Giappone la fama dei samurai è restata viva per molti anni, in particolare tra gli ufficiali delle forze armate. Ancora durante la Seconda Guerra Mondiale, molti militari facevano harakiri se subivano una sconfitta. Dalla fine della guerra, però, la società giapponese è cambiata e l’ideologia delle forze armate è diventata più moderna. La cultura e la mentalità dei samurai è stata in larga parte abbandonata, sebbene alcuni principi del bushido siano ancora apprezzati.

I samurai, del resto, suscitano fascino e interesse in tutto il mondo. Si è diffusa un’immagine stereotipata, che li rappresenta come guerrieri abilissimi e sempre dotati di sentimenti nobili. Non si contano i film, i fumetti, i cartoni animati e i videogiochi che hanno per protagonisti gli antichi guerrieri giapponesi o le loro versioni moderne. Chi non conosce, per esempio, il personaggio di Goemon, compagno di Arsenio Lupin o Zoro, compagno di Rufy in One Piece? Tuttavia, l’immagine stereotipata è piuttosto distante dalla realtà, anche in considerazione del fatto che i samurai, esistiti per centinaia di secoli, non erano tutti uguali.

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