Imparare una nuova lingua è sempre una sfida, ma il livello di difficoltà può variare notevolmente in base alla lingua madre dell’apprendente. Vi siete mai chiesti se imparare il giapponese è più complicato per un italiano o un cinese, considerando aspetti come la grammatica, la fonetica, i sistemi di scrittura e le similitudini culturali? Analizzeremo le differenze strutturali tra le lingue e come queste influenzano l’apprendimento del giapponese, cercando di rispondere alla domanda: chi affronta maggiori ostacoli, un madrelingua italiano o cinese?
Sistema di scrittura
Il primo grande ostacolo nell’apprendere il giapponese è il sistema di scrittura. Il giapponese utilizza tre sistemi diversi: Hiragana, Katakana e Kanji, ciascuno con funzioni specifiche e una lunga storia evolutiva.
– Hiragana: il sistema Hiragana è un sillabario fonetico composto da 46 caratteri di base, che rappresentano singoli suoni (morae). L'Hiragana è utilizzato per scrivere parole di origine giapponese, coniugazioni verbali e grammaticali (come particelle). È il primo sistema di scrittura che i bambini giapponesi imparano ed è fondamentale per comprendere la grammatica di base.
– Katakana: anche il Katakana è un sillabario fonetico, ma è utilizzato principalmente per parole di origine straniera, nomi propri, onomatopee e termini tecnici. I caratteri di Katakana hanno un aspetto più angoloso rispetto a quelli di Hiragana.
– Kanji: il Kanji è un sistema logografico derivato direttamente dai caratteri cinesi (Hanzi), ma la lettura e il significato dei caratteri giapponesi possono differire da quelli cinesi. Il giapponese moderno utilizza circa 2.000 Kanji di uso comune, conosciuti come Jōyō kanji. Ogni Kanji può avere diverse letture: la lettura on'yomi (di derivazione cinese) e la lettura kun'yomi (di origine giapponese). Un esempio è il carattere 木, che può essere letto come moku (on'yomi) o ki (kun'yomi), entrambi significano "albero".
– Per un italiano: la sfida principale per un madrelingua italiano consiste nella complessità dei Kanji, un sistema completamente alieno rispetto all'alfabeto latino. Un italiano deve non solo memorizzare migliaia di caratteri, ma anche impararne le diverse letture e usi contestuali, un aspetto che richiede anni di studio costante.
– Per un cinese: per i madrelingua cinesi, il Kanji è più facile da apprendere, poiché molti caratteri giapponesi derivano o sono simili ai caratteri cinesi (Hanzi). Ad esempio, il carattere 山 (montagna) ha lo stesso significato sia in giapponese che in cinese, anche se le pronunce differiscono. Tuttavia, le differenze nelle letture e nei contesti d'uso del Kanji possono comunque creare confusione. Inoltre, il sistema sillabico (Hiragana e Katakana) è un’ulteriore sfida per un cinese, dato che la lingua cinese non utilizza sillabari.
Fonetica
La fonetica giapponese è relativamente semplice rispetto ad altre lingue asiatiche, in quanto non utilizza toni.
– Per un italiano i suoni del giapponese sono generalmente facili da apprendere, poiché entrambi i sistemi fonetici hanno suoni simili (a, i, u, e, o), chiari e distinti, e il giapponese inoltre non presenta toni, come invece accade in cinese.
– Pe i cinesi l'assenza di toni può risultare disorientante all'inizio, abituati come sono ai toni del cinese mandarino.
Grammatica
La struttura grammaticale giapponese è significativamente diversa sia da quella italiana che da quella cinese. Il giapponese segue il rigido ordine delle parole "soggetto-oggetto-verbo" (SOV) e utilizza particelle per indicare le funzioni grammaticali all'interno della frase.
– Per un italiano la grammatica giapponese è radicalmente diversa da quella italiana, che ha una struttura soggetto-verbo-oggetto (SVO), rendendo l'apprendimento inizialmente difficile. Inoltre, parte della difficoltà sta nell’uso di particelle grammaticali e nella flessibilità limitata nell'ordine delle parole. Ad esempio, la particella を (wo) indica l'oggetto diretto, mentre la particella は (wa) è usata per il soggetto della frase. In più, i verbi giapponesi non cambiano in base al soggetto, un concetto che può risultare estraneo per un italiano, che è abituato a coniugare i verbi in base alla persona e al numero.
– Per un cinese: anche la grammatica cinese è più simile a quella italiana (SVO) e non usa particelle come il giapponese. Pertanto, anche per i cinesi la grammatica giapponese rappresenta una sfida..
Influenza culturale e similitudini storiche
Il Giappone e la Cina condividono una lunga storia di influenze reciproche, che si riflette nelle similitudini culturali e linguistiche. Circa il 60% del vocabolario giapponese ha origini cinesi, come parole legate a concetti formali o intellettuali, il che può aiutare un parlante cinese nel riconoscimento del vocabolario. Tuttavia, queste parole possono avere pronunce diverse e significati leggermente modificati, complicando comunque l’apprendimento. Al contrario, un italiano non ha questo vantaggio culturale. Molti concetti giapponesi, soprattutto quelli legati alla tradizione e al linguaggio onorifico (Keigo), alla filosofia orientale o alla struttura sociale giapponese sono completamente nuovi per un italiano.
Dunque, imparare il giapponese è generalmente più difficile per un italiano che per un cinese. La familiarità del cinese con i Kanji e alcune somiglianze culturali rappresentano un vantaggio per i madrelingua cinesi. Tuttavia, la fonetica e l’assenza di toni rendono l'apprendimento del giapponese accessibile per entrambi. La maggiore difficoltà per gli italiani risiede nella lontananza strutturale e culturale tra le due lingue.