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La procura di Pavia ha avviato nuove indagini sul delitto che vide l'omicidio di Chiara Poggi il 13 agosto 2007 e per cui è stato condannato in via definitiva per l’ex fidanzato, Alberto Stasi. Tuttavia, nuovi elementi giustificherebbero secondo i procuratori l'attenzione nei confronti di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi e nuovamente indagato da marzo 2025.
L'elemento più discusso in questi giorni è la famigerata impronta classificata come numero 33, una porzione di una delle impronte palmari (ovvero del palmo della mano), repertata nell'agosto 2007 dai tecnici del RIS di Parma appena sopra il corpo della vittima, che ora non esiste più ma che è stata fotografata all'epoca del delitto. All'epoca non era stato possibile attribuire questa impronta, ma oggi, grazie ai miglioramenti sia hardware che software nelle tecnologie che permettono l'analisi dattiloscopica, è stato possibile collegare l'impronta a Sempio: nel caso specifico, sono stati individuati 15 punti di corrispondenza nel confronto tra le minuzie dattiloscopiche di Andrea Sempio e dell'impronta 33. Sarà comunque compito delle autorità accertare le eventuali responsabilità del nuovo indagato.
Come si rileva un'impronta: il metodo dell'inchiostro e dello scanner ottico
Per raccogliere le impronte esistono due metodi, di cui i principali sono quello dell'inchiostro e quello, più moderno e più preciso, dello scanner ottico. Nel primo caso si ricopre la pelle del dito con dell'inchiostro nero per poi posizionarlo su un cartoncino dattiloscopico dove resterà impressa l'impronta stessa. Il metodo dello scanner ottico è quello oggi utilizzato anche per le procedure di rilascio del passaporto: il dito viene appoggiato sulla parte superiore di un prisma (realizzato in vetro o in materiale plastico) e la luce che lo attraversa si riflette in maniera diversa a seconda delle creste e dei solchi presenti sull'impronta, andando quindi a creare un'immagine dell'impronta che viene convogliata da una lente verso un sensore digitale che la raccoglie.

Lo scanner ottico è in grado di fornire maggiore precisione e accuratezza rispetto all'inchiostro: un'applicazione scarsa o, al contrario, eccessiva di inchiostro sul dito potrebbe influenzare negativamente l'analisi. In sintesi, un'impronta troppo inchiostrata presenta diverse macchie scure, mentre un'impronta poco inchiostrata è poco visibile e, di conseguenza, potrebbe risultare meno precisa. L'utilizzo della tecnica digitale permette quindi di ottenere un'immagine più precisa e di conseguenza una caratterizzazione più accurata dei parametri delle minuzie, senza gli inconvenienti che possono derivare dal metodo offline. La tecnica dello scanner ottico si è diffusa solo negli ultimi anni, e questo può avere contribuito all'attribuzione dell'impronta 33 ad Andrea Sempio e dunque alla riapertura delle indagini nei confronti di Sempio.

Nel caso di impronte latenti (cioè non visibili immediatamente) le forze dell'ordine possono fare uso di sostanze come la ninidrina, che reagendo con gli amminoacidi colora le impronte rendendole visibili. L'impronta 33, trovandosi su una parete, è stata colorata con ninidrina.

Quali elementi si analizzano nel confronto delle impronte digitali: creste e minuzie
Prima di poter entrare nel merito della questione, è necessario capire come si distinguono e classificano le impronte digitali a seconda delle loro caratteristiche. Ogni impronta, infatti, è formata da una serie di creste, ossia da quelle linee in rilievo visibili sul polpastrello. Le minuzie, invece, sono i punti di discontinuità di queste linee: per esempio possono biforcarsi, unirsi o interrompersi. Sono proprio queste micro-caratteristiche di un'impronta a renderla unica e personale per ogni essere umano.
Per poter attribuire una corrispondenza tra due impronte occorre riscontrare un numero sufficiente di minuzie identiche secondo 3 diversi parametri: stessa forma, stessa posizione e stesso orientamento. Tra le forme più comuni ci sono la terminazione, la biforcazione o l'incrocio (crossover); la posizione fa riferimento al luogo esatto in cui la minuzia si posiziona all'interno dell'impronta, mentre l'orientamento indica la direzione della cresta prima della discontinuità.

Nel momento in cui si può attribuire con certezza un'impronta a un soggetto e si è stabilito che due impronte appartengono alla stessa persona, automaticamente si può affermare che un'impronta – per esempio raccolta in una scena del crimine – appartiene a quel soggetto. È quello che è successo con l'impronta 33 e le impronte palmari recentemente raccolte a Sempio, anche se come vedremo la situazione non è così semplice come potrebbe sembrare.
Ma dove vanno a finire le impronte digitali una volta rilevate? In Italia – come nel resto d'Europa – polizia scientifica e carabinieri hanno a disposizione la Banca dati AFIS (Automated Fingerprint Identification System), un sistema hardware e software centralizzato, nato con l'obiettivo di rendere più veloce e snella l'archiviazione e la ricerca dei vari reperti dattiloscopici. Una volta raccolta e analizzata un'impronta, viene caricata in questo sistema per essere trovata in qualunque momento e confrontata con altre impronte.
Nella pratica, quindi, è l'operatore specializzato, con l'aiuto di software di analisi immagini, a controllare i punti caratteristici di un'impronta, minuzia per minuzia, per poi inserirle all'interno del sistema che, nel giro di pochi minuti, è in grado di confrontare il reperto con il materiale già presente nel database.
Quindi l'impronta 33 collega Sempio al delitto di Garlasco?
Nel caso di Garlasco, quindi, sono state trovate 15 minuzie dattiloscopiche corrispondenti tra l'impronta 33 e l'impronta di Andrea Sempio. Sulla base di precedenti processuali, il numero di minuzie necessarie per attribuire un'impronta è generalmente di 17, ma il valore può variare a seconda della qualità del reperto o delle peculiarità dell'impronta stessa. Di conseguenza, i 15 punti di corrispondenza dell'impronta 33 possono essere considerati un numero abbastanza elevato da giustificare la riapertura delle indagini nei confronti di Sempio, anche se non bastano da soli a costituire una prova della sua presenza nel luogo del delitto nel momento dell'omicidio.
Questo per diversi motivi. Innanzitutto, va specificato che quella a disposizione delle forze dell'ordine è solo frammento di un'impronta palmare «ipotenare», cioè corrispondente a tutta la regione alla base del mignolo. Se l'impronta 33 fosse completa, le forze dell'ordine potrebbero aver trovato un numero maggiore di punti di corrispondenza, rafforzando quindi l'attribuzione, oppure potrebbero anche avere trovato delle minuzie non corrispondenti con l'impronta di Sempio, il che sarebbe probabilmente bastato per far cadere l'interesse processuale dell'impronta 33. Il fatto che l'impronta sia incompleta crea quindi un elemento di incertezza nel contesto delle indagini.
Va aggiunto poi che il rilievo può essere consultato dalle forze dell'ordine solo grazie a un'immagine scattata sul luogo del delitto 18 anni fa e reperita nel sistema AFIS. Non è quindi possibile confrontare direttamente le impronte di Sempio con immagini ad alta qualità dell'impronta 33, che anzi al momento non si riesce a trovare.
Tutto questo non significa né che l'impronta 33 appartiene ad Andrea Sempio, né che non gli appartiene. Significa soltanto, per ora e in attesa di un eventuale processo, che la questione è particolarmente complessa sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista legale, soprattutto alla luce del fatto che si sta parlando di un'indagine per omicidio. Ribadiamo che sarò compito delle autorità stabilire cosa sia successo ed, eventualmente, arrivare a una nuova soluzione del caso, viste le recenti prove. Ciò che è certo è che il mix tra nuove tecnologie a disposizione delle forze dell'ordine e software di analisi aggiornati hanno permesso la riapertura delle indagini nei confronti di Andrea Sempio.