
Chi sale in montagna si accorge presto di un dettaglio curioso: le mosche sembrano meno scattanti, quasi impacciate. Non è un’impressione: in quota le mosche davvero reagiscono più lentamente. A rallentarle è l’insieme di freddo pungente, aria sottile e ossigeno ridotto. Il gelo irrigidisce i muscoli facendole volare più lentamente, l’aria più rarefatta della montagna indebolisce il battito delle ali e la poca ossigenazione toglie energia al loro corpo. Anche la percezione visiva risente dell'altitudine, con conseguenze che spiegano perché diventino più facili da acchiappare.
La cattura delle mosche e il clima in montagna
Lo sappiamo tutti: in montagna fa più freddo. In quota infatti, la temperatura cala rapidamente, in media di 6 °C per ogni chilometro di altitudine. Salendo dai fondovalle fino a 4000 metri la temperatura cala in modo netto, un salto termico simile a quello che si incontrerebbe viaggiando per migliaia di chilometri verso le regioni polari. Per una mosca, che dipende dal clima esterno per regolare il proprio metabolismo, questo freddo rappresenta una sfida concreta: a queste temperature, i muscoli delle mosche si "irrigidiscono", facendo sì che si muovano più lentamente già a una temperatura di 18 °C. Inoltre, anche le reazioni chimiche che alimentano il volo perdono efficienza.
In alta quota l'aria è meno densa
Non è solo il freddo a creare problemi. L’aria, man mano che si sale, non solo si raffredda, ma diventa anche meno densa. A 4000 metri, infatti, la pressione parziale è circa la metà rispetto al livello del mare. Le ali devono quindi compiere un lavoro maggiore per generare la stessa portanza. Alcuni insetti alpini, come i bombi, hanno evoluto ali e strategie di volo che permettono prestazioni straordinarie persino a quote superiori a quelle dell’Everest. Le comuni mosche di pianura, invece, non hanno queste riserve di energia e in alta quota appaiono più goffe.

L'aria rarefatta rende complicata l'ossigenazione
Il volo richiede un’enorme quantità di ossigeno: nei pochi istanti che separano il riposo dal decollo, il consumo può aumentare fino a cento volte. Già l'ossigeno in alta quota diminuisce, ma soprattutto, con l’aria rarefatta, la diffusione dell’ossigeno nei tessuti diventa più lenta e i muscoli non riescono a lavorare al massimo. Gli esperimenti condotti su Drosophila, da parte di Dillon e il suo team nel 2006 della University of Washington, mostrano che, in condizioni simili a quelle delle grandi vette, le mosche camminano più piano e spesso esitano a decollare. Non è incapacità, ma una scelta forzata dall’ambiente: in condizioni difficili risparmiano energia, limitando i movimenti rapidi.
Le mosche in montagna vedono e reagiscono con più lentezza
Infine, l'altitudine influisce anche sulla vista delle mosche, il loro principale strumento di difesa. Sono in grado di percepire il movimento di una mano che si avvicina in frazioni di secondo, grazie a un sistema visivo potentissimo. Ma la qualità della luce, le basse temperature e lo stress riducono la velocità con cui queste informazioni vengono elaborate. Anche la sensibilità a certi colori, come il blu, varia in base all’ambiente e alla temperatura. In quota, il risultato è una reazione meno fulminea e un margine in più per chi prova a catturarle.