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12 Agosto 2025
8:00

Perché recentemente ci sono stati così tanti colpi di Stato nel Sahel, in Africa occidentale

Negli ultimi anni, la regione del Sahel, nell'Africa occidentale, è diventata altamente instabile, a causa del crescente terrorismo islamico e dell'aumento dei colpi di stato, che hanno evidenziato la fragilità istituzionale dei paesi e il declino dell'influenza francese nella zona.

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Perché recentemente ci sono stati così tanti colpi di Stato nel Sahel, in Africa occidentale
Sahel

La regione del Sahel comprende una vasta fascia di territorio che attraversa la parte settentrionale del continente africano da est a ovest, nell'area di congiunzione tra il deserto del Sahara e le grandi foreste pluviali dell'Africa equatoriale, caratterizzata da un clima secco e da un paesaggio di savane e foreste d'acacia. I paesi di quest'area (Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Sudan) sono sempre stati caratterizzati sin dall'indipendenza da un'estrema instabilità trascinatasi per tutto il periodo della Guerra Fredda. Negli ultimi anni l'area è tornata alla ribalta delle cronache a seguito di una serie di colpi di stato che hanno pericolosamente incrinato la posizione egemonica tradizionalmente mantenuta dalla Francia nell'area. Le cause di questi colpi di stato sono da ricercare nella fragilità istituzionale degli stati, nelle difficoltà economiche e soprattutto la crescente influenza di gruppi terroristi legati all'integralismo islamico.

Sahel e colpi di stato: storia di una stabilizzazione fallita

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Charles De Gaulle, generale dell’esercito, leader della Resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale e presidente della Francia dal 1959 al 1969, sostituì il vecchio Impero Coloniale Francese con un nuovo regime di controllo indiretto di tipo "neocoloniale". Credit: ECPAD

Con l'unica eccezione del Sudan, che in epoca coloniale venne conquistato dall'Impero Britannico, tutti gli altri paesi del Sahel furono colonie francesi e i loro stessi confini internazionalmente riconosciuti non fanno altro che ricalcare i confini amministrativi creati artificialmente dalla Francia per le sue colonie. Gli stati indipendenti che sorsero così nel 1960 con la disgregazione dell'Impero Coloniale Francese risultarono da subito estremamente deboli, e anche se nei decenni successivi non difettarono di leader politici e militari dinamici e volitivi, le loro enormi debolezze di fondo fecero sì che essi non riuscissero mai veramente a liberarsi dalla tutela “neocoloniale” da parte di Parigi.

La Francia ha per i successivi sessant'anni mantenuto sotto il suo stretto controllo questi paesi grazie ad una triplice strategia: primo, promuovendo e proteggendo il ruolo della lingua francese tra le élite e le popolazioni locali, secondo, mediante l'imposizione di una moneta (il Franco CFA) ancorato al Franco Francese prima e all'Euro dopo, terzo, intervenendo militarmente, senza troppi indugi o pietà, ogni qualvolta i suoi interessi nell'area fossero in pericolo. L'ultima operazione militare portata a termine dallo stato francese nell'area sahelina è stata l'Operazione Barkhane, durata dal 1 agosto del 2014 al 9 novembre 2022, e avente come scopo il contenimento della minaccia jihadista, in particolare quella legata all'ISIS e alla branca di al-Qaida nel Maghreb.

Per poter supportare meglio le loro azioni, i francesi promossero, nel corso della conferenza di Nouakchott del 16 febbraio 2014, la creazione del cosiddetto “G5 du Sahel”, un gruppo di coordinamento composto da: Mauretania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad. Nell'ambito di questo formato le 5 ex-colonie si impegnavano a coordinare tra loro e con Parigi le proprie attività antiterroristiche, cosa però che finì per spingerle ancora di più tra le braccia della Francia. Inutile a dirlo, anche le ultime iniziative francesi hanno fallito completamente nel tentativo di stabilizzare i fragili equilibri locali con il risultato di portare invece ad un allargamento dell'insurrezione jihadista.

I colpi di stato odierni

Le cose hanno iniziato a prendere una piega diversa a partire dall'anno 2021 quando una serie di colpi di stato in rapida successione ha portato ad un cambiamento radicale degli equilibri geopolitici nell'area. A dare l'inizio a questa nuova tendenza è stato il Mali dove, il 24 maggio 2021 le Forze Armate Maliane arrestarono il presidente Bah Ndaw, il primo ministro Moctar Ouane e il ministro della difesa Souleymane Doucouré che vennero sostituiti da una giunta militare guidata dall'allora vice presidente, il generale Assimi Goïta che da allora è divenuto l'indiscusso “uomo forte” della nazione.

Poco più di un anno dopo, il 30 settembre 2022, il presidente ad interim del Burkina Faso, Paul-Henri Sandaogo Damiba, è stato defenestrato da un altro colpo di stato che ha portato al potere il capitano Ibrahim Traoré, uomo che da allora ha raggiunto una grande popolarità sia in patria che all'estero. Infine, il 26 luglio 2023, un ultimo pronunciamento militare, questa volta in Niger, ha portato alla deposizione del presidente Mohamed Bazoum e alla presa di potere di un consiglio militare cappeggiato dal generale Abdourahamane Tchiani.

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Il capitano Ibrahim Traoré, attuale leader del Burkina Faso, è senza dubbio il più carismatico tra tutti i leader saliti al potere durante la serie di colpi di stato che hanno interessato l’Africa Occidentale negli ultimi anni. Credit: Liamine Traoré / VOA–Voice of America

Nonostante gli eventi in Mali, Burkina Faso e Niger vadano necessariamente scrutinati sotto la lente delle specifiche dinamiche di potere locali, vi è però un minimo comun denominatore, e cioè il ruolo che la Russia ha avuto, soprattutto attraverso l'ora defunta PMSC Wagner, nel supportare e nel consolidare la presa di potere delle forze golpiste così come nel coordinamento dei loro sforzi per la creazione della cosiddetta “Confederazione degli Stati del Sahel”, progetto geopolitico dichiaratamente antifrancese ma che si oppone anche alle ambizioni egemoniche della vicina Nigeria.

Il declino della Françafrique

Inutile a dirlo, i colpi di stato che hanno interessato i paesi dell'area sahelina, così come gli eventi paralleli che, nello stesso arco temporale, hanno interessato altri importanti attori geopolitici dell'area come il Senegal, la Guinea, il Ciad, il Gabon e prima ancora la Guerra Civile nella Repubblica Centrafricana hanno contribuito a scardinare completamente il dispositivo geopolitico e militare che per decenni ha garantito il trinceramento ed il mantenimento degli interessi francesi in quella parte dell'Africa.

Ogni giorno che passa, quella che una volta era nota con il nome di “Françafrique” sta prendendo una strada sempre più autonoma che la sta indirizzando soprattutto verso la Russia e i BRICS. L'abilità con la quale la Russia è riuscita sino ad ora a navigare le complicate vicende politiche interne dei paesi della Françafrique, così come il ruolo di primo piano che Mosca sta svolgendo nell'ambito delle guerre civili che continuano ad interessare la Libia ed il Sudan ha avuto il suo contraltare nell'incapacità dimostrata dalla Francia di “contrattaccare” e riguadagnare le sue posizioni perdute pur potendo teoricamente ancora contare su importanti leve in loco.

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François Mitterand, presidente della Francia tra il 1981 ed il 1995. Già all’inizio della sua lunga carriera politica Mitterand capì che il controllo diretto o indiretto dell’Africa avrebbe garantito o meno il futuro della Francia come grande potenza. Credit: Comet Photo AG

Completamente assorbita dagli affari europei e dalla Guerra Russo-Ucraina ed essa stessa sottoposta ad un processo di strisciante anglicizzazione, l'élite parigina pare aver ormai definitivamente perso la propria bussola strategica sacrificando sull'altare dell'atlantismo e dell'occidentalismo il controllo su quella che è tradizionalmente la sua sfera d'influenza privilegiata, la quale venne correttamente identificata a suo tempo da François Maurice Adrien Marie Mitterrand, politico francese di lungo corso ed ex-presidente della Repubblica come: “l'area il possesso della quale decreterà la permanenza futura o meno della Francia nella ristretta cerchia delle grandi potenze”.

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