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30 Maggio 2025
8:00

Perché si dice “buonanotte al secchio”: l’origine e il significato dell’espressione

"Buonanotte al secchio" è un'espressione romanesca che indica un'impresa fallita, è ancora usata nel linguaggio comune e deriva probabilmente dal mondo contadino: se il secchio cadeva nel pozzo, era perso. Altre teorie la collegano all’uso del secchio come vaso da notte.

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Perché si dice “buonanotte al secchio”: l’origine e il significato dell’espressione
buonanotte al secchio

Buonanotte al secchio”, o meglio ancora “buonanotte ar secchio” è una simpatica espressione tipicamente romana che indica una situazione senza speranza o un’impresa persa in partenza, in genere anticipata da un "se vabbè…", che completa il detto in "Se vabbè…bonanotte ar secchio”. Ma come nasce? Le sue origini si perdono nel tempo, in un intreccio fra vita quotidiana, cultura contadina e tradizioni popolari.

Una delle teorie più accreditate sull'origine dell'espressione "buonanotte al secchio” è stata suggerita dal linguistica e esperto di onomastica Enzo Caffarelli, secondo cui proverrebbe dal mondo rurale: generalmente i contadini si recavano al pozzo per procurarsi l’acqua, che veniva tirata su utilizzando secchi legati a corde. Ma se malauguratamente la corda si spezzava durante l'operazione, il secchio cadeva nel pozzo, diventando irrecuperabile. In tal caso, si esclamava "buonanotte al secchio" per indicare che l'impresa era fallita e non c'era più nulla da fare.

Alcuni manoscritti del XVII secolo raccontano di un contadino che fece alla moglie un elenco delle ultime cose da fare durante la giornata, concludendo con:

“Finisco di dar da mangiare agli animali e poi buonanotte (anche) al secchio!”;

ovvero “ora andiamo a dormire, a recuperare il secchio ci penso domani” (se possibile).

Un'altra teoria che fa sorridere collega il detto all'uso domestico del secchio come vaso da notte, prima dell’esistenza dei bagni interni. In questo senso, "dare la buonanotte al secchio" poteva essere un modo ironico per augurarsi di non doverlo utilizzare durante la notte.

C’è una traccia di questa espressione anche nella poesia romanesca di Giggi Zanazzo, poeta di fine ‘800 che nel suo poemetto del 1886 "N'infornata ar Teatro Nazionale" scrive:

“La regina dà ‘n pugno in d’uno specchio, cala er telone e bona notte ar secchio”.

Questo modo di dire ricorda il "buonanotte ai suonatori", molto simile nel significato, che indica la fine di qualcosa o l'impossibilità di proseguire. L'espressione è ancora viva nel linguaggio colloquiale, soprattutto nelle regioni centrali e meridionali d'Italia.

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