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15 Settembre 2025
7:00

Perché si dice che il colore viola porti sfortuna a teatro

Il viola in teatro è legato a superstizione e sfortuna. Nel Medioevo, durante la Quaresima, gli spettacoli erano sospesi e gli attori restavano senza lavoro. Nel XVII secolo, invece, i tessuti viola erano costosissimi: se lo spettacolo fosse stato un fallimento, la perdita sarebbe stata enorme.

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Perché si dice che il colore viola porti sfortuna a teatro
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La superstizione vuole che il colore viola, in teatro, indossato o presente in oggetti ed elementi del palcoscenico, porti sfortuna allo spettacolo e agli attori. Si tratta di una credenza che affonda le sue radici nel Medioevo, quando la Quaresima – periodo liturgico segnato proprio da questo colore – coincideva con la sospensione degli spettacoli e la carenza di lavoro per gli artisti. Inoltre, in tempi più recenti, nel XVII secolo, la produzione di tessuti viola era molto costosa: dunque questo colore, in teatro, era utilizzato solo nelle opere più rilevanti e di sicuro successo, perché se la rappresentazione fosse stata un fiasco, gli abiti viola sarebbero stati uno spreco di denaro.

Il colore viola è associato alla Quaresima, quando gli artisti non lavoravano

Nella tradizione cristiana, i Quaranta giorni che precedono la Pasqua, sono un periodo di rinuncia, sacrificio e digiuno, per essere più “puri” nel momento in cui Cristo risorge. Se oggi questi termini sono osservati in modo più simbolico e spirituale, anticamente la Quaresima era un periodo dove festeggiamenti e momenti di comunità e allegria erano vietati: tra questi erano sospesi anche gli spettacoli teatrali, specialmente quelli in forma pubblica. Nel Medioevo attori, musicisti, saltimbanchi, giullari, danzatori non lavoravano per quaranta giorni: in un settore come quello del teatro, dove le compagnie guadagnavano in base agli incarichi conferiti, significava fare letteralmente la fame.

Il collegamento con il colore viola nasce perché in determinati periodi liturgici, quando i sacerdoti celebrano la Messa, indossano i paramenti viola: questo accade nel periodo di Quaresima, Avvento e durante i funerali, proprio perché si tratta di un colore è fortemente associato ai concetti di attesa, penitenza e spiritualità, che nella religione cristiana trovano compimento proprio in questi specifici momenti liturgici.

I tessuti viola nel ‘700: un investimento molto costoso sui palchi teatrali

Nel XVII secolo, nello specifico nei teatri francesi, i tessuti di colore viola e di sfumature connesse, tra cui il porpora, erano molto costosi, perché per realizzarli era necessario un processo lungo, raffinato e laborioso. Il colorante, infatti, già conosciuto in epoca antica, e usato da popoli come i Romani e i Fenici, era estratto da alcune specie di molluschi marini – tra cui il murice – che secernono una sostanza che, tramite il processo di ossidazione, assume la colorazione violacea. Il lungo processo per ottenere piccole quantità di pigmento faceva lievitare i colori della stoffa: non a caso, il viola veniva usato su oggetti e tessuti molto preziosi, tra cui le corone dei reali. Realizzare abiti viola per uno spettacolo teatrale significava investire enormemente sul successo della rappresentazione perché, qualora essa non avesse fruttato gli introiti sperati, lo spreco di denaro sarebbe stato enorme.

Ecco che quindi il viola di nuovo non è ben visto sul palcoscenico, e continua a portarsi dietro la sua aura di sfortuna e difficoltà, retaggio che oggi resta come colorita superstizione, via via scardinata dall’evoluzione dei tempi. Oggi, infatti, il viola compare sul palcoscenico così come in cerimonie celebri, quando si calca il red carpet, anche se, questa come molte altre superstizioni e riti scaramantici, rimane parte della nostra cultura.

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