Le piogge acide si creano come conseguenza delle emissioni in atmosfera di diossido di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOx). Questi gas, reagendo con l’aria umida, si trasformano in acidi. A questo punto, quando l’acqua cadrà sotto forma di pioggia, neve o grandine, sarà acida.
Ma da dove saltano fuori questi gas inquinanti? Le piogge acide sono davvero così pericolose come si legge in giro?
Cosa s’intende per “acide”?
Per capire cosa significa piogge acide, è necessario conoscere il significato di pH. Cercando di riassumere al massimo, il pH rappresenta il valore dell’acidità di una sostanza e la sua scala ha valori che vanno da 0 (massima acidità) a 14 (massima basicità). Per farvi qualche esempio, l’acido delle batterie per automobili ha pH=1 (cioè estremamente acido), la soda caustica ha pH=13 (cioé estremamente basico) e nel mezzo abbiamo, ad esempio, un pH=6.5 del latte. Tenete presente che questa scala è logaritmica, perciò ogni valore è dieci volte più grande del precedente.
Normalmente la pioggia ha un pH di circa 5.6, ma in alcuni casi raggiunge valori prossimi a pH=4. Questo valore è talmente acido da essere letale per la maggior parte dei pesci.
Come si formano le piogge acide?
Il fenomeno dell’acidificazione della pioggia è legato principalmente alle emissioni di particolari gas nell’atmosfera: il diossido di zolfo SO2 e ossidi di azoto NOx. Questi gas vengono prodotti sia tramite fenomeni naturali (es. eruzioni vulcaniche) sia tramite attività antropiche. In particolare, per il diossido di zolfo si ha circa il 60% di antropico e il 40% di naturale (dati tratti da uno studio di Greenpeace del 2019 ) mentre, per il diossido di azoto, si stima una percentuale variabile tra il 50% e il 20% di antropico (basandoci sui dati del centro di ricerca UCAR degli Stati Uniti).
SO2
Relativamente all’apporto antropico, il diossido di zolfo presente in atmosfera si forma principalmente tramite la combustione del carbone. Questo meccanismo è responsabile di circa il 65% del totale, mentre un 20% circa deriva dalla combustione del petrolio e dei suoi derivati. Greenpeace e CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air) hanno eseguito dei report nel 2019 per valutare quali siano i Paesi che producono più SO2 in questo momento. Al primo posto troviamo l’India che, da sola, è responsabile del 21% del totale; al secondo e terzo posto invece ci sono rispettivamente Russia e Cina, ciascuna con valori leggermente inferiori al 20%.
Tenendo a mente che SO2 è un gas, la reazione chimica che avviene quando entra in contatto con l’acqua (come la pioggia) produce acido solforico H2SO4 che, in realtà, è il vero colpevole. Il gas in sé non crea danno diretto all’ambiente (pur restando un gas serra), ma è la sua controparte acida che va ad impattare direttamente sugli ecosistemi.
Non tutta la colpa va data alla razza umana però. Nel sopracitato studio di Greenpeace viene evidenziato come l’attività vulcanica nel 2018 sia responsabile, a livello globale, di circa il 40% del totale delle emissioni.
NO2
Gli ossidi di azoto, per essere precisi, vengono generalmente denominati NOx dove la “x” può assumere valore 1, 2 o 3. Visto che però quello più abbondante e influente è l’NO2, per semplicità considereremo questo come attore principale in questa famiglia di ossidi.
Il gas che precede la formazione di NO2 è NO che, a sua volta, si forma in seguito alla reazione chimica tra N2 e O2. Questi due gas, presenti naturalmente in atmosfera, possono reagire se sottoposti ad alte temperature, specialmente durante i processi di combustione. Non a caso tra i principali produttori di NO troviamo i motori a scoppio delle automobili e le centrali termoelettriche.
Una volta prodotto NO, questo reagisce con ossigeno dell’aria a formare prima NO2 e poi acido nitrico. Qui vale lo stesso discorso dell’SO2: NO e NO2 sono gas serra mentre ciò che impatta sugli ecosistemi è l’acido che ne deriva quando entrano in contatto con l’acqua.
Così come per l’SO2, anche nel caso degli ossidi di azoto la natura ci mette lo zampino e, anzi, la maggior parte della produzione globale è legata proprio a fenomeni naturali come emissioni vulcaniche e materia vegetale in decomposizione. Facendo un confronto numerico, secondo il centro di ricerca UCAR, si stima che in natura si producano annualmente tra le 20 e 90 milioni di tonnellate di ossidi di azoto; il contributo antropico è di circa 24 milioni di tonnellate annue. La più importante differenza è che i prodotti naturali sono distribuiti in modo piuttosto omogeneo nell’atmosfera mentre quelli antropici restano per lo più confinati nelle aree industriali e urbane dalle quali provengono.
Quali sono gli effetti delle piogge acide sull’uomo e sull’ambiente?
Gli effetti delle piogge acide si osservano maggiormente sull’ambiente, specialmente in contesti acquatici (abbassamento del pH delle acque) e forestali (impoverimento del suolo). Anche i nostri monumenti vengono danneggiati dal loro effetto mentre noi, per fortuna, non subiamo danni diretti.
Le piogge acide, infatti, non sono corrosive per il nostro corpo. Se quindi un giorno scordate l’ombrello e vi bagnate non è necessario preoccuparsi, non vi scioglierete. Il pericolo può essere presente nel momento in cui una persona con problemi respiratori viene a contatto con lo smog: questo potrebbe peggiorare la sua situazione. Ma la pioggia acida in sé non ha ripercussioni dirette sulla nostra salute.
Al contrario, in un contesto naturale i danni sono parecchi e, tra tutti, gli ambienti acquatici sono sicuramente i più colpiti. Come accennato in precedenza, valori di pH così bassi sono insostenibili per la vita della maggior parte dei pesci e, proprio per questo, molte fonti accreditate quali EPA, USGS e BBC, evidenziano come molti laghi in tutto il mondo (soprattutto in USA, Canada e Nord Europa) stiano diventando deserti biologici, essendo così acidi da non riuscire a preservare le forme di vita al loro interno. Non essendo possibile trovare un elenco esaustivo dei laghi coinvolti, è possibile supporre che si tratti perlopiù di bacini di dimensioni medio-piccole.
Anche le piante dei boschi e delle foreste non vanno d’accordo con la pioggia acida. Questa dissolve i nutrienti del terreno come calcio e magnesio e, come conseguenza, gli alberi fanno fatica a nutrirsi. Inoltre, le piogge acide riescono a “liberare” l’alluminio presente in alcuni minerali del terreno, ostacolando l’assorbimento di acqua da parte delle piante.
Non solo la natura, ma anche i nostri edifici soffrono le piogge acide: se abbiamo costruzioni in marmo, ad esempio, l’acidità della pioggia riuscirà a “consumare” gli strati superficiali con una facilità disarmante.
Cosa fare per ridurre le piogge acide
Ricordiamo innanzitutto che l’inquinamento atmosferico è sempre a livello globale. La circolazione dell’aria fa sì che le sostanze inquinanti si possano spostare agilmente da una parte all’altra del mondo. Il primo punto è quindi comprendere che per risolvere il problema è necessario un accordo globale, capace di regolare le emissioni di ciascuno stato entro certi parametri standard.
Il Clean Air Act, del 1990, ha imposto alle centrali termoelettriche una riduzione delle emissioni solforose del 40% e, secondo l’European Environment Agency, la quantità di SO2 dal 1990 al 2011 è calata del 70%.
Nel dettaglio, per ridurre le emissioni di SO2 è necessario eliminare lo zolfo dal carbone e dal petrolio prima di usarli come combustibili. Concretamente, è possibile farlo inserendo nelle centrali termoelettriche del carbonato di calcio in polvere che, reagendo, produce CO2 e CaSO3 (gesso). Nonostante sulla carta questo processo sembri efficiente, bisogna comunque tenere conto del fatto che non tutto l’SO2 viene assorbito e dunque una parte verrà comunque dispersa in atmosfera.
Per abbattere le emissioni di NO2 si usano invece le cosiddette marmitte catalitiche, ovvero dei filtri a base di platinoidi (elementi che rientrano nella famiglia dei metalli nobili) che riescono a bloccare i gas nocivi prima che escano dal veicolo.
Dove sono concentrate le piogge acide
Vista la consistente fetta di contributo antropico sul totale dell’emissione di SO2 e NO2, possiamo intuire come, in linea di massima, le aree più industrializzate siano interessate da fenomeni di pioggia acida. Non a caso, ad esempio, la zona nord-orientale degli Stati Uniti è una delle più colpite, così come la parte sud-orientale della Cina e l’europa centro-orientale.
Nel vita di tutti i giorni, non è così facile riconoscere se la pioggia è acida o meno. Solitamente vengono raccolti dei campioni per essere analizzati in laboratorio ma, nel nostro piccolo, possiamo dedurlo dalla condizione degli edifici storici.
Questi, in molti casi, sono fatti di marmo o calcari che, con le piogge acide, si deteriorano con estrema facilità.