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Nella giornata di ieri, giovedì 26 giugno, Israele ha nuovamente bloccato gli ingressi di aiuti umanitari a Gaza, chiudendo i valichi nel Nord della Striscia. Per il governo di Tel Aviv la decisione è stata giustificata da alcuni video apparsi sui social media che mostrano uomini armati fare la guardia ai camion di aiuti umanitari. Anche se gli operatori presenti sul posto sostengono che si tratti di milizie locali al servizio del concilio delle comunità del luogo e incaricate di difendere gli aiuti dai saccheggiatori, per il governo israeliano si tratterebbe di miliziani di Hamas. La decisione aggraverà una situazione già catastrofica, con centinaia di migliaia di persone a rischio fame su un totale di oltre due milioni di gazawi.
Intanto, secondo quanto riportato dalla BBC, nelle prime ore del mattino almeno 18 palestinesi sono stati uccisi a seguito di un attacco di droni israeliani nella città di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale. Secondo alcune fonti i droni avrebbero sparato contro una forza di polizia di Hamas (i cui membri erano in abiti civili e maschere) che stava accusando i venditori del mercato di speculare sui prezzi proposti da alcuni commercianti su una serie di beni rubati dai camion degli aiuti umanitari.
I crimini di guerra a Gaza
Mentre l'attenzione internazionale si è concentrata sul conflitto di dodici giorni tra Israele e Iran, a Gaza sono continuati gli attacchi indiscriminati dell'IDF (Israel Defense Forces) contro i civili. Se nella sola giornata di giovedì 26 giugno sarebbero stati almeno 56 i palestinesi uccisi a Gaza, nel corso della cosiddetta Guerra dei 12 giorni più di 800 persone sarebbero state uccise.
Oltre che nei bombardamenti, sempre più persone rimangono uccise nella calca ai punti di distribuzione del cibo o per i "colpi di avvertimento" che i militari israeliani sostengono di sparare in aria per gestire la folla. Il totale fallimento della gestione umanitaria di Gaza da parte di Israele lascia ormai spazio al sospetto che si tratti in realtà di una strategia deliberata da parte del governo di Tel Aviv per usare la fame come arma di guerra nei confronti dell'intero popolo palestinese. A confermarlo c'è ora anche un rapporto delle istituzioni europee sui crimini di guerra israeliani a Gaza, che il Primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha citato di recente per denunciare che quanto sta accadendo nella Striscia da quasi due anni, definendolo un vero e proprio genocidio nei confronti del popolo palestinese.

La fame come arma
Anche se Israele ha già rigettato le tesi del report europeo ricorrendo a un repertorio già visto di accuse di antisemitismo e bias anti israeliano, quanto accaduto negli ultimi mesi rafforza le denunce di istituzioni e Ong internazionali.
Il 2 marzo scorso il governo di estrema destra del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva imposto un blocco totale degli aiuti in entrata a Gaza che è durato per 11 settimane, causando la morte per fame di un numero imprecisato di persone. Dopo il blocco totale, anche grazie alle pressioni internazionali ha consentito per alcuni giorni l'ingresso nella Striscia a poche decine di camion, contro le centinaia che servirebbero quotidianamente per sostenere due milioni di persone che ormai vivono in una terra di nessuna devastata da mesi ininterrotti di bombardamenti e demolizioni sistematiche di edifici e infrastrutture.
L'operazione di facciata della Gaza Humanitarian Foundation
Ora la propaganda israeliana si affida alle operazioni di facciata della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un'organizzazione creata nel febbraio 2025 di cui non sono noti i finanziatori, ma apertamente sostenuta dal governo di estrema destra israeliano e da quello degli Stati Uniti. La GHF ha iniziato a operare sul campo a Gaza lunedì 26 maggio, in maniera inefficiente e con una gestione caotica che ha già causato diversi episodi di violenza.
In teoria, infatti, l'esercito israeliano dovrebbe stazionare a circa 300 metri dai punti di distribuzione, mentre la sicurezza interna dovrebbe essere garantita da mercenari di compagnie private statunitensi. Ma i pochissimi pacchi umanitari e le tante persone in coda per contenderseli fanno sì che si crei una condizione di calca e di caos difficile da gestire, con i militari israeliani che intervengono sparando sulla folla: il risultato è che intorno ai pochi punti di distribuzione sono già morte centinaia di persone che erano in coda.
Oltre al danno, anche la beffa: la GHF, infatti, distribuisce generi alimentari come pasta o riso, che spesso non possono essere cucinati da chi li riceve per la mancanza di acqua o combustibili per far funzionare fornelli o fuochi da campo. Per di più, la GHF opera con soli 3 punti di distribuzione, contro gli oltre 400 che erano stati allestiti in precedenza da oltre 200 tra altre ONG e agenzie delle Nazioni Unite – ora chiusi su imposizione del governo di Tel Aviv.
Visto il plateale fallimento della Humanitarian Foundation, il suo stesso presidente esecutivo ad interim Johnnie Moore ha scritto una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per chiedere di «lavorare insieme, poiché è giunto il momento di affrontare, senza eufemismi o ritardi, il fallimento strutturale della fornitura di aiuti a Gaza e di correggere con decisione la rotta». Intanto, nei 20 mesi di conflitto scatenato dagli attacchi del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, il numero di morti a Gaza ha superato i 56mila, in gran parte civili.