Il 2 giugno la Repubblica italiana festeggia il suo 77° compleanno. La Repubblica, infatti, è nata nel 1946, quando i cittadini scelsero la forma repubblicana dello Stato in un referendum istituzionale. Ma perché i nostri concittadini furono chiamati a scegliere? Per capirlo bisogna risalire agli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Il re Vittorio Emanuele III era screditato perché aveva condiviso il potere con la dittatura fascista e, quando iniziò la Resistenza, i partiti antifascisti accettarono di continuare a riconoscerlo come capo dello Stato a patto che, dopo il conflitto, la popolazione avesse potuto scegliere se conservare la monarchia o instaurare la repubblica. Si tenne perciò il referendum, nel quale la repubblica vinse con due milioni di voti di differenza. Il 13 giugno 1946 Umberto II, l’ultimo re d’Italia, lasciò il Paese.
La monarchia in Italia e il fascismo
Quando prese avvio il processo che avrebbe condotto all’Unità d’Italia, una parte dei leader politici era di orientamento repubblicano. Tuttavia, alla testa del processo di unificazione si posero il Regno di Sardegna e la dinastia dei Savoia. Perciò il nuovo Stato, nato nel 1861, fu monarchico.
La casa reale, però, risultò screditata dopo che, dal 1922 al 1943, si compromise con il fascismo. Il re Vittorio Emanuele III aveva destituito Mussolini solo nel luglio del 1943, quando la partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale si era trasformata in una catastrofe.
La guerra civile e i partiti antifascisti
Tra il 1943 e il 1945 l’Italia si trovò divisa: al Nord i fascisti e la Germania nazista costituirono la Repubblica sociale italiana, contro la quale si battevano le formazioni partigiane; al Sud c’era quel che restava del Regno d’Italia, che aveva a capo, formalmente, il sovrano, ed era sostenuto dagli Alleati angloamericani e dai partiti politici rinati dopo la caduta del fascismo. La linea del fronte si spostava progressivamente verso nord, man mano che gli Alleati avanzavano.
I partiti più importanti erano la Democrazia cristiana, di ispirazione cattolica, il Partito comunista, di ideologia marxista, il Partito socialista, alleato dei comunisti, e vari raggruppamenti di ideologia liberale. I partiti erano di fatto i rappresentanti della popolazione e stavano contribuendo in misura significativa, attraverso le formazioni partigiane, alla lotta contro il nazifascismo. Erano per lo più contrari alla monarchia, sia per ideologia, sia per il ruolo avuto da Vittorio Emanuele durante il regime fascista.
La svolta di Salerno
Nell’aprile del 1944 i partiti e la monarchia trovarono un accordo. Il segretario del Partito comunista, Palmiro Togliatti, accettò di riconoscere il re e di far parte del governo, a patto che, alla fine delle ostilità, alla popolazione fosse data la possibilità di scegliere la forma istituzionale dello Stato. La proposta trovò d’accordo gli altri partiti e fu accettata anche dagli Alleati, che in quel momento erano i veri detentori del potere in Italia. Fu la "svolta di Salerno", dal nome della città nella quale aveva sede il governo (Roma era ancora occupata dai tedeschi). Poco dopo l’accordo, Vittorio Emanuele cedette i suoi poteri al figlio Umberto, nominandolo Luogotenente del regno, senza però abdicare.
La campagna elettorale per il referendum
La guerra finì ad aprile 1945 e meno di un anno dopo, nel marzo del 1946, Umberto convocò il referendum per scegliere tra monarchia e repubblica. La popolazione avrebbe votato nella giornata del 2 giugno e nel mattino del 3; nella stessa occasione si sarebbero tenute le elezioni per l’Assemblea costituente, cioè l’organo che avrebbe dovuto scrivere la nuova Costituzione. Al voto avrebbero partecipato, per la prima volta in Italia, anche le donne.
Iniziò così la campagna elettorale. Per la repubblica erano schierati i partiti di sinistra (comunisti, socialisti e varie formazioni minori) e i settori più progressisti della società. La Democrazia cristiana assunse una posizione intermedia: i suoi leader erano quasi tutti repubblicani ma, poiché il partito rappresentava un elettorato in parte conservatore, si decise di lasciare libertà di scelta. Per la monarchia erano schierati vari gruppi liberali e le forze conservatrici, come la maggioranza della Chiesa.
Il 9 maggio Vittorio Emanuele abdicò e il figlio divenne re con il nome di Umberto II: era un tentativo in extremis di salvare la casa reale.
I risultati del voto
Al voto parteciparono 24.946.878 elettori, pari all’89% degli aventi diritto. Non votarono i cittadini delle province delle quali non era stata ancora decisa l’appartenenza all’Italia: Bolzano e tutta la Venezia Giulia.
Il conteggio delle schede richiese diversi giorni perché, nelle condizioni disastrate del dopoguerra, non era facile raccogliere i voti delle sezioni più isolate e far pervenire a Roma tutti i risultati. Dal 5 giugno, però, si iniziò a capire che la Repubblica aveva vinto e il giorno 10 la Corte di cassazione proclamò i risultati: 12.672.767 voti per la repubblica, 10.688.905 per la monarchia (non erano comprese le schede bianche e nulle).
La vittoria della repubblica era netta, ma i risultati avevano evidenziato un altrettanto netto squilibrio territoriale: il Centro-Nord era a favore della repubblica, mentre il Sud aveva votato in maggioranza per la monarchia. La sproporzione si spiega sia perché il Mezzogiorno è tradizionalmente più conservatore, sia perché nel Centro-Nord aveva avuto luogo la Resistenza e le formazioni partigiane rappresentavano in larga maggioranza partiti favorevoli alla repubblica.
La nascita della Repubblica italiana
Dopo il referendum, i monarchici presentarono numerosi ricorsi alla Cassazione. Umberto II rifiutò di lasciare il potere, sostenendo che il conteggio dei voti non fosse definitivo. Il 13 giugno il governo ruppe gli indugi e il presidente del consiglio, Alcide De Gasperi, assunse le funzioni di capo dello Stato, esautorando il sovrano. La Repubblica italiana era nata. Umberto si rese conto che resistere era inutile e partì per il Portogallo, senza riconoscere la sconfitta.
Il 18 giugno la Cassazione, dopo aver esaminato i ricorsi, proclamò i risultati definitivi, che confermavano, con variazioni minime, quelli annunciati il giorno 10.
La questione dei brogli
Ancora oggi circola l’idea che nello scrutinio dei voti fossero state commesse irregolarità contro la scelta monarchica. Si tratta, però, di una teoria priva di fondamento. Anzitutto, la vittoria della repubblica fu molto netta e, anche se tutte le schede nulle (pari a 1.509.735) fossero state assegnate alla monarchia, l’esito del voto non sarebbe cambiato. Inoltre, l’orientamento repubblicano dell’elettorato emerse anche nelle elezioni per l’Assemblea costituente, nelle quali i partiti favorevoli alla repubblica ottennero grande successo. Uno studio del 2012, basato su analisi statistiche e calcoli delle probabilità, ha confermato che non furono effettuati brogli.