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L'harakiri e il seppuku, due modi per riferirsi al rituale suicida praticato solamente dalla casta dei samurai, sono tra gli aspetti più affascinanti e complessi della cultura giapponese. Questo atto non era un gesto di disperazione ma di estrema dignità, infatti, per salvarsi dal disonore, i mitici guerrieri giapponesi si uccidevano con il metodo harakiri, un gesto brutale che però costituiva una suprema manifestazione di coraggio. L’addio del samurai, era un suicidio d'onore, realizzato proprio per dimostrare il proprio valore spirituale e di guerriero. Seppuku è il termine formale e onorevole, radicato nel codice dei samurai (bushidō) e preferito in contesti storici o ufficiali. Harakiri, invece, è la versione più colloquiale e diretta, spesso percepita come più cruda o sensazionalistica.
Origini e significato del seppuku (harakiri)
Il seppuku, letteralmente traducibile come "taglio del ventre", ha le sue radici nel bushidō, il codice d'onore dei samurai, che regolava ogni aspetto della loro vita, dalla lealtà verso il signore feudale al modo in cui affrontare la morte. Per un samurai, la sconfitta o la cattura erano considerate un'onta peggiore della morte stessa. Il suicidio rituale diventava quindi un modo per preservare il proprio onore e dimostrare fedeltà ai propri valori. Il concetto di onore (meiyo) e vergogna (haji) era infatti centrale nella cultura samurai, e il seppuku era visto come l'unica via d'uscita accettabile in caso fallimento. Sebbene "seppuku" e "harakiri" (/ha·ra·kì·ri,ka-/) indichino entrambi il suicidio rituale giapponese, esistono differenze significative nel loro uso e connotazione.

Seppuku è il termine più formale e solenne, utilizzato nei documenti ufficiali e nella cultura samurai per descrivere un atto di onore e disciplina. Harakiri, invece, è una versione più colloquiale e diretta dello stesso concetto, spesso usata nel linguaggio popolare e nei media occidentali con un'accezione più cruda e banale. Mentre il primo conserva una dignità legale al codice di bushidō, il secondo può essere percepito come più sensazionalistico o macabro. Per questo motivo, in Giappone si preferisce l'uso di seppuku quando si fa riferimento alla pratica in un contesto storico o cerimoniale.
La storia giapponese ha visto susseguirsi diversi metodi per attuare il suicidio d’onore, per esempio gettarsi in acqua con l’armatura indosso o saltare da cavallo con la spada in bocca; ma il più conosciuto ed emblematico resta quello di trafiggersi il ventre con un pugnale. Se quindi la radice di tale pratica va ricercata nel profondo senso dell’onore presente nella cultura nipponica, le cause scatenanti del rituale sono fondamentalmente due: il disonore percepito dalla persona che decideva di togliersi la vita o l'imposizione da parte del signore feudale.
Come avveniva il rituale del seppuku
Il seppuku veniva eseguito in luoghi appropriati, spesso in case residenziali o in templi, e con la presenza di testimoni. Se invece, era imposto come pena capitale, avveniva in una sala del governo appositamente allestita per l'occasione. Il samurai, prima dell'atto, doveva lavarsi e purificarsi ed infine indossare una kimono bianco, simbolo di purezza e distacco dai beni terreni. La sua spada o pugnale, veniva quindi disposto cerimonialmente davanti a lui, in un tavolino.

Una volta posizionato lo strumento del delitto, il samurai si sedeva in posizione formale, con le gambe piegate, davanti al pugnale e, prima di procedere all'incisione, recitava o scriveva una "poesia di addio" che rappresentava la sua ultima riflessione sulla vita e sulla morte. Il taglio veniva eseguito da sinistra a destra, e a volte era seguito da un taglio verso l'alto, creando una sorta di croce. Dato che per i giapponesi l’anima ha sede proprio nel ventre, questo gesto auto inflitto era considerato la massima espressione di coraggio. Per evitare una morte lunga e dolorosa poi, un secondo guerriero, tendenzialmente un amico fidato ed un abile guerriero con la katana, in modo che la decapitazione avvenisse con un solo colpo, era incaricato di eseguire la decapitazione. Dopo il seppuku, il corpo del samurai veniva ricomposto e si svolgeva la cerimonia funebre in suo onore.
Perché l’harakiri non è un peccato nella cultura giapponese
Essendo il Giappone una società alimentata e sviluppatasi sulle orme dello scintoismo, del buddismo e del taoismo provenienti dalla Cina, il seppuku veniva visto come un semplice e onorevole modo per morire, null’altro che un semplice tassello nell’infinito ciclo della vita. Il buddismo infatti vede la morte come null’altro che il passaggio da una forma di vita all’altra, ed ammette anche il suicidio. Viceversa, il guerriero che non aveva abbastanza coraggio e senso dell'onore per uccidersi veniva chiamato Ronin, termine coniato per riferirsi ad un samurai che aveva perso il padrone per averlo disonorato.

Il seppuku nel Giappone moderno
Sebbene il seppuku non venga più praticato, il suo significato è ancora presente nella cultura giapponese. L'idea di sacrificio per l'onore si riflette nella letteratura, nel cinema e nella società stessa. Il celebre scrittore Yukio Mishima, per esempio, si tolse la vita con un seppuku nel 1970 come gesto di protesta contro la modernizzazione del Giappone. Inoltre, concetti derivati dal bushidō, come il senso del dovere e la dedizione estrema al lavoro, continuano ad influenzare il mondo giapponese contemporaneo.