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20 Gennaio 2025
19:30

Si può non vedere anche con occhi sani: quando la cecità dipende dal cervello

La cecità è spesso associata a malattie che colpiscono gli occhi. Tuttavia, esistono condizioni neurologiche chiamate “cecità cerebrale” in cui, pur con una vista impeccabile, un danno al cervello può oscurare intere porzioni del mondo visibile o perfino creare universi alternativi.

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Si può non vedere anche con occhi sani: quando la cecità dipende dal cervello
cecita neurologica

Non sempre il malfunzionamento della vista deriva da problemi fisici agli occhi. Il senso della vista non si esaurisce infatti con gli occhi, che si limitano a svolgere il ruolo di un obiettivo e di un sensore in una macchina fotografica, ma coinvolge anche determinate aree del cervello che si occupano di elaborare i segnali inviati dagli occhi. Per questo motivo particolari lesioni cerebrali possono compromettere la capacità del cervello di interpretare le immagini, portando talvolta a "dimenticare" una parte del mondo o, in altri casi, a sostituirla con incredibili scenari alternativi. Ecco alcune condizioni di cecità cerebrale in cui i pazienti non possono vedere correttamente pur avendo occhi perfettamente sani.

Come il cervello ci permette di vedere e quali aree controllano la vista

Gli occhi regolano la quantità di luce in ingresso, mettono a fuoco le immagini e, grazie a cellule specializzate, sono in grado di convertire le onde luminose nel linguaggio del cervello, cioè in segnali elettrici.

Tuttavia, ciò che catturano gli occhi non è ancora “vista”: a questo livello, le immagini sono segnali elettrici privi di una forma, un po’ come l’insieme di stringhe di codice nel film Matrix.

Dagli occhi le informazioni visive iniziano un viaggio nel cervello, passando per aree specializzate che interpretano aspetti specifici di ciò che vediamo. La prima tappa è la corteccia visiva, nel lobo occipitale, che ha il compito di creare un “assemblaggio di base” dell’immagine, analizzandone forme, colori e orientamento. Successivamente, le informazioni seguono due percorsi:

  • la via del "dove", attraverso il lobo parietale, elabora i movimenti e i dettagli spaziali.
  • La via del "cosa", diretta al lobo temporale, riconosce volti e oggetti.

La nostra capacità di percepire e interpretare il mondo dipende dal perfetto coordinamento di queste aree. Ma cosa accade se una di esse subisce un danno?

vie visive
Localizzazione della corteccia visiva (in arancione), della via del "dove" (in verde) e della via del "cosa" (in viola) nel cervello umano.
Credit: Andrey Vyshedskiy, Shreyas Mahapatra, Rita Dunn, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

La prosopagnosia, quando non riusciamo a riconoscere i volti

Scambieresti mai il volto di una persona cara per un cappello? Per quanto assurdo sembri, è ciò che accadde al paziente P. che, dopo un ictus, sviluppò la prosopagnosia, una forma di cecità cerebrale che impedisce di riconoscere i volti. La causa risiede spesso in lesioni alla corteccia fusiforme, una regione della “via del cosa” specializzata nel loro riconoscimento. Quando questa area è lesa, il cervello perde l’idea stessa di volto e un viso familiare può diventare un insieme di dettagli scollegati, fino a essere confusa con un oggetto qualsiasi, persino… un cappello.

L'achinetopsia, quando non riusciamo a percepire i movimenti

Immaginate questa scena: state attraversando la strada, notate un’auto in lontananza, ma un istante dopo ve la trovate a pochi metri, senza averne percepito il movimento. Inquietante, vero? Eppure, chi soffre di achinetopsia non rimarrebbe stupito. Questa rara forma di cecità è causata da lesioni nelle aree cerebrali che elaborano i movimenti. Di conseguenza, per questi pazienti il mondo non scorre in modo fluido, ma appare come una sequenza di fotogrammi. Pensate che il paziente L.M. trovava impossibile persino versare un bicchiere d’acqua: ai suoi occhi, il liquido sembrava una colonna immobile, rendendogli impossibile capire quando fermarsi prima di traboccare!

La negligenza spaziale unilaterale, quando vediamo solo “metà” del mondo 

Immaginate di svegliarvi un mattino e non riconoscere il vostro volto allo specchio o, ancora, di vedere il mondo a metà. È quanto accaduto ad Anton Räderscheidt, pittore tedesco del Novecento, che improvvisamente perse la capacità di vedere il mondo per intero, percependo solo ciò che si trovava alla destra del suo campo visivo. Tuttavia, se state pensando che Anton fosse stato colpito da un malore a uno dei suoi occhi siete sulla cattiva strada.

Il pittore era stato colpito da un ictus a un lobo parietale, un’area fondamentale per percepire lo spazio intorno a noi, sviluppando un disturbo chiamato negligenza spaziale unilaterale. Chi ne è affetto, leggendo un testo, noterà solo le parole su una metà della pagina. Se invitato a disegnare un orologio, raffigurerà i numeri su una sola metà del quadrante. È come se una parte del mondo, pur visibile agli occhi, smettesse di esistere, "cancellata" dal danno cerebrale.

emingligenza
Disegno di un orologio di un soggetto con negligenza spaziale.
Credit: Dhru4you, Public domain, via Wikimedia Commons

La sindrome di Anton, quando non sappiamo di essere ciechi

Se a subire un danno è la corteccia visiva, il cervello perde la capacità di elaborare le immagini e la persona diventa cieca, come se il problema fosse agli occhi. Tuttavia, se incontraste qualcuno affetto dalla sindrome di Anton, una forma di cecità causata da lesioni alla corteccia visiva, probabilmente non vi accorgereste subito della sua condizione. Anzi, il paziente potrebbe descrivere precisamente ciò che lo circonda, proprio come se vedesse. Presto, però, vi rendereste conto che gli oggetti di cui parla non esistono: è tutto frutto di un’illusione costruita dal cervello! I pazienti con sindrome di Anton, infatti, negano la loro cecità (condizione nota come anosognosia visiva) e tendono a confabulare, cioè a inventare dettagli e descrizioni per colmare i vuoti lasciati dalla perdita della vista.

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