
L’espressione si vis pacem para bellum, cioè «se vuoi la pace prepara la guerra», usata spesso nelle strategie militari ma anche in ambito politico, pone l’accento sul concetto di deterrenza, cioè sull'idea secondo la quale disporre di forze armate potenti dovrebbe rendere più improbabile essere attaccati e, di conseguenza, dovrebbe ridurre il rischio che scoppi la guerra. Tra gli autori antichi che hanno sostenuto un principio simile figurano Platone e Cicerone. La formulazione della frase più simile a quella che conosciamo compare in un’opera di Vegezio, autore del IV secolo d.C. nel suo trattato "Epitoma Rei Militaris"; la forma si vis pacem para bellum è invece attestata in epoca moderna. Questa espressione latina è stata recentemente usata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per giustificare l’aumento delle spese militari. La leader dell’opposizione, Elly Schlein, ha replicato che la frase non è più attuale.
Cosa significa si vis pacem para bellum recentemente usata da Meloni
L’espressione latina si vis pacem para bellum significa, letteralmente, «se vuoi la pace prepara la guerra». È dunque un invito ad armarsi e a investire risorse ingenti in ambito militare, per il principio della deterrenza: se si dispone di un esercito forte, è più difficile che qualcuno decida di attaccare. Di conseguenza, secondo l’espressione si vis pacem para bellum, gli investimenti militari servirebbero per garantire la pace.

Le origini di Si vis pacem para bellum
La frase si vis pacem para bellum, a differenza di quello che si pensa, non è stata pronunciata da nessun autore latino. Alcuni scrittori antichi, però, hanno espresso il concetto contenuto nella frase, usando parole diverse. Uno dei primi autori a sostenere che, se vuoi la pace, devi prepararti per la guerra è stato Platone, il filosofo greco del IV secolo a. C., nell’opera "Le Leggi".
Anche alcuni autori latini hanno usato espressioni con lo stesso significato di si vis pacem para bellum. Nel I secolo a.C. Cicerone, nella "Settima Filippica" affermò: si pace frui volumus, bellum gerendum est, cioè «se vogliamo godere della pace, dobbiamo fare la guerra». Nello stesso secolo, lo storico Cornelio Nepote usò l’espressione paritur pax bello, cioè, «la pace si ottiene con la guerra», nella biografia di Epaminonda.
La formulazione più simile alla nostra risale però al IV secolo d.C., compare infatti nella "Epitoma Rei Militaris" (nota in italiano con il titolo L’arte della guerra), un trattato scritto dall'autore Publio Vegezio Renato. Si legge nell’opera: igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum, «dunque, chi desidera la pace, si prepari per la guerra».

Utilizzo nella cultura di massa di si vis pacem para bellum
Non sappiamo chi abbia usato per primo frase nella forma che conosciamo. Il concetto della deterrenza mediante la forza militare è stato espresso da autori di età medievale e moderna, tra i quali Machiavelli.
Sappiamo per certo che la frase si vis pacem para bellum era nota già all’inizio dell’Ottocento e fu usata in un libro di memorie dal segretario di Napoleone, Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne, secondo il quale, se l’imperatore l’avesse conosciuta, ne avrebbe invertito le parole: "se vuoi la guerra, prepara la pace".
Inoltre, alla fine dell’Ottocento una fabbrica di armi tedesca, la Deutsche Waffen und Munitionsfabriken, usò la seconda parte della frase, para bellum, come indirizzo telegrafico di una sua filiale. Come conseguenza, la parola parabellum, scritta senza spazi, fu usata per identificare un loro prodotto, la pistola Luger parabellum, molto diffusa fino alla Seconda guerra mondiale.

La frase è stata inoltre usata in molti Paesi nel Novecento per giustificare la militarizzazione della società e l’aumento delle spese destinate alle forze armate. È anche il motto di alcune unità militari, come il 96th Communications Squadron dell’aeronautica americana, attivo nella base di Eglin, in Florida.
Ma è vero che se vuoi la pace devi preparare la guerra?
La tesi secondo la quale, se vuoi la pace, devi preparare la guerra, cioè che devi armarti fino ai denti, non è sempre fondata. In alcuni casi, il principio della deterrenza ha effettivamente funzionato. Per esempio, durante la Guerra Fredda, la disponibilità di enormi arsenali atomici è stato uno dei fattori grazie al quale lo scontro diretto tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, non ha avuto luogo. In molti altri casi, però, la disponibilità di armi è stata un incentivo alla guerra e ne ha favorito lo scoppio, perché ha fatto sì che gli Stati si sentissero forti e pronti al combattimento. Molti storici hanno osservato come l'abbondante presenza di armi e fabbriche militari, dovuta ai progressi tecnologici e alla Seconda rivoluzione industriale, sia stata una (ma non l’unica) delle cause dello scoppio della Prima guerra mondiale, perché ha spinto i Paesi europei a combattere invece di risolvere le controversie per via diplomatica. Del resto, spesso l’aumento delle spese militari e la militarizzazione è dovuto non al desiderio di proteggersi ed evitare attacchi, ma alla volontà di dominare sugli altri. Non a caso, nel dibattito politico talvolta la frase è ribaltata: si vis pacem, para pacem, cioè, se vuoi la pace, prepara la pace.