
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»: eppure, ancora oggi troppi lavoratori e lavoratrici muoiono durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Il caso di Octay Stroici – l’operaio di 66 anni morto a Roma dopo essere rimasto incastrato per 11 ore sotto le macerie della Torre dei Conti crollata – è l’ennesima triste dimostrazione di come, nel nostro Paese, la sicurezza dei lavoratori debba ancora fare passi da gigante.
Secondo i dati INAIL (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), nei primi 9 mesi del 2025 sono stati registrati 777 decessi legati all'attività lavorativa, con una media di 2,85 infortuni mortali al giorno. Pur essendo in diminuzione costante dagli anni '60 a oggi, si tratta di un dato preoccupante. L'Italia, infatti, è il terzo Paese UE per numero di morti sul lavoro ogni 100.000 occupati, dietro solo a Francia e Bulgaria.
I dati sugli infortuni mortali in Italia nei primi 9 mesi del 2025
Complessivamente, dal 1° gennaio al 30 settembre 2025, l'INAIL ha ricevuto 310.726 denunce di infortunio (mortali e non), in diminuzione del 0,2% rispetto allo stesso periodo del 2024 e segnando un -28% rispetto al 2022. In questi primi 9 mesi dell'anno, ben 777 infortuni (studenti esclusi) sono stati mortali, di cui 570 avvenuti durante sul luogo di lavoro e 207 “in itinere”, ossia occorsi nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro. Si tratta di un dato estremamente preoccupante: per intenderci, significa 2,85 lavoratori morti al giorno.
Il dato, tra l'altro, è in crescita dell'1,2% rispetto allo stesso periodo del 2024: rapportandolo ai dati degli occupati rilasciati dall'ISTAT, nei primi 9 mesi dell'anno l'incidenza degli infortuni mortali sul lavoro è stata di 2,35 decessi ogni 100.000 lavoratori.
Va ricordato, comunque, che questi sono i dati ufficiali rilasciati dall’INAIL e che fanno riferimento esclusivamente alle denunce dei lavoratori regolarmente registrati: nella realtà dei fatti, quindi, il numero di infortuni e decessi potrebbe essere persino più alti.
Da un punto di vista di distribuzione geografica, invece, la maggiore incidenza di casi si conferma nel Nord-Ovest e al Sud, seguiti dal Nord-Est, dal Centro e dalle Isole.
Tra i settori con più infortuni avvenuti durante lo svolgimento delle mansioni lavorative, crescono i comparti delle costruzioni (+2,9%), del commercio (+2,6%), della sanità e assistenza sociale (+2,1%) e delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+1,5%). Al contrario, migliorano leggermente i settori di trasporto e magazzinaggio (-1,9%) e quello manifatturiero (-1,2%).
Gli infortuni mortali sul lavoro negli anni precedenti
Va detto, comunque, che nel corso degli ultimi 10 anni la situazione è migliorata, come visibile anche nel grafico qui sotto. Se negli anni '60 morivano sul lavoro circa 20,6 persone ogni 100.000 occupati, nel 2024 questo valore è sceso drasticamente a 3,1 ogni 100.000, con una decrescita graduale negli ultimi 60 anni, a eccezione del biennio 2020-2021, quando vennero conteggiate anche le morti causate da Covid-19).
Insomma, se è pur vero che nel corso dei decenni il tema della sicurezza sul lavoro ha acquisito sempre maggiore centralità, è evidente che nel 2025 il problema resta ancora tangibile.
Il confronto con gli altri Paesi UE
Anche nel confronto con gli altri Stati europei, l'Italia non si posiziona bene: secondo i più recenti dati Eurostat, riferiti al 2023, il nostro Paese occupa il terzo posto in classifica per numero di infortuni mortali sul lavoro. Al primo posto si posiziona la Francia (con 3,6 infortuni ogni 100.000 abitanti), seguita dalla Bulgaria (3,5), a fronte di una media UE di 1,6 infortuni mortali ogni 100.000 abitanti. Tra i migliori, invece, restano la Germania (0,7) e i Paesi Bassi (0,4).