;)
Suonare uno strumento lungo l’arco della vita aiuta a mantenere il cervello più giovane. E' quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista PLOS Biology, che ha analizzato quanto studiare uno strumento musicale nel corso della vita aiuterebbe a preservare le performance cognitive e la funzionalità cerebrale in compiti legati all'ascolto in età avanzata. Gli anziani musicisti coinvolti nella ricerca sono stati in grado di riconoscere i suoni molto meglio dei loro coetanei non musicisti, e la loro attività cerebrale è risultata molto più simile a quelli dei giovani adulti.
Sebbene si tratti di un piccolo numero di partecipanti, questi risultati si aggiungono alla mole di studi che suggeriscono come lo studio di uno strumento musicale fin da giovani possa favorire lo sviluppo della riserva cognitiva: quell'insieme di strategie e adattamenti che permettono al cervello di compensare i cambiamenti fisiologici legati all’età, “orchestrando” in maniera armoniosa le sue funzioni anche in vecchiaia e rallentando il naturale declino delle capacità cognitive.
Cosa dice lo studio
I ricercatori della Baycrest Academy for Research and Education e della Chinese Academy of Sciences hanno confrontato tre gruppi di partecipanti: 25 anziani musicisti, con almeno 32 anni di esperienza nel suonare uno strumento, 25 anziani non musicisti (entrambi i gruppi intorno ai 65 anni) e 24 giovani adulti.
Tutti i soggetti sono stati sottoposti a un compito particolarmente impegnativo: riconoscere una sillaba mascherata da un rumore di fondo simile a un vocio indistinto, un’attività in cui gli anziani mostrano generalmente difficoltà. Contemporaneamente, i ricercatori hanno misurato l’attività cerebrale tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica che permette di misurare le variazioni del flusso sanguigno nel cervello per identificare le aree che si attivano durante l’esecuzione di uno specifico compito.

I risultati sono stati chiari: gli anziani musicisti non solo riconoscevano meglio le sillabe rispetto ai coetanei non musicisti, ma mostravano pattern di attività cerebrale molto più simili a quelli dei giovani adulti. Negli anziani non musicisti, per compensare le difficoltà di ascolto, il cervello tendeva ad attivare maggiormente una regione chiamata flusso dorsale uditivo (una rete chiave nella percezione dei suoni). Al contrario, il cervello degli anziani musicisti manteneva un’attivazione complessiva più efficiente e vicina a quella osservata nei giovani, rendendoli capaci di risolvere efficientemente il compito di ascolto senza "spremere troppo le meningi".
Questa osservazione suggerisce che suonare uno strumento nel corso della vita contribuisce a preservare l’integrità e l’architettura neuronale in alcune regioni del cervello coinvolte nell'elaborazione uditiva, attenuando gli effetti dell’invecchiamento sulle capacità cognitive legate all’ascolto. Un po’ come un buon olio consente di mantenere lubrificati gli ingranaggi di un motore, migliorandone le prestazioni e rallentando la sua naturale usura.
La riserva cognitiva permette di ritardare il fisiologico declino del cervello
Il presente studio aggiunge un tassello importante alla comprensione di come il nostro cervello cambi con l’avanzare dell’età e di quali strategie possano aiutarlo a rimanere giovane. Con il passare degli anni, infatti, il cervello va incontro a un fisiologico e graduale declino: i circuiti neuronali funzionano con minore efficienza, il volume di materia cerebrale si riduce e la connettività tra le cellule nervose si modifica rispetto a quella tipica di un cervello giovane. Tutto ciò si traduce in un calo delle prestazioni cognitive. Ecco perché attività che da ragazzi svolgiamo quasi senza pensarci, come memorizzare un’informazione o imparare a utilizzare un nuovo dispositivo tecnologico o una nuova lingua, possono, col tempo, diventare più impegnative e faticose.
Tuttavia, proprio come l’esercizio fisico costante aiuta a mantenere il corpo tonico nonostante gli anni, esistono anche abitudini che preservano la salute cerebrale. Dedicare del tempo, lungo l’arco della vita, ad attività mentalmente stimolanti (come lo studio, la lettura o suonare uno strumento), praticare sport e coltivare relazioni sociali di qualità, contribuisce a creare un vero e proprio “salvadanaio cerebrale” da spendere quando saremo più in là con l’età. In termini scientifici, questa riserva è nota come riserva cognitiva.

La riserva cognitiva agisce come un ammortizzatore del declino: da un lato rallenta la perdita di neuroni e di efficienza delle connessioni, dall’altro consente al cervello di individuare dei circuiti cerebrali alternativi, quando i percorsi preferenziali tipici dell’età giovanile non sono più percorribili, permettendo di mantenere prestazioni cognitive più vicine a quelle dei giovani. Un po’ come quando il navigatore propone un percorso secondario a quello principale, che forse richiederà qualche minuto in più, ma permetterà comunque di raggiungere la meta. Grazie a questi meccanismi, gli anziani con alti livelli di riserva cognitiva ottengono prestazioni significativamente migliori nei compiti cognitivi rispetto a coetanei con riserva ridotta, riuscendo così a mantenere più a lungo un cervello sano, attivo e vitale.