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11 Luglio 2025
7:00

Trent’anni dal massacro di Srebrenica: la più grave strage compiuta in Europa dopo la seconda guerra mondiale

Nel luglio del 1995, più di 8000 ragazzi e uomini bosgnacchi vennero uccisi a causa della loro appartenenza etnico-religiosa dall'esercito serbo-bosniaco. Trent'anni dopo ci si interroga ancora su quanto si sarebbe potuto fare per evitare quello che anche la ICJ (massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite) ha definito un genocidio.

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Trent’anni dal massacro di Srebrenica: la più grave strage compiuta in Europa dopo la seconda guerra mondiale
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Il massacro di Srebrenica, anche chiamato genocidio di Srebrenica, fu una strage commessa nel luglio del 1995 dalle truppe serbo-bosniache ai danni della popolazione bosgnacca che abitava in questa città della Bosnia orientale.

Secondo la stima più accreditata, in appena tre giorni furono brutalmente uccise 8.372 persone, quasi tutte di sesso maschile. L’episodio si colloca nel contesto delle guerre jugoslave e, più specificamente, nella guerra scoppiata in Bosnia-Erzegovina, nel corso della quale le tre parti in causa (serbi di Bosnia, croati e bosgnacchi) si resero responsabili di massacri e atrocità. Per la strage di Srebrenica, il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha condannato 21 persone. Sono però ancora in corso polemiche su alcune questioni, come il mancato intervento dei caschi di blu dell’Onu e i crimini commessi dai bosgnacchi contro i serbo-bosniaci prima del massacro.

Le guerre in Jugoslavia e la situazione in Bosnia

La Jugoslavia era composta da sei entità politiche abitate da popolazioni diverse per etnia e religione: Serbia, Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia. Negli anni ‘90, però, le sei repubbliche che componevano si separarono, dando vita a Stati indipendenti.

Le repubbliche jugoslave (credit Jugo_kort via Wimedia Commons)
Le repubbliche che componevano la Jugoslavia (credit Jugo_kort via Wimedia Commons)

La dissoluzione provocò sconti sanguinosi, e la Bosnia-Erzegovina fu teatro di violenze particolarmente efferate, essendo la più multietnica delle repubbliche. La Bosnia-Erzegovina era infatti abitata da tre etnie principali:

  • bosgnacchi, cittadini di religione musulmana (oggi costituiscono circa il 51% della popolazione totale);
  • serbo-bosniaci, cittadini di etnia serba e religione cristiano-ortodossa (circa il 31% della popolazione);
  • croati di religione cristiano-cattolica (circa il 16% della popolazione).

La Bosnia era pertanto teatro di forti tensioni. Nel 1991, quando il parlamento nazionale dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia, i rappresentanti politici della popolazione serbo-bosniaca, capeggiati da Radovan Karadzic e sostenuti dal governo di Belgrado, rifiutarono la decisione e proclamarono la nascita della Repubblica Srpska, cioè la Repubblica serba di Bosnia, sui territori nei quali la componente serba era maggioritaria.

Tutte e tre le etnie presenti in Bosnia costituirono forze armate: l’Esercito della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina (Arbih) per la parte bosgnacca, l’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina  (Vrs) per i serbo-bosniaci, il Consiglio di difesa croato (Hvo) per la parte croata. La guerra scoppiò nel 1992 e si protrasse sino alla fine del 1995, quando terminò grazie agli accordi di Dayton.

Situazione militare nel 1994 (Wikimedia Commons)
Situazione militare nel 1994, alla vigilia del massacro (Wikimedia Commons)

La situazione di Srebrenica e i crimini contro i serbi

Srebrenica era una città abitata da una maggioranza bosgnacca situata in un territorio a maggioranza serba, perciò era una sorta di enclave. Nel 1992 la città fu assediata dall’esercito serbo-bosniaco, comandato Radko Mladic, che intendeva eliminare la presenza bosgnacca nell’area. A Srebrenica era presente anche l’esercito bosgnacco, comandato Naser Oric, che si rese responsabile di crimini contro la popolazione di serbo-bosniaca (l’entità dei massacri non è mai stata accertata). Certamente Srebrenica era una città carica di tensioni e nel 1993 l’Onu la dichiarò zona protetta, insieme ad altre città bosniache, schierando nell’area i suoi caschi blu.

Il massacro dei bosgnacchi a Srebrenica

Nel luglio del 1995 le truppe di Mladic lanciarono un attacco contro l’enclave di Srebrenica. Lì, migliaia di bosniaci erano fuggiti tre anni prima, quando erano iniziate le ostilità, perché perché l’Onu l’aveva dichiarata zona protetta. Ma per citare lo scrittore Paolo Rumiz, "Srebrenica è diventata la loro trappola".

Il generale serbo Milanovic disse a Radio Belgrado:

Srebrenica è un'enorme sala d'aspetto. Possono solo rimanere seduti e aspettare quando arriveremo per finire il lavoro.

Eppure, il mondo restò a guardare.

In quei giorni, a Srebrenica erano presenti circa 600 caschi blu olandesi, che spararono alcuni colpi in aria, ma non offrirono una vera resistenza, come previsto dalla risoluzione 836 dell'ONU. Il colonnello Karremans lanciò l'allarme per l'arrivo delle truppe di Mladic, chiedendo supporto aereo il 6 e l'8 luglio, e facendo una seconda richiesta tre giorni dopo. Ma il generale olandese Nicolai, di stanza a Sarajevo, si rifiutò di inoltrare le sue richieste al generale francese Janvier, che era responsabile presso il quartier generale ONU a Zagabria. Solo l'11 luglio, quando ormai i carri armati di Mladic erano entrati a Srebrenic, Nicolai trasmise la richiesta, ma era troppo tardi. Agli F-16 che erano già in volo sulla città venne ordinato di tornare alle basi italiane per fare rifornimento, e i caschi blu si ritirarono con la motivazione di "non disporre di forze sufficienti per contrastare l’avanzata serbo-bosniaca". Le truppe serbo-bosniache poterono così mettere in atto senza ostacoli il loro piano di "pulizia etnica" (termine da loro coniato e poi riutilizzato più volte per descrivere i genocidi).

Il massacro iniziò infatti subito dopo la conquista. I soldati serbi, spalleggiati dalla milizia paramilitare serba degli Scorpioni, separarono gli uomini da donne e bambini ed effettuarono esecuzioni di massa in diverse località. I cittadini maschi bosgnacchi furono allineati e abbattuti a colpi di mitragliatrice. I massacri si protrassero per più giorni, fino al 19 luglio, e i cadaveri vennero seppelliti in fosse comuni. Il numero di vittime, secondo la Commissione bosniaca per le persone scomparse, è pari a 8.372 uomini. Al momento, ne sono stati identificati solo 6.930.

Le donne – giovani, vecchie e bambine – subirono invece l'orrore dello stupro: furono infatti quasi 50 mila le donne violentate sistematicamente dai soldati dell’esercito serbo o dai gruppi paramilitari al loro servizio.

Una fosse comune (credit Adam63 via Wikimedia Commons)
Una fosse comune (credit Adam63 via Wikimedia Commons)

Negli accordi di Dayton del novembre 1995 che hanno sancito la fine della guerra, Srebrenica fu assegnata alla Repubblica Srpska, l’entità dello Stato bosniaco a maggioranza serba (la Bosnia, in base agli accordi di Dayton, è uno Stato composto da due entità politiche semiautonome, una bosgnacca e una serbo-bosniaca).

La Bosnia Erzegovina dopo Dayton
La Bosnia–Erzegovina oggi, come emersa dagli accordi di Dayton (Wikimedia Commons)

Procedimenti giudiziari e polemiche

Il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha condannato per la strage di Srebrenica 21 persone, tra le quali Radovan Karadzic e Radko Mladic, che stanno scontando l’ergastolo.

Radovan Karadzic durante il processo
Radovan Karadzic durante il processo

Il governo della Serbia non è stato riconosciuto responsabile: sebbene sostenesse i serbo-bosniaci, non risulta che abbia dato il via libera al massacro o ne fosse a conoscenza.

La strage di Srebrenica provoca accese discussioni nei Paesi Bassi a proposito del ruolo dei caschi blu, in particolare perché rifiutarono di accogliere rifugiati bosgnacchi nella loro base, facendoli finire in mano ai carnefici.

Altra questione discussa è quella dei massacri compiuti dai bosgnacchi ai danni dei serbo-bosniaci. Il governo serbo e la Repubblica srpska sostengono che l'esercito bosgnacco uccise migliaia di serbo-bosniaci (le stime arrivano fino a 3500 vittime), implicitamente asserendo che il massacro compiuto nel luglio del 1995 dai soldati di Mladic fu un atto di vendetta per le stragi delle quali erano stati vittime. Ad oggi, il numero delle vittime serbo-bosniache non è accertato. Nel corso della guerra in questione, quindi, furono commessi crimini efferati da tutte le parti in causa, sebbene il massacro di Srebrenica, per l’entità della strage, sia l'episodio più grave e cruento.

Fonti
Report of the Secretary-General pursuant to General Assembly resolution 53/35 The fall of Srebrenica
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