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Gli Stati Uniti hanno sempre coltivato rapporti con i Paesi europei, soprattutto con la parte occidentale del continente e dopo la Seconda Guerra Mondiale le relazioni si sono rafforzate in misura significativa. Gli Stati Uniti, sotto la guida del presidente Harry Truman, hanno favorito la ripresa economica e sociale del Vecchio continente mediante il Piano Marshall; inoltre, sono diventati una sorta di “protettore” dell’Europa occidentale, tramite la NATO, occupandosi della sua difesa. Nei decenni successivi, gli Stati Uniti hanno intrattenuto rapporti stretti sia con le istituzioni europee, sia con i singoli Paesi, esercitando una sorta di egemonia culturale e interferendo, in alcuni casi, nelle vicende interne degli Stati. Per esempio, l'alleanza tra Italia e Stati Uniti affonda le sue radici proprio nella storia del secondo dopoguerra, quando il sostegno americano fu determinante per la ricostruzione postbellica. La fine della Guerra Fredda e la globalizzazione hanno cambiato il quadro della situazione e oggi negli States c’è chi vede l’Europa non come un alleato, ma come un concorrente.
Stati Uniti e Paesi europei: la svolta della Seconda guerra mondiale
Rapporti economici e culturali tra Stati Uniti e Paesi Europei sono sempre esistiti, tuttavia, fino agli anni '40 l’opinione pubblica americana non desiderava che il Paese fosse coinvolto in vicende riguardanti il Vecchio Continente e pertanto prevaleva un approccio isolazionista. La Seconda guerra mondiale cambiò completamente lo scenario: dopo il conflitto, Stati Uniti e Unione Sovietica emersero come le uniche superpotenze e l’Europa divenne teatro di una lotta per l’egemonia. In base agli accordi stipulati durante e dopo la guerra, il continente fu di fatto diviso in due sfere di influenza: la parte occidentale che costituiva la sfera americana; la parte orientale che era soggetta all’Unione Sovietica.

I rapporti tra Stati Uniti e Paesi dell’Europa occidentale non erano paritari, ma basati sull’egemonia americana: gli USA erano infatti nettamente più sviluppati in termini economici, anche perché la guerra non era stata combattuta sul loro territorio e non avevano subito danni a livello territoriale, e più forti sul piano militare.
Il Piano Marshall e le ingerenze politiche
Dopo la guerra, gli Stati Uniti avevano necessità che i loro alleati europei si ristabilissero e diventassero dei partner affidabili sul piano economico, politico e militare. Per tale ragione, nel 1947, l’amministrazione americana lanciò l’European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall, dal nome del segretario di Stato, George C. Marshall, che lo propose. Il programma, durato fino al 1952, prevedeva di fornire beni e sostegno finanziario agli Stati europei. Nel complesso, gli Stati Uniti erogarono circa 14 miliardi di dollari, divisi proporzionalmente tra 16 Paesi. L’Italia fu uno dei maggiori beneficiari e ottenne in totale 1204 milioni di dollari.

L’Unione Sovietica e i Paesi del blocco orientale, ai quali era stato proposto di partecipare al programma, rifiutarono per timore che gli aiuti economici comportassero ingerenze americane nei loro affari interni. Ed effettivamente in Europa occidentale il Piano Marshall, pur agevolando la ripresa economica, garantì agli Stati Uniti una forte influenza politica.
La cooperazione militare: nasce la NATO
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti divennero una sorta di “protettori” dell’Europa occidentale sul piano militare. Nel 1949 nacque la NATO (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord), un’alleanza militare tra Stati Uniti, Canada e Paesi dell’Europa occidentale. Il trattato prevedeva (e prevede tuttora) che, se uno dei membri subisce un attacco da un Paese terzo, l’intera alleanza deve mobilitarsi a suo favore. In sostanza, la Nato nacque per scongiurare attacchi nell’Europa occidentale da parte dell’URSS. Di fatto, con l’istituzione della NATO, l’Europa occidentale “appaltò” la propria difesa agli Stati Uniti, che installarono basi militari in numerosi Paesi, inclusa l’Italia. Non tutta l’opinione pubblica, però, accettava che gli Stati del Vecchio continente rinunciassero a svolgere un ruolo autonomo nelle dinamiche internazionali: per questo negli anni '60 due Paesi, Regno Unito e Francia, si dotarono a loro volta di armi nucleari; nel 1966, inoltre, la Francia decise di uscire dal comando integrato della Nato. Ciò nonostante, gli USA restarono di fatto egemoni, in termini di cooperazione militare, rispetto a tutta l’Europa occidentale.

L'egemonia culturale degli USA sui Paesi europei: il soft power
Gli Stati Uniti hanno esercitato una significativa egemonia culturale sui Paesi europei, persino il cinema e altri prodotti culturali, come la musica, hanno fatto sì che diventassero un punto di riferimento e, per molti aspetti, un modello per i cittadini europei. L’ammirazione per gli States ha subito un’incrinatura a partire dagli anni '70, a causa della guerra in Vietnam e di successive operazioni militari effettuate dagli americani, e l’egemonia non è stata totale. Tuttavia, il soft power americano non è mai venuto meno e persiste ancora oggi.
L’integrazione europea e i rapporti commerciali
Sin dalle origini, gli Stati Uniti hanno guardato con favore all’integrazione europea, considerata uno strumento utile nel confronto con il blocco sovietico. Già negli anni ’50 gli americani intrapresero relazioni con i primi organismi europei, come la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, nata nel 1951, e in seguito hanno cooperato attivamente con la Comunità economica europea (nata nel 1957) e con l’Unione Europea (nata nel 1992). Inoltre, nel corso degli anni hanno coltivato rapporti commerciali molto stretti con i singoli Paesi europei.

Rapporto tra USA ed Europa dopo la guerra fredda
Negli anni '90, la fine della Guerra Fredda ha completamente cambiato gli equilibri internazionali. Gli Stati dell’Europa orientale si sono “avvicinati” progressivamente al blocco occidentale, entrando nella NATO e diventando partner commerciali degli Stati Uniti, che in tal modo hanno esteso la loro influenza su tutto il continente. I rapporti di cooperazione politica ed economica tra le due sponde dell’Atlantico si sono rafforzati e dagli anni '90 sono stati sottoscritti diversi accordi tra gli Stati Uniti e le istituzioni europee. Non tutti i progetti, però, sono stati portati a termine, per esempio l’idea di istituire una Zona di libero scambio transatlantica, avanzata negli anni scorsi, non è mai stata concretizzata. Anche dal punto di vista politico e militare, non sono mancate alcune divergenze: si pensi che durante la “guerra al terrorismo” scatenata dall’amministrazione Bush dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, alcuni Paesi europei sostennero l’invasione dell’Iraq, mentre altri si dichiararono contrari.

La fine della “minaccia” sovietica e la globalizzazione hanno fatto sì che gli Stati Uniti sentissero di avere “meno bisogno”, per molti aspetti, dell’Europa. Una parte dell’opinione pubblica americana considera i Paesi europei come concorrenti, non come partner, e ritiene sbagliato garantire loro sostegno militare. Su queste idee fa leva l’approccio antieuropeo del presidente Donald Trump.