
Ha fatto molto discutere una recente intervista al Daily Mail del generale britannico Richard Shirreff, alto ufficiale delle Forze Armate di Sua Maestà Britannica ed ex Vice Comandante Alleato Supremo in Europa (la seconda carica più importante all'interno delle strutture militari della NATO), secondo cui esiste il rischio di uno «scenario estremo, ma non impossibile» in cui, a fronte di un attacco a sorpresa su vasta scala della Russia ai danni dell'Europa, le difese orientali della NATO possano cedere in appena 100 ore. Lo scenario “apocalittico” ha fatto anche paventare ipotesi di “Terza Guerra Mondiale alle porte”. Ma è davvero così?
Questa non è una tesi nuova da parte di Shirreff: già nel 2016 con il suo libro 2017: War with Russia: An Urgent Warning from Senior Military Command sferzare tanto il mondo militare quanto quello della politica in merito a quello il generale ammoniva che la NATO si trova in uno stato di completa impreparazione che la renderebbe incapace di organizzare una difesa sufficiente nel caso in cui si concretizzasse lo scenario peggiore nel fianco est della NATO. Che le valutazioni espresse da Shireff nel corso degli anni siano realistiche o meno è argomento di dibattito: quello che possiamo dire è che al momento non vi sono segnali credibili di un'offensiva russa a sorpresa in preparazione.

Perché al momento è improbabile un attacco a sorpresa da parte della Russia
Il motivo principale per cui appare improbabile che al momento Mosca si stia preparando a un'offensiva a sorpresa su larga scala lungo i confini est della NATO è l'assenza di preparativi da parte della Marina Militare Russa. Questo asset ricoprire una posizione di fondamentale importanza nelle strategie militari del Cremlino, come ampiamente confermato nel corso dell'intervento russo nella Guerra Civile Siriana e durante la guerra russo-ucraina. Prima dell'inizio delle ostilità, tra ottobre 2021 e febbraio 2022, si assistette infatti a una concentrazione abnorme di forze navali russe nelle acque del Mar Nero (alcune provenienti dalla Flotta del Nord o addirittura da quella del Pacifico), in particolare navi da sbarco per appoggiare le operazioni anfibie lungo le coste ucraine.
La mobilitazione su larga scala della Marina Militare fu un segnale inequivocabile del fatto che il Cremlino si stava preparando a un attacco. A oggi però non si è notato alcun preparativo analogo che farebbe ipotizzare che la Marina Russia sia prossima a uscire in mare in massa in assetto da guerra. Questo è un indizio molto significativo, perché un ipotetico attacco russo a sorpresa ai danni della NATO non potrebbe in alcun modo prescindere dall'utilizzo della Marina, sulle cui spalle ricadrebbe la responsabilità di attaccare i fianchi della NATO e colpire obiettivi strategici situati in profondità con una pioggia di missili da crociera a testata convenzionale o addirittura nucleare.

L'assenza di qualsivoglia “movimento sospetto” da parte dei “vascelli con la Croce di Sant'Andrea” basta di per sé a fugare gli scenari più foschi: la Russia non è a un passo dall'attaccarci.
Le crescenti tensioni Russia e NATO
La mancanza di segnali che ci portano ad affermare che lo scoppio della “Terza Guerra Mondiale conclamata” non sia dietro l'angolo non ci deve però far pensare che “tutto stia andando bene”. Nell'ultimo decennio le relazioni tra la Russia e la NATO siano progressivamente peggiorate fino a lasciare il campo ad una aperta ostilità e, conseguentemente, gli alti comandi ed i think tank delle opposte fazioni si sono interrogati a più riprese riguardo agli ipotetici scenari di guerra.
L'aumento della tensione è sfociato nei recenti incidenti di frontiera che stanno crescendo di numero in maniera preoccupante, dai presunti casi di GPS jamming alle presunte incursioni di droni negli spazi aerei dell'Est Europa. Da questo punto di vista è lecito chiedersi se i due contendenti si stiano effettivamente preparando ad una guerra su vasta scala, anche se non è facile distinguere tra realtà e retorica, specialmente quando i contendenti fanno ricorso a dichiarazioni di natura incendiaria come quelle alle quali ci ha abituato da anni l'ex-presidente russo Dmitry Medvedev.
Senza dubbio la Russia, nel tentativo di portare la guerra russo-ucraina a una soluzione per lei vittoriosa, ha investito risorse ingentissime nell'ampliamento delle sue Forze Armate e nella ricostruzione del complesso militare-industriale necessario a sostenerle, anche in un'ottica di confronto-scontro con l'Occidente allargato. La NATO, da parte sua, si è schierata apertamente a favore dell'Ucraina e ha quasi unanimemente appoggiato Kiev nella sua lotta contro Mosca, ma il programma di riarmo generale dell'Alleanza ha sino ad ora prodotto risultati contrastanti.
Sebbene al momento non sembra imminente uno scontro diretto, vi è l'interrogativo niente affatto secondario dell'aggiornamento delle dottrine operative dei contendenti. Mentre la Russia sta letteralmente riformando i concetti operativi delle sue Forze Armate anche alla luce delle esperienze reali apprese sui campi di battaglia della prima guerra convenzionale su larga scala vera e propria del XXI secolo (impiego massivo di droni, utilizzo di sistemi di disturbo elettronico e via dicendo), la NATO pare a oggi refrettaria ad abbracciare la rivoluzione in campo militare che questa guerra sta portando.
