Un fischio persistente nell'orecchio e nessun treno in arrivo: è l'acufene, o tinnito. Si tratta di una condizione che interessa una gran fetta della popolazione, ma pur essendo così comune, non se ne conosce l’origine, anche se le teorie più recenti propongono che nasca da un’interferenza nelle vie nervose e della trasmissione dei suoni tra orecchio e cervello. Può essere continuo o intermittente e tra le cause principali che potrebbero provocarlo ci sono l'invecchiamento, traumi a testa e collo o infezioni all'orecchio. Anche stress e ansia giocano un ruolo cruciale in questa condizione, potendo talvolta peggiorare la sensazione spiacevole fino a portare potenzialmente a stati di depressione. A oggi non esiste una terapia o delle linee guida terapeutiche condivise, infatti ci si concentra sulla gestione del fastidio attraverso psicoterapia e tecniche sperimentali con biofeedback.
Cos'è un acufene e da cosa viene generato
L’acufene è spesso descritto come un ronzio o un sibilo nelle orecchie, generalmente percepito con una frequenza molto acuta, che può interessare una sola o entrambe le orecchie ed essere permanente o intermittente. Si stima che colpisca quasi una persona su 5 globalmente ed è quindi una condizione comune, pur se non sempre cronica o meritevole di attenzione medica. Ne esistono due tipi, quello soggettivo, percepito solo dal paziente, e quello oggettivo, che può essere rilevato anche da un medico, anche se il primo tipo è di gran lunga più comune.
Quali sono le possibili cause dell'acufene
La teoria più accreditata al momento spiega l’acufene come il prodotto di un’attività compensativa della corteccia cerebrale, nei confronti di un danno alle strutture uditive più esterne. Orientandoci tra le strutture dell’orecchio, capiremo meglio. La sua comparsa è legata ad una serie di fattori di rischio, tra cui rientra l'esposizione a rumori intensi per tempi prolungati, infezioni all'orecchio e traumi a testa e collo.
Oltre al padiglione auricolare, che è la parte dell’orecchio visibile dall’esterno e a cui siamo abituati, abbiamo un canale uditivo esterno, all’interno del quale il suono viaggia fino a raggiungere una membrana, il timpano, che tramite degli ossicini trasmette le vibrazioni a un organo piuttosto complesso chiamato coclea. Questa struttura a forma di guscio di chiocciola trasforma gli stimoli meccanici dei suoni (le vibrazioni) in stimoli elettrici, grazie a specifiche cellule nervose dette “ciliate”. Queste cellule poi trasmettono il segnale elettrico ai neuroni del nervo cocleare che porterà le informazioni alla corteccia cerebrale uditiva per l'elaborazione.
Quando le cellule ciliate della coclea subiscono danni, ad esempio a causa di esposizione a rumori forti, invecchiamento o infezioni, il flusso di informazioni verso il cervello si riduce o si altera. In risposta a ciò, il cervello cerca di compensare questa carenza generando segnali per riempire gli "spazi vuoti", che risultano nella fastidiosa sensazione di un suono ronzante anche in assenza di stimoli esterni.
Se vogliamo fare un'analogia, quanto accade è simile a ciò che avviene con la sindrome dell’arto fantasma nei pazienti amputati, in cui il sistema nervoso “inventa” sensazioni per compensare la mancanza di input sensoriali.
Effetti e possibili cure
L’acufene è una condizione subdola poiché, sebbene sia un suono di modesto volume di solito persistente in sottofondo a ciò che udiamo, può incidere notevolmente sulla qualità della vita di una persona. Gli acufeni possono infatti causare difficoltà di concentrazione, insonnia e persino stati di ansia o depressione nei casi più gravi. A loro volta stress e ansia preesistenti sono fattori che possono aggravare l'acufene andando a creare un circolo vizioso. Talvolta l’acufene è sintomo di alcune condizioni, come traumi uditivi o certi tipi di emicranie, quando però è associato a dolore, viene considerato una patologia a sé stante.
Per gli acufeni non esistono cure definitive e nella maggior parte degli studi condotti su varie terapie, la risposta dei pazienti risulta molto eterogenea, con pazienti che rispondono molto bene e altri con miglioramenti scarsi o nulli. Vi sono però una moltitudine di approcci terapeutici diversi a questa condizione, anche dati dalla molteplicità delle possibili cause. Oggi con il supporto adeguato e le giuste strategie, molte persone riescono a convivere con questo fenomeno, ritrovando un buon equilibrio nella loro vita quotidiana.
Le terapie del suono, per esempio, utilizzano suoni rilassanti o coprenti, per ridurre la percezione dell’acufene. Tecniche di rilassamento e psicoterapia cognitivo-comportamentale si sono rivelate utili per alleviare lo stress associato. Recentemente inoltre si stanno esplorando approcci innovativi, come la stimolazione cerebrale non invasiva, per modulare l’attività neuronale anomala responsabile dell’acufene. Sono in via di sperimentazione anche alcuni farmaci, che avrebbero l’obbiettivo di interagire con specifici recettori delle cellule nervose per agire a livello della corteccia uditiva. Data la diffusione degli acufeni, questi farmaci avrebbero un valore di mercato davvero notevole, dal momento che troverebbero applicazione su una larga fetta di persone che sono oggi affette da questa condizione.