
Nella lotta al cambiamento climatico, negli ultimi anni ha acquistato crescente attenzione il Blue Carbon, o Carbonio Blu, cioè quella porzione di carbonio sottratta all’atmosfera da parte egli ecosistemi marini, in particolare dagli habitat vegetali costieri come paludi salmastre, praterie di fanerogame marine e foreste di mangrovie. Gli esperti stimano che, ogni anno, questi ecosistemi, pur occupando meno dell’1% della superficie globale, siano in grado di rimuovere fino a 70 milioni di tonnellate di carbonio, che poi viene immagazzinato a lungo termine nei sedimenti dei fondali marini, ricchi in materia organica. Tuttavia, il degrado e la perdita di tali ambienti possono avere l’effetto opposto, trasformandoli da serbatoi in vere e proprie sorgenti di carbonio.
Cos’è il blue carbon
Il Blue Carbon è il carbonio catturato dagli ecosistemi marini e immagazzinato nella biomassa, sia viva che morta, nonché nei composti organici all’interno dei sedimenti sui fondali marini. In particolare, si distinguono ecosistemi costieri – come le foreste di mangrovie, le paludi salmastre e le praterie di fanerogame – e ecosistemi oceanici, in cui la cattura di CO2 è legata all’attività delle foreste di alghe, barriere coralline di molluschi nonché vari animali, dal krill alle balene.
Negli ultimi anni, tuttavia, il blue carbon costiero ha attirato l’attenzione non solo della comunità scientifica, ma anche di numerose associazioni e Paesi impegnati nella mitigazione del cambiamento climatico. Si stima infatti che i suoli e la vegetazione degli ecosistemi costieri contengano tra 10 e 24 miliardi di tonnellate di carbonio e che ogni anno rimuovano dall’atmosfera tra 30 e 70 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Questa cifra potrebbe sembrare irrisoria se comparata agli oltre 37 trilioni di tonnellate di CO2 direttamente disciolta negli oceani o alle oltre 860 miliardi di tonnellate di carbonio immagazzinato nelle foreste globali. Tuttavia, rispetto alle foreste che occupano oltre il 30% delle terre emerse e circa il 9% della superficie globale del pianeta, gli habitat vegetali costieri coprono meno dello 0.5% del fondale marino e sono responsabili per oltre il 50% di tutto lo stoccaggio di carbonio nei sedimenti.
Appare quindi evidente che il potenziale di sequestro di CO₂ di questi ecosistemi sia particolarmente elevato. Ogni anno, un metro quadrato di prateria di fanerogame marine rimuove circa 220 grammi di carbonio dall’atmosfera, che vengono successivamente sepolti nel sedimento. Si tratta di un valore oltre tre volte superiore al tasso di stoccaggio di un metro quadrato di foresta pluviale tropicale, più di sette volte quello delle foreste temperate e oltre dieci volte quello delle grandi praterie.
Come avviene lo stoccaggio del carbonio blu
Quando si parla di stoccaggio del carbonio negli ecosistemi costieri, ci si riferisce solitamente a paludi salmastre, foreste di mangrovie e praterie di fanerogame marine, ecosistemi caratterizzati dalla predominante presenza di vegetazione.
- Le paludi salmastre, note anche come paludi salate costiere o paludi tidali, si sviluppano nella zona intertidale, un’area di transizione tra la terraferma e il mare, e ospitano una densa vegetazione composta da erbe, piante aromatiche, arbusti e altre specie alofite, cioè, adattate a vivere in ambienti ad alta salinità.
- Le mangrovie sono alberi e arbusti adattati a prosperare in ambienti salmastri e si trovano principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali, in Paesi come Indonesia, Thailandia e Messico.
- Le praterie di fanerogame marine (seagrass bed) sono ecosistemi costituiti da piante da fiore superiori, come la nota Posidonia oceanica, che colonizzano i fondali sabbiosi o fangosi delle zone costiere a profondità comprese tra 0,5 e 40 metri.

Tutti i tipi di vegetazione sottraggono CO2 dall’atmosfera attraverso la fotosintesi, utilizzandola non solo per produrre il proprio nutrimento, ma anche per formare i tessuti. Il carbonio così catturato viene immagazzinato in radici, fusti e foglie. Alla morte delle piante, i processi di degradazione della materia organica tendono a liberare nuovamente l’anidride carbonica. Tuttavia, in ambiente marino, dove i livelli di ossigeno sono più bassi, la decomposizione avviene più lentamente e gran parte della materia organica resta intrappolata all’interno dei sedimenti. Per questo motivo, se indisturbati, i suoli marini possono trattenere carbonio per secoli o persino millenni.
Gli esperti stimano che già nel primo metro di sedimento siano immagazzinati circa 28 kg C/m² (chilogrammi di carbonio su metro quadro) nelle foreste di mangrovie, 25 kg C/m² nelle paludi tidali e 14 kg C/m² nelle praterie di fanerogame marine.

La conseguenza della perdita degli ecosistemi marini
Il rovescio della medaglia del Blue Carbon e della straordinaria capacità di stoccaggio degli ecosistemi costieri è che, se degradati o distrutti, si trasformano da serbatoi a fonti di carbonio, rilasciando rapidamente in atmosfera quanto accumulato nel corso dei secoli. Secondo uno studio del 2012 pubblicato sulla rivista PLOSOne, la perdita degli ecosistemi costieri potrebbe aumentare del 19% le attuali stime delle emissioni di carbonio causate dalla deforestazione.

Gli esperti stimano che ogni anno scompaiano in media quasi 700.000 ettari di ecosistemi marini, a causa sia dei cambiamenti climatici sia delle attività umane. Negli ultimi due secoli si è perso circa il 67% della copertura globale di mangrovie, il 35% delle paludi tidali e il 29% delle praterie di fanerogame marine. Numerosi paesi hanno già implementato delle azioni mirate a salvaguardare e ripristinare gli ecosistemi costieri del blue carbon e questi hanno già iniziato a svolgere la funzione di serbatoi. In particolare, è stato dimostrato come le praterie di fanerogame marine inizino a sequestrare efficacemente CO2 atmosferica entro i quattro anni dal ripristino.
Oltre alla cattura del carbonio, gli ecosistemi costieri garantiscono numerosi altri benefici ecologici. Offrono habitat essenziali per pesci, rettili, mammiferi e molti altri organismi, contribuiscono a stabilizzare le coste e svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione dell’erosione costiera.