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21 Agosto 2025
8:00

Perché talvolta ci piace ascoltare musica triste? Il piacere della malinconia

La musica triste, pur evocando malinconia, attiva circuiti cerebrali legati al piacere, alla riflessione e all’empatia. Se percepita come non minacciosa, diventa un’esperienza estetica che riduce lo stress, aiuta a regolare le emozioni e favorisce una connessione emotiva con gli altri.

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Perché talvolta ci piace ascoltare musica triste? Il piacere della malinconia
ascoltare musica triste

Può sembrare controintuitivo, ma secondo diverse ricerche la musica malinconica e le canzoni tristi attiverebbero in noi alcuni circuiti cerebrali legati al piacere, alla regolazione emotiva e all'empatia, suggerendoci che questo tipo di musica può aiutarci a sentirci meno soli, ridurre lo stress ed elaborare meglio le emozioni. Sembra quindi che la tristezza nella musica non sia puro dolore, ma che possa trasformarsi in un'esperienza piacevole e persino terapeutica.

Cosa succede quando ascoltiamo musica triste: perché può darci piacere

Quando ascoltiamo musica triste, le aree del cervello che si attivano non sono tutte legate alla tristezza, anzi. Secondo diversi studi sulla musica e sull'emozione, vengono coinvolti anche l'ippocampo e l'amigdala, importanti centri rispettivamente della memoria e delle emozioni, in particolare quelle negative. In aggiunta, i ricercatori hanno visto l'attivazione di aree legate alla riflessione e alla regolazione emotiva: giro frontale superiore e mediale si accendevano con più forza quando la persona ascoltava melodie in tonalità minore, tendenzialmente associate alle musiche "tristi". Una delle differenze principali tra tonalità maggiore e minore è l’intervallo tra la tonica (la prima nota) e la terza nota: nella tonalità maggiore la terza nota è più alta (4 semitoni sopra la tonica), nella tonalità minore minore la terza nota è più bassa (3 semitoni sopra la tonica). Nonostante ci sia una differenza di un solo semitono, è abbastanza per far sì che le melodie in tonalità maggiore diano più probabilmente una sensazione più vicina all'allegria che alla malinconia, mentre per le melodie in tonalità minore tende ad avvenire il contrario.

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Differenze su pentagramma tra la tonalità minore e la tonalità maggiore. Credit: Hyacinth, Public domain, via Wikimedia Commons

Questo intervallo tipico della tonalità minore crea un'armonia che l'orecchio della popolazione occidentale ha storicamente interpretato e percepito come più scura e introspettiva. Curiosamente, ad attivarsi durante l'ascolto di musica triste sono state anche la corteccia orbito frontale e la testa del nucleo caudato, aree molto spesso legate a esperienze piacevoli.

Certo, oltre alla variabilità individuale e culturale ci sono dei limiti alla piacevolezza di una canzone triste. Secondo una revisione sistematica del 2015 pubblicata su Frontiers in Human Neuroscience, la tristezza evocata da una canzone è giudicata piacevole quando non è percepita come minacciosa, quando la sua "estetica" (timbro, armonia, struttura, ecc.) è gradevole per chi l'ascolta, e quando produce benefici psicologici come la regolazione delle proprie emozioni e la rievocazione di ricordi passati.

Canzoni tristi ed empatia

Un altro motivo del fascino della musica malinconica è la connessione con gli altri che riesce a creare, che il filosofo Jarrold Levinson ha chiamato "comunione emotiva". Un brano triste ci fa identificare con l'autore che l'ha scritto e con chi ascolta quella canzone con noi, al punto che le persone affermano spesso di sentirsi più vicine al compositore quando ascoltano questo tipo di musica. L'empatia risulta infatti una componente fondamentale nell'ascolto e nella percezione di piacevolezza di una canzone triste: da una parte la musica malinconica stimola le risposte empatiche; dall'altra dai dati raccolti risulta che persone che hanno livelli più alti di empatia nei test sembrano più propense ad ascoltare musica triste quando si trovano in uno stato d'animo negativo.

Secondo quanto emerso dagli studi, la musica malinconica ha il potere di trasformare un'emozione negativa in un processo di elaborazione sicura, esteticamente piacevole e condivisa. È una "zona senza pericoli" che ci permette di esplorare il dolore senza subirlo davvero, e di dare un senso alle emozioni sentendoci parte di un gruppo.

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