
A partire dall'8 settembre 2025 la Repubblica Federale Democratica del Nepal, in particolare la sua capitale Kathmandu, è oggetto di imponenti manifestazioni degenerate in vere e proprie battaglie urbane e linciaggi diretti a colpire i vertici della politica e delle élite colpevoli, a detta dei manifestanti, di aver fatto precipitare il paese in una spirare di declino senza fine. Nonostante gran parte dell'opinione pubblica mondiale e delle cancellerie occidentali sia stata ancora una volta colta impreparata dal serrato susseguirsi degli eventi, in realtà il processo di destabilizzazione del Nepal è incominciato quasi trent'anni fa e al momento è assai difficile ipotizzare quando finirà.
La fragilità del Nepal
Situato sulla cordigliera himalayana, incastonato tra l'India e la Cina, il Nepal è una repubblica democratica e federale che raccoglie sotto lo stesso tetto 125 gruppi etnici che parlano 123 lingue tutte riconosciute dalla costituzione, anche se l'idioma nepali è l'unico ad essere stato elevato al rango di “lingua ufficiale” del paese. Secondo le stime più accreditate, il Nepal è la dimora di 31 milioni di abitanti dei quali solamente il 21,9% è urbanizzato mentre il restante vive nelle campagne in una situazione di estrema povertà.

Secondo i dati relativi al 2018, il tasso di alfabetizzazione a livello nazionale era del 67,9% ed in miglioramento, ma persisteva una forte differenza tra uomini e donne, con un gap del 18,9% tra i sessi (il 78,6% degli uomini sapeva leggere e scrivere contro il 59,7% delle donne). Anche se il processo di transizione demografica si sta compiendo alle pendici dell'Himalaya proprio ora (nel 2025 il tasso di fertilità totale è a 1,94 figli per donna contro una soglia di 2,11 necessaria per mantenere una popolazione in equilibrio demografico), decenni di tassi di fertilità particolarmente alti hanno consegnato la realtà di un paese con un'età media di circa 25 anni.
L'assenza di approdo ai mercati internazionali, risultato della posizione isolata e dalla mancanza di uno sbocco al mare, ha avuto come conseguenza la sostanziale incapacità di sviluppare un tessuto economico competitivo e in linea con i trend mondiali, che a sua volta si traduce in una condizione di povertà estrema che interessa troppi giovani i quali, secondo le stime delle organizzazioni internazionali e delle associazioni della diaspora nepalese sono obbligati ad emigrare al ritmo di oltre 2.000 al giorno.
L'eredità della guerra civile
Il processo di progressiva destabilizzazione del Nepal è incominciato per la precisione il 13 febbraio 1996 quando il Partito Comunista del Nepal (Maoista) lanciò un'insurrezione contro la monarchia della famiglia Shah la quale teneva il paese sotto lo stretto controllo di un regime assoluto che non lasciava spazio ad alcun tipo di dissenso o rappresentanza partitica.

La Guerra Civile Nepalese che ne seguì, durò ben 10 anni, provocando circa 20.000 tra morti e scomparsi (ma secondo alcune stime furono molti di più) oltre a centinaia di migliaia di sfollati interni, e si concluse il 21 novembre del 2006 con la firma del cosiddetto “Comprehensive Peace Accord” che inaugurò un periodo di transizione culminato il 28 maggio del 2008 con l'abolizione della monarchia (dopo 240 di regno) e la proclamazione della Repubblica Federale Democratica del Nepal.
Sebbene questa svolta storica fosse accolta con grandi aspettative e speranze sia all'interno che all'estero, la fragile democrazia nepalese non è riuscita a reggere l'urto dei cambiamenti storici e sociali che si sono susseguiti nei tre lustri successivi generando una completa disaffezione della società civile per la “cosa pubblica”.
Tra monarchia assoluta e democrazia disfunzionale
Attualmente in Nepal vi sono due forze contrastanti che lottano per imprimere una svolta nella politica del paese. Da un lato, vi sono i partiti dell'arco costituzionale che, tra il 2006 ed il 2008, hanno traghettato il paese verso la moderna repubblica federale e democratica ma si sono nel frattempo tramutati in autentici “conglomerati d'affari” all'ombra dei quali gli interessi della “cosa pubblica” vengono abilmente dirottati da politici corrotti e burocrati rapaci più preoccupati di spolpare le magre risorse del paese che di iniziare qualsiasi percorso di sviluppo a beneficio della collettività.

All'opposto, ci sono gli alfieri del “Panchayat”, il regime monarchico assoluto e privo di qualsiasi “peso e contrappeso” di natura costituzionale che farebbe riprecipitare il Nepal nella stessa condizione nella quale si è trovato per secoli. É facile intuire come una eventuale vittoria dei monarchici, capitanati dal deposto sovrano, Gyanendra Bir Bikram Shah Dev, metterebbe fine al breve esperimento democratico nepalese, ma allo stesso tempo il perdurare del sistema disfunzionale che ha governato il paese negli ultimi due decenni è garanzia ultima che il Nepal si trasformi nell'ennesimo stato fallito.